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La psiche e il crimine

La criminologia clinica impiega le conoscenze della criminologia generale per individuare i fattori che hanno influenzato chi ha commesso il crimine

Di Marco Calzoli

Pubblicato il 04 Mag. 2020

Con il termine criminologia si intende la scienza che studia i reati, gli autori, le vittime, la condotta criminale e come è possibile prevenire e controllare i crimini.

 

Si tratta di una disciplina completa che prevede una parte teorica ed una pratica e che rientra nelle scienze criminali assieme ad altre discipline come la vittimologia, la politica criminale, il diritto penale, ecc. La criminologia studia la personalità della vittima e dei fenomeni di devianza, anche nelle manifestazioni non criminose. Il campo d’azione del criminologo è molto vasto, per questo motivo egli deve conoscere e saper utilizzare metodi propri di altre discipline (psichiatria, medicina, antropologia, sociologia, pedagogia, statistica), materie che sono interconnesse con la criminologia e fra loro stesse.

La criminologia diviene quindi una scienza multidisciplinare poiché studia sotto varie sfaccettature e prospettive il fenomeno criminale, integrando le varie tecniche e conoscenze provenienti da altre discipline. La criminologia viene annoverata come scienza, poiché risponde ai criteri di sistematicità che devono essere sempre presenti in una disciplina per essere considerata scientifica. Come tutte le scienze, anche la criminologia si basa sull’osservazione del reale. Fra le altre caratteristiche che fanno della criminologia una scienza vi è la controllabilità, cioè gli enunciati possono essere sottoposti a un controllo senza perdere di veridicità; presenta una capacità teoretica, ossia è in grado di riassumere molteplici informazioni e dati in preposizione astratte e unite da nessi logici. La criminologia ha una funzione descrittiva dato che descrive i fatti, classifica e differenzia tassonomicamente i delitti e i loro autori, ma ha anche una funzione applicativa dato che il compito del criminologo è quello di intervenire in maniera pratica nei casi delittuosi ricercandone le cause. L’eziologia, ossia la ricerca delle cause, differenzia la criminologia dalle altre scienze criminali che spesso hanno funzione normativa o preventiva. Le cause che determinano il comportamento deviante possono essere unifattoriali, quando vi è una causa principale rispetto alle altre, oppure multifattoriali quando vi sono diverse cause che si equivalgono per importanza.

Altra importate caratteristica della criminologia che la diversifica è l’ampiezza del campo di indagine dato che non viene preso in considerazione solo il crimine, ma anche tutto ciò che gira attorno ad esso (autore del reato, fattori ambientali, reazione sociale, le vittime, i fenomeni di devianza, ecc.). In alcuni casi la criminologia viene considerata come scienza prettamente teorica poiché riassume osservazioni complesse in teorie astratte; in altri casi viene considerata come scienza teorica e pratica allo stesso tempo, poiché si pone come obiettivo la ricerca di rapporti causali, correlazioni e variabili nella sua osservazione. Inoltre la criminologia è in continua evoluzione, presenta un sapere cumulativo in cui le vecchie teorie e osservazioni vengono sostituite da quelle più recenti che correggono, modificano e amplificano quelle precedentemente elaborate. La criminologia si è talmente evoluta che diviene sempre più utile nella formulazione delle previsioni sulla pericolosità di un soggetto come anche su quali e quanti delitti verranno commessi in uno specifico arco di tempo in relazione al contesto sociale. Si tratta comunque di analisi probabilistiche che non possono essere considerate veritiere con assoluta certezza, ma permettono di prendere precauzioni e attuare modifiche ai codici penali.

Le scienze criminali possono essere suddivise in due branche, ossia le scienze criminali vere e proprie, che studiano il problema della criminalità, e le scienze che sono collegate alla criminologia ma che non studiano esclusivamente l’aspetto criminale ma ciò che ne scaturisce e ciò che lo ha scaturito. Al primo gruppo, oltre alla criminologia, appartengono:

  • Vittimologia: studio dell’incidenza della vittima nel delitto. Essa è stata ufficialmente separata dalla criminologia e studia le relazioni che si creano fra la vittima e chi commette il reato.
  • Politica criminale: la politica criminale pone gli obiettivi che dovranno essere perseguiti dal diritto penale, come ad esempio la depenalizzazione di alcuni reati e l’introduzione della pena in altri, ha quindi lo scopo di prevenire la criminalità.
  • Diritto penale: è il mezzo di attuazione della politica criminale. Definisce inoltre quali sono i reati sui quali la criminologia deve indirizzare la sua ricerca
  • Diritto penitenziario: regola la fase esecutiva, il trattamento, la risocializzazione del procedimento giudiziario penale.
  • Psicologia giudiziaria: la psicologia giudiziaria studia le interrelazioni psicologiche fra gli individui protagonisti del procedimento giudiziario (dall’imputato al magistrato, dalla vittima al testimone, all’operatore amministrativo).
  • Psicologia giuridica: la psicologia giuridica è una branca della psicologia applicata al diritto.
  • Criminalistica: non bisogna confondere la criminologia con la criminalistica, essa si avvale di numerose discipline, fra cui la medicina legale, per ovviare ai problemi legati all’investigazione.

Le discipline facenti parte del secondo gruppo comprendono invece:

  • Antropologia criminale: studio biologico e deterministico del criminale.
  • Criminologia clinica: criminologia generale applicata al singolo individuo.
  • Psicologia criminale: studio del criminale, del delitto e dell’ambiente esterno.
  • Psichiatria forense: accertamenti che escludono o diminuiscono l’imputabilità.
  • Sociologia criminale: criminalità intesa come fenomeno sociale.

La criminologia si avvale degli studi antropologici e sociologici ai fini di identificare le cause del crimine. Gli studi antropologici riguardano i fattori organici, psicologici, motivazionali, psicosociali che possono aver indotto il comportamento di chi ha commesso il crimine, prendendo in considerazione anche i fattori microsociali nei quali la personalità si è sviluppata. Nel campo della sociologia invece vengono valutati i fattori macrosociali capaci di influenzare lo scaturire del crimine. Possiamo affermare che la criminogenesi si attua secondo tre metodi:

  • Biologico-deterministico: rivolto agli elementi fisici che determinano la condotta criminale.
  • Psicologico: rivolto alla mente per individuare le cause del comportamento.
  • Sociologico-deterministico: considera i fenomeni sociali che hanno influenzato la mente criminale.

La criminologia clinica impiega le conoscenze della criminologia generale ad ogni delinquente in modo da individuare i fattori ambientali microsociali che lo hanno influenzato ed è utile per stabilire gli interventi da attuare per la risocializzazione. La criminologia clinica intende reinserire nella società il delinquente, a differenza dell’antropologia criminale il cui obiettivo è quello di difendere la società. Anche la psicologia criminale si basa sul medesimo approccio di queste due discipline appena descritte; analizza infatti il modo di essere, di sentire, di agire, del criminale. Le condizioni morbose di rilevanza giuridica, vengono accertate della psichiatria forense, grazie ad essa è possibile, ad esempio, determinare l’imputabilità o la pericolosità del criminale, l’incapacità, l’interdizione o l’inabilitazione in diritto civile. La sociologia criminale nasce da un approccio sociologico e non antropologico della criminalità. Essa viene considerata come fenomeno sociale e verifica l’influenza che ha l’ambiente sulle caratteristiche individuali, come l’età, il sesso, l’occupazione, la razza, e così via.

Il criminal profiling è un’attività che permette di stabilire il profilo psicologico e comportamentale di un criminale. Gli elementi necessari a tale funzione corrispondono al tipo di crimine commesso, al modus operandi, la scena del crimine, la  tipologia  della  vittima e la possibile firma, ossia quei rituali che possono essere svolti dal criminale ogni volta che commette l’atto. L’applicazione del criminal profiling si ebbe per la prima volta negli USA nel 1980, una delle primissime classificazioni eseguite dal FBI fu la distinzione fra omicidio organizzato, in cui solitamente il cadavere veniva occultato e il criminale non lasciava tracce ed indizi del suo operato nella scena del crimine (in scene del genere si presuppone che il criminale sia dotato di intelligenza e capacità di controllo), e omicidio disorganizzato,  in  cui  la  scena  del  crimine  racconta  tutto  l’opposto rispetto alla precedente e il criminale spesso presenta problemi psicopatologici. Proprio considerando tale distinzione, un delitto viene valutato normale o anormale in base al profilo psichiatrico di chi lo ha commesso. Tra i delitti anormali si annoverano quelli compiuti da criminali che presentano un ritardo mentale, da tossicomani, cerebropatici, alcolisti, da chi è affetto da disturbi della personalità, ecc., i criminali normali, che corrispondono alla percentuale più consistente, sono invece rappresentati da tutti i soggetti che non presentano deficienze psichiche. Analizzando le scene del crimine con il metodo del criminal profiling, ci si è accorti che i casi di omicidio, nella maggior parte dei casi, non corrispondono né all’omicidio organizzato né a quello disorganizzato, ma prendono alcuni caratteri dell’uno e dell’altro. Oggi il profilo criminale viene applicato nei casi di omicidio e attentati, è stato riscontrato che, anche se ogni individuo viene considerato unico e irripetibile, vi sono tratti psicologici che compaiono più di frequente nei criminali: instabilità, immaturità, impulsività, frustrazione, scarsa tolleranza e scarso autocontrollo, ecc. Non è comunque possibile standardizzare la delinquenza poiché esistono troppe variabili e i criminali sono troppo vari. Ciò che differenzia un criminale da un non criminale è la sua condotta, che non si relaziona alla persona che è ma a ciò che fa. Il più delle volte, i delitti sono da considerarsi programmati, ossia la conseguenza di una scelta prodotta prima di commettere il fatto.

