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Traumatizzazione vicaria da Covid-19: le conseguenze psicosociali nel personale sanitario e popolazione generale in Cina

Uno studio ha confrontato inferimieri impegnati in diverso grado nell'emergenza Coronavirus ponendo l'attenzione sulla traumatizzazione vicaria

Di Letizia Muro

Pubblicato il 22 Mag. 2020

Il campo delle scienze della salute, nella lotta al Coronavirus, fronteggia oggi due urgenze ed emergenze. Se da un lato si lavora senza sosta per la scoperta di un vaccino, altrettanto prioritaria è la comprensione delle conseguenze sulla salute mentale di una pandemia globale e senza precedenti come quella che stiamo vivendo.

 

Per tale ragione, università e istituti di ricerca in tutto il mondo si stanno adoperando per raccogliere, sotto forma di survey online, dati che indaghino gli effetti e i rischi della quarantena sul benessere psicologico degli individui. Attualmente sono 2.6 miliardi le persone che vivono in una forma di lockdown, ovvero un terzo della popolazione mondiale; il più grande esperimento psicosociale a cui si è mai potuto assistere e di cui è necessario mitigare gli effetti tossici, se non si vuole pagare un prezzo ancora più alto.

La letteratura del fenomeno allo stato attuale

Di grande aiuto, nella comprensione degli effetti psicosociali causati dal virus, è la letteratura scientifica delle precedenti epidemie, in particolare la review di Lancet (2020) che raccoglie 24 studi indaganti l’impatto psicosociale della quarantena sugli individui.

Tra gli effetti più comuni emergono: irritabilità e disturbi dell’umore, ma anche stress, insonnia, ansia, rabbia, depressione e sintomi da stress post traumatico. Tale panoramica permette una ricerca retrospettiva al fine di creare modelli di previsione delle conseguenze della pandemia. Ma una chiave di lettura fondamentale, nonché vantaggio cronologico, nella comprensione del fenomeno attuale, lo giocano gli studi condotti attualmente in Cina.

In merito agli effetti sulla popolazione cinese generale, è emerso che un impatto psicologico più alto si registra nel genere femminile, nella categoria studenti e in coloro che soffrono di sintomi fisici particolari. Viceversa, elementi che lasciano predire un maggiore benessere psicologico sono la ricerca informata ma ponderata sugli sviluppi della pandemia e l’adozione di misure preventive (Wang et. al., 2020).

In riferimento agli effetti psicosociali sul personale sanitario, come già evidenziato nella review di Lancet, anche le ricerche condotte in Cina mostrano come la salute mentale dello staff medico sia esposta a rischi più pesanti e persistenti nel tempo. Nello specifico, la categoria più colpita è il personale infermieristico, più di quello medico. Infatti gli effetti psicosociali della quarantena nel personale sanitario toccano non solo la sfera personale, ma investono anche quella lavorativa. Si assiste in molti operatori sanitari a un deterioramento delle performance lavorative, comportamenti di evitamento, riluttanza a svolgere ancora il proprio lavoro e considerazione di dimissioni. Inoltre, la manifestazione dei sintomi può estendersi o presentarsi fino a 3 anni dal termine dell’evento traumatico.

Un nuovo e interessante effetto viene riportato dall’Ospedale di Nanjing, che ha effettuato una comparazione tra infermieri in prima linea (a stretto contatto con pazienti contagiati da Covid) e infermieri e volontari non in prima linea (coinvolti nell’emergenza ma non a stretto contatto con pazienti Covid). La rilevanza dello studio sta nell’aver posto l’attenzione, tra le varie conseguenze psicosociali della pandemia, alla traumatizzazione vicaria. La letteratura descrive il trauma vicario come una sofferenza post traumatica, simile alle esperienze delle vittime dirette (Brady et al., 1999). Il termine, proposto da Pearlman, si è inizialmente riferito al contesto psicoterapeutico, ovvero a quel fenomeno di coinvolgimento empatico, da parte dello psicoterapeuta, in particolari esperienze traumatiche dei pazienti. Tale fenomeno fa sì che lo psicoterapeuta possa esperire sintomi mentali simili al trauma psicologico del paziente. (Collins and Long, 2003). La definizione di trauma vicario è stata poi estesa a un largo numero di eventi catastrofici in cui la gravità del danno supera la tolleranza emotiva e psicologica delle persone, causando anomalie psicologiche generate dalla vicinanza emotiva e fisica con chi esperisce il trauma stesso (Sinclair and Hamill, 2007). I maggiori sintomi che denotano traumatizzazione vicaria sono perdita di appetito, disturbi del sonno, declino fisico, intorpidimento, disattenzione, paura e disperazione. Il dato rilevante emerso dallo studio nell’Ospedale di Nanjing, è che il personale non direttamente coinvolto in prima linea, ha registrato sintomi stress correlati più alti rispetto a coloro che operavano in prima linea, e nello specifico, livelli maggiori di traumatizzazione vicaria (Li, et. al., 2020).

Traumatizzazione vicaria da Covid: lo studio

Lo studio ha coinvolto 214 volontari provenienti dalla popolazione generale e 526 infermieri (di cui 234 in prima linea e 292 non in prima linea), per un totale di 740 individui. Lo studio è stato condotto attraverso un questionario anonimo strutturato usando l’app “Sojump” che gli utenti ricevevano via WeChat a seguito del consenso informato. Il questionario consisteva di 38 item indaganti risposte fisiologiche e psicologiche. È emerso che gli infermieri in prima linea registravano punteggi di traumatizzazione vicaria più bassi rispetto agli infermieri non direttamente coinvolti. Non si sono registrate differenze significative, invece, all’interno della categoria “non in prima linea” tra infermieri e volontari coinvolti.

Discussione

Le ragioni di una tale evidenza possono essere ricondotte a due ragioni: in primis, il fatto che gli infermieri in prima linea si sono candidati volontariamente al ruolo con una preparazione psicologica adeguata. Inoltre il livello di esperienza e di pratica del personale in prima linea era altamente qualificato e pertinente, provenendo per la maggior parte da reparti di terapia intensiva e medicina interna. Questi elementi hanno probabilmente svolto da fattori di protezione in uno sviluppo più severo di traumatizzazione vicaria. Ciò è dimostrato anche dal fatto che, negli infermieri in prima linea, il trauma vicario derivava dall’empatizzare con i pazienti di Covid di cui si occupavano, mentre gli infermieri non in prima linea e volontari, estendevano la loro preoccupazione anche ai colleghi in prima linea.

Conclusioni

Lo studio presenta sicuramente il limite di un campione composto prevalentemente da infermieri, che pur costituendo la fetta più consistente della popolazione oggetto di studio, non rappresentano in toto il campione dello staff medico. Tuttavia i risultati ottenuti portano alla luce una conseguenza psicologica della pandemia sulla quale non si era ancora posta attenzione, tanto nel personale medico quanto nella popolazione generale, su cui è opportuno indagare.

Concludendo, è possibile affermare che un intervento preventivo sulla traumatizzazione vicaria e sullo stress psicologico nelle popolazioni menzionate, unito a una corretta e trasparente informazione sull’epidemia, possano arginare gli effetti psicologici del Covid e facilitarne il trattamento.

 

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