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Un incontro con una ragazza romana

Perché Agnese non si era sposata con quel tipo che l’amava? Perché non si era goduta la sua vita mondana invece di abbreviarla per una fede soprannaturale?

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 05 Giu. 2020

Agnese una donna romana che non fu più una pedina dei traffici politici dei suoi tempi e sociali della sua famiglia, ma scelse il suo nome e un suo destino. La piccola Agnese non era una teenager dei nostri tempi impegnata nei suoi primi filarini amorosi, ma parte del grande gioco sociale della nobiltà romana.

 

Passeggiavo per Roma qualche settimana fa, quando era ancora possibile passeggiare e il Coronavirus ancora non ci confinava in casa, diretto a un’occasione di lavoro che ora non ricordo, quando mi imbattei in una chiesa. Una chiesa dedicata a Sant’Agnese, la Basilica di Sant’Agnese fuori le Mura. Mosso da curiosità consultai su wikipedia o sulla targa fuori dalla chiesa – anche questo non lo ricordo più bene – chi fosse questa santa e trovai la storia di una giovane donna martirizzata a 12 o forse 15 anni durante la persecuzione di Diocleziano.

Pur distrattamente interessato, non potei fare a meno di chiedermi cosa avesse potuto convincere una giovane ragazza romana di nobile famiglia a rinunciare ai piaceri della vita mondana per la castità. Pare che la ragazza fosse stata promessa in sposa dal figlio del prefetto di Roma e che lo avesse respinto preferendo la sua scelta religiosa e che poi il respinto l’avesse denunciata come devota al Cristo, religio illicita, all’autorità. La ragazza non abiurò la sua fede e il tribunale la fece giustiziare nonostante la tenera età.

Mi accompagnò subito una torma di pensieri, i più moderni e liberali, che deridevano questa scelta autopunitiva e repressiva della ragazza in base alle categorie moderne della libertà sessuale e del godimento terreno: perché non si era sposata con quel tipo che l’amava? E se anche non le piaceva perché non si era goduta la sua vita mondana invece di abbreviarla per una fede soprannaturale? Si presentarono però a controbattere altri pensieri che sostenevano che forse gli avvenimenti erano stati più complessi e che non si doveva giudicare una persona col metro moderno della repressione sessuale. Il che poteva essere vero: perché quella ragazza doveva sposare qualcuno che lei forse non desiderava? Probabilmente a quel tempo il parere della donna non era tenuto in gran conto e ritenere la vita matrimoniale di una donna di un’epoca così antica più libera di una scelta religiosa era forse un pregiudizio moderno.

Una sposa all’epoca era una persona con scarsi diritti, sottomessa al marito e destinata a un futuro di fattrice e di gestione della casa. Una religiosa, al contrario, poteva essere una donna autonoma e dotata di un ruolo pubblico. Rinunciava ai piaceri del mondo e della carne? Il mondo però le sarebbe stato precluso anche come donna sposata e anzi forse più precluso. Quanto alla carne, si tratta di un’ossessione dei nostri tempi, sempre un po’ adolescenziali e maschietti.

Anche questo però poteva essere a sua volta un giudizio astratto e superficiale. Non potevo escludere che Agnese potesse avere davvero agito anche per paura dell’impegno affettivo e sessuale e non per libera scelta. È possibile che a quei tempi l’idea della passione romantica fosse meno diffusa e idealizzata che nel presente, ma non era del tutto assente. Basti pensare a Catullo e altri. Epperò Catullo risaliva a tre o quattro secoli prima e i tempi di Agnese erano diversi, più attratti dal soprannaturale, non solo cristiano. E così via pensavo pigramente mentre i pensieri continuavano ad attormarsi.

La verità più semplice è che non sapevo nulla di questa Agnese, se non il suo nome. Mentre ero impegnato in queste inoperose speculazioni mi venne in mente però un particolare che poteva rendere la storia di Agnese più vissuta e concreta. Non sapevo quale fosse la famiglia nobile a cui apparteneva Agnese. Non so perché mi vennero in mente i Claudi, tra le famiglie più antiche e nobili. Poteva essere una Claudia? Nessuno mi può rispondere. In realtà non solo io, ma nemmeno wikipedia sembrava sapere a quale famiglia appartenesse Agnese.

Che fosse una Claudia o meno, però di certo Agnese come nobile romana non aveva un suo nome proprio. Cosa intendo dire? Che le donne a Roma non avevano un nome personale, ma portavano tutte indistintamente il cognome della famiglia. E così nella famiglia Claudia capitava che tutte le donne si chiamassero Claudia. E quando scrivo tutte, intendo tutte. Mentre i maschi di famiglia avevano tre nomi, di cui uno proprio e personale, ad esempio Appio Claudio Cieco il sui nome personale era Appio, nome appunto suo e solo suo, le donne di una famiglia si chiamavano tutte, ma proprio tutte, con lo stesso nome che era quello della famiglia: nel caso della famiglia dei Claudi, si chiamavano tutte Claudia.

Di colpo mi chiesi quali fossero le implicazioni pratiche di una simile situazione. Immaginai una riunione di famiglia in cui tutte le donne si chiamassero con lo stesso nome. Ad esempio, ancora nel caso della famiglia Claudia: Claudia la nonna, Claudia le figlie, Claudia le nipoti, Claudia le zie e le cugine e così via. Come facevano a chiamarsi tra loro, avendo tutte lo stesso nome? Probabilmente utilizzando nomignoli di cui è svanita la memoria. Un modo sottile per anonimizzarle, queste donne.

E così la figlia di Marcio Tullio Cicerone si chiamava Tullia, come Tullia si chiamava sua zia o sua nonna, le sue cugine e le sue figlie e nipoti. Solo la madre, provenendo da un’altra famiglia, aveva un altro nome, che però era in comune con un’altra torma di zie e cugine. Forse per questo il padre Cicerone chiamava sua figlia Tulliola, piccola Tullia, per distinguerla e darle una piccola individualità. E già, perché a pensarci bene, se tutte le donne di una famiglia si chiamavano allo stesso modo, nessuna di loro aveva una sua individualità, questo era chiaro.

Ed ecco che invece una di loro si converte al cristianesimo, fa voto di castità e assume un nome che non è quello della famiglia, sia pur nobile. Scelse di battezzarsi Agnese, forma latinizzata del nome greco antico Ἁγνή che significava pura, casta. Da casta, Agnese non fu più una pedina dei traffici politici e sociali della sua famiglia e scelse un suo destino. La piccola Agnese non era una teenager dei nostri tempi impegnata nei suoi primi filarini amorosi ma una pedina nel grande gioco sociale della nobiltà romana.

Di Agnese non sappiamo quale fosse il nome da ragazza pagana, il primo nome che in realtà era il cognome di famiglia come abbiamo già detto. Lo abbiamo dimenticato. E forse di questo Agnese sarebbe contenta. Finalmente con un nome tutto suo, forse accettò felice il martirio. E forse anche questa spiegazione, troppo sociologica, non rende giustizia ad Agnese, che nutriva un afflato spirituale più elevato delle nostre curiosità sessuali di eterni moderni teenager malcresciuti.

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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