Con mindful eating si indica l’essere consapevoli nel momento presente in cui si sta mangiando, soffermandosi sulle caratteristiche del cibo, ponendo attenzione alle sensazioni fisiche ed emotive del corpo, ed aumentando la capacità di percezione della sazietà.
L’atto del mangiare è spesso descritto come un comportamento automatico, che conduce l’individuo a continuare a mangiare, senza essere consapevole della quantità di cibo che si sta assumendo (Cohen & Farley, 2008). Il consumo degli alimenti può in questo modo diventare superiore alle reali necessità del soggetto, che però non è in grado di ascoltare il proprio corpo e capire quando questo manda segnali riguardanti la sazietà (Papies, Stroebe, & Aarts, 2007).
A conferma di ciò, uno studio (Painter, Wansink, & Hieggelke, 2002) ha rilevato che il consumo medio di cioccolata degli impiegati in ufficio durante l’orario di lavoro, era superiore quando il cibo era collocato sulla loro scrivania rispetto a quando veniva posto in un ambiente diverso dalla propria postazione, ad indicare che presi dalla frenesia della propria attività lavorativa e dai pensieri e preoccupazioni ad essa collegati, il mangiare diventava un gesto automatico e lontano dalla consapevolezza riguardo a quanto effettivamente il corpo avesse bisogno di ricevere quel cibo.
La mindfulness, essendo descritta come la consapevolezza che emerge dal porre attenzione intenzionalmente ed in maniera non giudicante all’esperienza nel momento presente (Kabat-Zinn, 2003), propone di applicare questi principi al consumo di cibo, in modo da ridurre le abbuffate ed incentivare un’alimentazione equilibrata.
Nello specifico, la mindful eating può essere concettualizzata come l’essere consapevoli nel momento presente in cui il soggetto sta mangiando, soffermandosi sull’aspetto, l’odore, il colore e il sapore del cibo, ponendo attenzione alle sensazioni fisiche ed emotive provenienti dal corpo, ed aumentando la propria capacità di percezione della sazietà (Albers, 2008). Questi accorgimenti hanno lo scopo di sviluppare la fiducia dell’individuo nell’abilità del corpo di segnalare quando e quanto mangiare, minimizzando le reazioni impulsive di fronte al cibo (Hendrickson & Rasmussnen, 2013).
A partire da queste premesse, il presente studio (Mantzios, Skillett, & Egan, 2019) si propone di indagare l’impatto della mindfulness sulla soddisfazione e sul desiderio della cioccolata, oltre che sul consumo reale della stessa. Dopo aver considerato i criteri di esclusione quali l’allergia alla cioccolata, un forte disgusto per la stessa, il seguire una dieta che abolisce il suo consumo o l’avere un disturbo alimentare diagnosticato, 121 partecipanti sono stati selezionati e assegnati casualmente ad una delle tre condizioni: l’esercizio mindful dell’uva passa, modificato ed adattato per il consumo di cioccolata, e costituito da un audio di 4 minuti, in cui un narratore suggerisce di focalizzarsi sul colore, la texture ed il sapore della cioccolata; il diario costruttivo consapevole (MCD) in cui si chiede di considerare attraverso sei items basati sulla mindfulness e sull’autocompassione, il bisogno reale di cibo nel momento presente; ed il gruppo di controllo non sottoposto a nessun esercizio di mindfulness.
Dopo aver contato i pezzi di cioccolata mangiati e valutato il grado di soddisfazione e il desiderio di mangiarne ancora, i risultati hanno rilevato una diminuzione del consumo di cioccolata nel gruppo sottoposto agli esercizi mindful, ma non hanno riportato differenze significative nella soddisfazione e desiderio per essa, probabilmente perché il grado di preferenza per questo alimento era così alto, che gli esercizi di mindfulness non sono riusciti a diminuire la voglia di consumarlo.
In conclusione, possiamo dire che la mindful eating si basa sull’apprendimento della capacità di considerare il mangiare come un’esperienza sensoriale da vivere pienamente, e che entrambi gli esercizi utilizzati nello studio sono efficaci nel ridurre il consumo di cibi calorici e utili per coloro che vogliono regolamentare la propria alimentazione in modo consapevole, permettendo all’individuo di continuare a mangiare anche quegli alimenti che sono di solito sconsigliati, ma assumendosi la responsabilità di monitorare quando e quanto farlo.