Il Coffy Test (Cardi et al., 2019) è un nuovo test proiettivo che indaga la personalità del bambino, le risorse emotive, i contenuti del suo inconscio.
Il test è nato in un ambito clinico, con l’obiettivo di realizzare un mezzo psicodiagnostico ad ampio spettro, adattabile a molteplici problematiche e a fasce d’età non troppo ristrette.
La sua ideazione è stata spinta dall’esigenza di procedure diagnostiche basate su teorie più moderne di quelle cui si rifanno molti test proiettivi ancora utilizzati nei servizi di psicologia e neuropsichiatria infantile, tra l’altro manchevoli di dati di supporto statistico-scientifici (Pedrabissi & Tressoldi; 2002).
È stato sviluppato partendo dalla teoria dell’attaccamento di Bowlby e dalla Psicologia Evoluzionista, ma facendone confluire i costrutti teorici nella concreta pratica clinica, per cui invece dell’assetto generale dell’attaccamento, si è scelto di considerare quello relativo alle Rappresentazioni Mentali, al fine di rendere operativi gli interventi rispetto alle problematiche riscontrate nello sviluppo psichico del bambino.
Per rappresentazioni mentali si intende il modo del bambino di processare le informazioni con forte contenuto emotivo: pericoli, difficoltà, divieti educativi, autonomia esplorativa, condivisione con i coetanei, affettuosità e separazione dai genitori.
Pertanto il test è utilizzabile anche dai professionisti della salute mentale infantile che fanno riferimento alle teorie psicoanalitiche delle relazioni oggettuali.
In particolar modo le informazioni che vengono rilevate dal test sono:
- Aspettativa del bambino di una presenza affettuosa e comprensiva da parte dei genitori;
- Ruolo protettivo dei genitori, piuttosto che un’eventuale inversione dei ruoli;
- Aspettativa di una consolazione materna (“il rifugio sicuro” di Bowlby) e di un incoraggiamento all’autonomia da parte della figura paterna (“la base sicura”);
- Ruolo normativo svolto dalle figure genitoriali e comprensione da parte del bambino dei limiti normativi;
- Ansia da separazione dai genitori;
- Propensione all’attività esplorativa o invece al timore dell’ignoto;
- Rapporto con i coetanei, caratterizzato da condivisione piuttosto che da competizione/ostilità.
Un buon monitoraggio cognitivo di queste emozioni, è considerato indice di buon funzionamento mentale (oltre che di un probabile attaccamento sicuro). Al contrario, distorsioni nel processo delle informazioni proposte, indicano aspetti preoccupanti della relazione genitori/figlio, che può essere opportuno approfondire (con altri strumenti clinici) sia a fini diagnostici che terapeutici, in quanto, come afferma Crittenden (Crittenden et al., 1999) “queste distorsioni possono essere di notevole importanza clinica; in effetti, esse possono essere considerate il mezzo di sviluppo e di mantenimento della psicopatologia”.
Le esperienze vissute dal minore e consolidate come modelli mentali hanno un peso fondamentale nella percezione che il bambino avrà degli Altri, di Sé e di Sé con l’Altro: come sostiene Bowlby (1999) la funzione dell’attaccamento è quella di garantire una base di sicurezza su cui l’individuo può costruire se stesso ed esplorare l’ambiente e le relazioni. Pertanto il test si focalizza in particolar modo sulla protezione ossia come il bambino percepisce le figure di attaccamento; e sulla propensione all’esplorazione, considerata come una consolidata percezione integra di Sé che permette al bambino di sentirsi fiducioso nell’esplorazione dell’Altro.
Il Coffy Test, ha anche un altro campo d’indagine: le attese del bambino riguardo i comportamenti delle figure genitoriali.
Vengono esplorati non solo i comportamenti protettivi o consolatori (che si presume siano attesi dal bambino in quanto già sperimentati) da parte figure genitoriali in situazioni di pericolo, ma anche la funzione di stimolo o, al contrario, d’interferenza delle figure genitoriali (sempre secondo le attese del bambino) di fronte a situazioni di autonomia esplorativa o di gioco.
Questi ambiti sono evocati nelle 12 tavole che vengono mostrate al soggetto esaminato, a cui poi vengono poste alcune domande prestabilite. La natura “ecologica” del test fa sì che il materiale proiettivo così ricavato sia facilmente interpretabile dal clinico. Inoltre, terminata la somministrazione (che dura una ventina di minuti), le risposte possono essere classificate utilizzando un’apposita scheda o tramite la codifica online, ottenendo così un punteggio.
E’ anche possibile una “lettura” dei risultati secondo i sistemi motivazionali (Liotti et al., 2017), che evidenzia eventuali aspetti problematici.
Dopo la sua prima pubblicazione (Leonardi & Cardi, 2012) e successivi dieci anni di sperimentazione clinica, cui abbiamo partecipato insieme ad un centinaio di specialisti, il test è stato standardizzato per i minori di età scolare, di entrambi i sessi, e dispone ora di diversi campioni clinici, con cui è possibile confrontare i risultati ottenuti.
Seguono due tavole del Coffy Test: