Il termine resilienza è un termine specifico che appartiene al campo della metallurgia e si riferisce alla capacità dei materiali che ne fanno parte, di resistere agli urti senza danneggiarsi, mantenendo le loro qualità adattive nonostante gli agenti esterni aggressivi.
In tal senso, potremmo pensare la resilienza in psicologia, sostanzialmente, come la capacità di saper trasformare un’esperienza dolorosa in un’esperienza positiva.
Il termine resilienza deriva dal verbo latino resilio, che significa rimbalzare, saltare indietro. Indica, in generale, l’essere resistenti e forti ai traumi, quindi la capacità di affrontare le avversità e superare le fratture che comportano.
Logicamente, il termine resiliente si estende sia ai singoli individui che ad un gruppo esteso di persone. Esso s’impiega spesso per indicare un soggetto in grado di dare uno slancio positivo alla propria vita, raggiungendo obbiettivi importanti, malgrado le circostanze; invece, se applichiamo il termine resilienza ad un gruppo di persone, esso indica la capacità di un gruppo sociale di far fronte collettivamente ad eventi traumatici o catastrofi naturali, adottando linee guida che consentano la sopravvivenza della comunità. In entrambi i casi, sicuramente, vengono utilizzate le abilità di ciascuno in una versione multi-tasking per poter dare un risultato ottimale alla situazione da affrontare.
L’uomo reagisce, in questi casi, attraverso una risposta adattativa, cioè lo stress, che consiste in un insieme di risposte sia psichiche che fisiche agli eventi.
Spesso, come sinonimo di resilienza, viene utilizzato il termine resistenza, ma in realtà viene impiegato in maniera impropria, poiché il primo si riferisce a una qualità aggiunta al proprio modo di vivere, ovvero trovare soluzioni agli squilibri, seppur non previsti, facendone una forza personale; invece si parla di resistenza, quando s’insiste su qualcosa che non ci porta ad un miglioramento, perciò ci arrochiamo a prendere le stesse strade per sentirsi rassicurati ma non per evolvere ed esplorare le proprie risorse. Proprio nel momento in cui attingiamo dalle risorse che non sapevamo di avere, si attivano le nostre capacità resilienti, tracciando un’alternativa a quella che si sarebbe rivelata il nostro unico dolore. In fin dei conti, nel corso del nostro ciclo di vita, gli eventi non sono sempre positivi, né essi sono compatibili con i nostri stati emotivi, né con le nostre situazioni di base.
I fattori che fanno parte delle persone resilienti, sono molteplici. Fra questi, potremo elencare:
- l’ottimismo inteso come la capacità di prendere il lato buono di ogni cosa. Questa visione, favorisce il benessere individuale e difende dalla sofferenza perché dona lucidità;
- l’autostima, indice di un’equilibrata considerazione del sé che consente di sopportare meglio le critiche, senza subirne gli effetti amari, riducendo la possibilità sviluppare sintomi depressivi;
- l’inclinazione propositiva delle componenti quali il controllo, l’impegno e la sfida, ovvero la predisposizione a considerare i cambiamenti come opportunità piuttosto che come minacce;
- le emozioni positive, ovvero la capacità di concentrarsi su ciò che si possiede anziché su quel che ci manca.
Allora, come possiamo fare per essere resilienti senza farci assorbire del tutto dalle avversità?
Dovremmo apprendere ogni giorno che questa abilità, pur essendo una capacità innata in alcune persone, va coltivata ogni giorno; si comprende che la quotidianità è un’arma a doppio taglio, la quale si rivela la nostra comfort zone ma, allo stesso tempo, un frame troppo rigido per far emergere le nostre vere competenze. Questa cornice è valida per tutti quegli eventi che comportano un trauma al soggetto, come i lutti e gli abbandoni, i quali richiedono un lavoro di elaborazione e di ristrutturazione del sé di enorme portata.
Migliorare la comunicazione, i nostri valori interpersonali e l’empatia può essere una risposta efficace per fronteggiare le situazioni ostili, perché la scelta è solo nostra, se apprendere una lezione definitiva, per allenare nuove strategie di coping o abbandonarci a noi stessi, per poi magari ritrovarci a fare le stesse domande. Per questo è importante avere una nostra guida, per non sprofondare in patologie più serie, come i disturbi d’ansia, il panico o la depressione.
Le angosce sono, in prima linea, delle spie che ci comunicano il senso d’inquietudine e la vita alternativa, forse più adatta alle nostre necessità in quel determinato momento. Questo segnale va ascoltato anche tramite l’educazione affettiva, il buon uso della lettura dei social media, che è possedere diverse chiavi di lettura, e non solamente leggere il punto di vista dello scrittore.
La resilienza va costruita proprio grazie alle diverse opportunità che ci offre la vita ma per impararla sulla nostra pelle ed insegnarla ai nostri figli, bisogna sempre che qualcuno ci dia il buon esempio.