La criminalità non programmata è dovuta a raptus dove la responsabilità morale è minore. La legge fa una distinzione fra i criminali recidivi e quelli primari, questi ultimi non hanno precedenti penali a loro carico, mentre i recidivi generici sono coloro che commettono delitti più volte indipendentemente dalla loro natura, e i recidivi specifici sono individui che commettono reati caratterizzata dalla stessa indole. La maggior parte dei reati vengono commessi da recidivi, poiché si riscontra una permanenza delle motivazioni e degli aspetti della personalità che determinano la scelta di delinquere. I fattori che incentivano la recidività comprendono le situazioni ambientali, l’interesse economico, l’inefficienza della pena giudiziaria, gli effetti della carcerazione e dell’etichettamento e infine gli aspetti psicologici (disturbi, aggressività, ecc.).

Un modello statunitense per la costruzione dei profili è stato elaborato da Ronald Holmes, professore ordinario al Louiseville, e da Stephen Holmes, professore associato presso l’Università della Florida centrale. Insieme i due autori hanno sviluppato un nuovo modello di Criminal Profiling differente dall’approccio inteso nel FBI. Per R. Holmes e S. Holmes l’Offender Profiling deve provvedere:

  • alla valutazione psicologica e sociologica dell’Offender;
  • alla valutazione psicologica degli oggetti personali trovati in possesso del presunto colpevole;
  • al suggerimento sulle strategie di interrogatorio dell’arrestato.

R. Holmes e S. Holmes ritengono che i casi in cui l’offender profiling rivesta maggiore utilità sono quelli connotati da esistenza di torture alle vittime nei casi di aggressione sessuale, di eviscerazione della vittima, di attività sessuali o mutilazioni post-mortem, di inneschi di incendi senza apparente motivo, di stupri, di crimini seriali rituali o satanici e di pedofilia.

Il modello sviluppato da questi autori si basa sui seguenti paradigmi:

  • la personalità di un individuo non cambia mai radicalmente nel corso del tempo;
  • il comportamento riflette la personalità;
  • le persone diverse con personalità “similari” si comportano in maniera simile.

Da questi principi, gli autori deducono le seguenti conseguenze, che portano poi a commettere un delitto:

  • i crimini compiuti da un individuo non sono soggetti a cambiamenti nel corso del tempo;
  • la scena del crimine riflette la personalità dell’autore di reato;
  • i criminali diversi con personalità “similare” sono portati a compiere crimini simili.

Una delle tecniche che si è sviluppata nell’ambito del profilo psicologico è l’autopsia psicologica, ossia una perizia psicologica che si attua post mortem. Si parla di autopsia psicologica quando l’identità della vittima è nota ma risulta necessario stabilire le dinamiche e le cause del decesso, anche nei casi incerti. L’obiettivo è quello di ricostruire la retrospettiva di una persona ormai scomparsa e le cause e le dinamiche che hanno portato alla sua morte, in modo da restringere il cerchio degli ipotetici colpevoli. Con la ricostruzione dello stato mentale della vittima, si possono acquisire informazioni sulla stessa, inoltre si possono rilevare elementi che possano indicare eventuali atti suicidi. L’autopsia psicologica prevede diversi ambiti di indagine retrospettiva che hanno la funzione di ricostruire la vita della vittima, le sue abitudini, la sua condizione sociale:

  • Storia del consumo alcolico.
  • Note sul suicidio.
  • Scritti e diari.
  • Libri.
  • Valutazione delle relazioni interpersonali nel giorno prima della morte.
  • Valutazione del rapporto coniugale.
  • Umore, stato d’animo.
  • Fattori di stress psico-sociali.
  • Comportamenti pre-suicidi.
  • Lingua.
  • Storia del consumo di droghe.
  • Storia medica.
  • Esame riflessivo dello stato mentale, della condizione del deceduto prima della sua morte.
  • Storia psicologica.
  • Studi ed analisi di laboratorio.
  • Rapporto medico legale.
  • Valutazione delle motivazioni.
  • Ricostruzione degli eventi
  • Pensieri e sentimenti riguardanti la morte (preoccupazioni, fantasie).
  • Storia militare.
  • Storia delle morti familiari.
  • Storia familiare.
  • Storia lavorativa
  • Storia scolastica.
  • Familiarità del deceduto con i metodi di morte.
  • Rapporti di polizia.

In Italia la Unità per l’Analisi del Crimine Violento (UACV) della polizia utilizza una tecnica particolare di profilo psicologico (in analogia con il profilo psicologico esiste anche il profilo geografico, ideato da David Canter, per cercare di localizzare l’area geografica di appartenenza dell’offender).

Il profilo psicologico ha natura probabilistica, quindi non può formare una prova (cosa che in Italia avviene nel dibattimento processuale). Esso inizia e si consuma nella fase delle indagini, non entra nel processo.

Per risolvere un delitto violento gli inquirenti devono avere in mano almeno: una confessione oppure un testimone oppure una prova materiale. Il profilo serve per indirizzare le indagini al fine di ottenere almeno uno di questi elementi.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Canter, D. (2009). Geografia Criminale: Sulle tracce del Serial Killer. Centro Scientifico Editore: Milano.
  • Holmes, Ronald M., Holmes, Stephen T. (2009). Profiling Violent Crimes: An Investigative Tool. SAGE publications: California.
  • Ressler, R. K., Burgess, A. W., Douglas, J. E. (1988). Sexual Homicide: Patterns and Motives. Free Press: New York.
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