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L’importanza del riconoscimento delle emozioni degli altri nelle interazioni interpersonali

Un recente studio ha esplorato l’associazione tra la capacità di differenziare le proprie emozioni e l'abilità di riconoscere le emozioni negli altri

Di Ilaria De Mola

Pubblicato il 24 Lug. 2020

Un recente studio (Israelashvili, Oosterwijk, Sauter, & Fischer, 2019) si propone di esplorare l’associazione tra capacità di differenziare le proprie emozioni ed abilità di riconoscere le emozioni negli altri, attraverso due indagini collegate.

 

Il riconoscimento delle emozioni altrui è un elemento fondamentale nelle interazioni sociali, in quanto permette all’individuo di rispondere in modo adeguato alle esigenze e richieste altrui in base allo stato emotivo di chi abbiamo di fronte. La capacità di differenziazione emotiva, anche detta granularità emotiva, si riferisce all’abilità di usare un linguaggio emotivo appropriato e di differenziarlo in base alla situazione specifica (Smidt & Suvak, 2015), per cui si è in grado di nominare l’emozione che si sta provando in modo corretto, oltre a saper riconoscere le emozioni altrui.

La ricerca ha suggerito diversi fattori in grado di spiegare la formazione dell’abilità del riconoscimento emotivo ed ha preso in considerazione innanzitutto il ruolo dell’empatia, sostenendo che più è grande la preoccupazione per gli stati emotivi degli altri, maggiore è l’attenzione ai segnali sociali da essi inviati, e più elevata è l’accuratezza del riconoscimento emotivo (Lauren & Hodges, 2009). Un altro aspetto esaminato è stato la mimica, intesa come simulazione delle emozioni viste nell’altro (Oberman, Winkielman, & Ramachandran, 2007), la quale tuttavia non è risultata avere associazioni significative con il riconoscimento emotivo (Hess, & Fischer, 2013). Infine, sono stati valutati gli aspetti cognitivi collegati all’empatia, intesi come conoscenza delle emozioni e più nello specifico del vocabolario in grado di dare forma alle emozioni altrui (Barrett, 2012), e Izard e i suoi colleghi (2011), sono arrivati alla conclusione che il linguaggio gioca un ruolo cruciale nella regolazione emotiva e nell’abilità di riconoscere le emozioni.

A partire da queste premesse, e considerando che molto spesso la consapevolezza delle proprie emozioni è stata messa in relazione all’adeguatezza del riconoscimento delle emozioni altrui, il presente studio (Israelashvili, Oosterwijk, Sauter, & Fischer, 2019) si propone di esplorare l’associazione tra capacità di differenziare le proprie emozioni ed abilità di riconoscere le emozioni negli altri, attraverso due indagini collegate.

Nel primo studio, a 399 studenti universitari di psicologia, attraverso l’Emotion Differentiation (ED; Erbas et al., 2014) è stato chiesto di dare un nome alle loro reazioni emotive in seguito all’esposizione ad una serie di stimoli presentati e, successivamente, attraverso l’Amsterdam Emotion Recognition Test (AERT; Wingebenbach, Ashwin, & Brosnan, 2016), è stato chiesto di valutare 24 foto di intensità emotiva crescente, rilevando un’associazione positiva tra le variabili esaminate.

Nel secondo studio sono state replicate le analisi condotte precedentemente, ma all’interno di un campione più rappresentativo, formato da numerose nazionalità, fasce d’età, e background culturali. Inoltre i 245 partecipanti, contattati attraverso una piattaforma di ricerca online, sono stati sottoposti a stimoli emotivi più differenziati rispetto a quelli del campione precedente, e i risultati ottenuti hanno confermato quelli del primo studio.

In conclusione, possiamo dire che i dati confermano le ricerche precedenti secondo cui è presente un’associazione significativa tra le variabili indagate, ma la novità rispetto agli studi passati, è aver riconosciuto che gli individui sono in grado di riconoscere le emozioni non solo dei propri partner (Erbas et al, 2016), ma di tutti coloro che incontrano, e l’aver considerato questa abilità come base del funzionamento interpersonale, e non solo come fattore protettivo dallo stress, dalla sperimentazione delle emozioni negative e dallo sviluppare una psicopatologia (Barrett, 2004).

 

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