Cosa spinge le persone a non rispettare l’isolamento e le norme che sono state stabilite a tutela della salute di tutti per ridurre i contagi da coronavirus?
Proviamo a darne una spiegazione
Diversi sono i fattori che possono indurre le persone a non stare in casa nonostante le ordinanze ministeriali, gli accorati appelli televisivi e radio-televisivi, notizie di persone conosciute in isolamento a scopo precauzionale o, ancora peggio, perchè infette.
I motivi possono essere ricondotti a tre ordini di fattori.
Il coronavirus è un nemico invisibile
Il fatto di non toccare con mano l’elemento dannoso per la nostra salute, induce, irrazionalmente, le persone a pensare che in realtà non si possa trovare in mezzo a noi. E allora si tende a sottovalutare la portata dell’evento in quanto, per definizione, l’essere umano sostanzialmente crede in ciò che vede. L’illustre teoria della coerenza cognitiva, alla base della psicologia sociale, potrebbe aiutarci a capirne meglio il meccanismo: l‘uomo tende ad essere coerente con se stesso nel modo di pensare e di agire. Il bisogno umano di mantenere un’immagine di sé coerente è infatti un fattore molto potente che guida e motiva il nostro comportamento e le nostre scelte.
Quando manca uno stato di coerenza l’uomo vive un disagio che cerca, in qualche modo, di superare, eliminare o ridurre mettendo in atto una ristrutturazione cognitiva.
Leon Festinger (1957) descrive i principi cardine sui quali si basa questa teoria:
- L’uomo sperimenta una dissonanza in concomitanza ad una decisione;
- Il disagio rappresenta la spinta a cercare una modalità per eliminarlo;
- Queste modalità possono essere realizzate o con il cambiamento del comportamento o con una ristrutturazione cognitiva.
Il coronavirus è una probabilità
L’uomo tende, erroneamente, a pensare “non è certo che io possa ammalarmi”. Se in una popolazione, di 30.000 persone solo 5 sono ammalate allora la probabilità di io possa infettarmi è davvero minima. Di fatto si sta solamente sottostimando la probabilità di venire contagiato. La teoria dei bias cognitivi (Kahneman & Tversky, 2002) spiega come questi falsi ragionamenti siano alla base di credenze disfunzionali che possono generare comportamenti disadattivi. Nel caso specifico, per spiegare il comportamento di uscire di casa nonostante i divieti ci viene in aiuto l’euristica della disponibilità la quale viene usata per stimare la probabilità che avvenga un fatto, basandosi sulle informazioni in nostro possesso.
Aristotele in “Politica” descrive l‘uomo come animale sociale
Le persone, per natura, sono portate all’aggregazione, alla condivisione. Per istinto l’uomo non riesce a tollerare la solitudine e ad andare contro alla sua vera natura di animale sociale. In questo particolare periodo di semi-clausura le persone sentono più che mai il bisogno di condivisione di emozioni, sensazioni, paure, condivisione di notizie, di pensieri, di pareri e opinioni come spinta verso la comprensione e il sostegno morale e psicologico. Senza aggregazione non può esserci dunque conoscenza, stimolo, scambio, emotività, tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno per sentirsi vivo.
In casi emergenziali come questo, la parole d’ordine sono razionalità e rispetto delle regole, tralasciando, di fatto, il nostro istinto e il nostro lato irrazionale che, per natura, prevalgono in caso di pericolo.
L’invito per affrontare in modo sereno e meno traumatico possibile questo periodo di clausura forzata è quello di seguire alcuni semplici suggerimenti:
- Cerchiamo di sfruttare al meglio tutto il tempo che abbiamo a nostra disposizione;
- Godiamoci i nostri affetti;
- Trasformiamo le difficoltà in occasione di crescita;
- Impariamo ad ascoltare i nostri pensieri e le nostre emozioni;
- Mettiamo in atto comportamenti responsabili.
- Affrontiamo con ottimismo il futuro.