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Attaccamento ansioso – evitante: caratteristiche, evoluzione e sintomatologia ansiosa

Gli adulti con attaccamento ansioso - evitante hanno paura della possibilità di farsi coinvolgere nelle relazioni e possono sviluppare sintomi ansiosi

Di Alessandra D`Antonio

Pubblicato il 05 Mag. 2020

I bambini con attaccamento evitante sono soliti maturare un’immagine di sé priva della capacità di suscitare negli altri risposte positive e affettuose poiché la figura di attaccamento è indisponibile alle richieste di aiuto e vicinanza.

 

La tendenza delle persone a creare un legame è dovuta alla propensione innata degli umani di cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è vulnerabili ai pericoli ambientali per fatica, dolore, impotenza o malattia (Bowlby, 1979).

Come è stato notevolmente approfondito nella letteratura scientifica, ogni adulto – influenzato dalle relazioni avute con le proprie figure di riferimento durante l’infanzia – sviluppa uno specifico stile di attaccamento, ossia una peculiare modalità di relazionarsi agli altri.

Nonostante siano stati individuati quattro stili (pattern) di attaccamento (sicuro, ansioso – evitante, ansioso – ambivalente e disorganizzato), nel presente articolo si prenderà in esame solo lo stile di attaccamento ansioso – evitante. Quest’ultimo risultata essere alla base di molti conflitti e problematiche riguardanti le dinamiche relazionali, quali ad esempio la paura di creare una relazione, la difficoltà a fidarsi e il desiderio di una piena autonomia e indipendenza dall’altro.

Attaccamento ansioso – evitante nei bambini

I genitori dei bambini che sviluppano un attaccamento ansioso – evitante, spesso, non riescono a soddisfare il bisogno di vicinanza protettiva di cui questi necessitano per un adeguato sviluppo psico-emotivo. I bambini con attaccamento insicuro – evitante sono soliti maturare un’immagine di sé priva della capacità di suscitare negli altri risposte positive e affettuose poiché la figura di attaccamento è indisponibile alle richieste di aiuto e vicinanza: i bambini reagiscono a tale condizione alternando momenti di indipendenza e momenti di agitazione in cui cercano la figura di attaccamento.

Il “mancato contenimento” della figura di attaccamento non permette al bambino l’elaborazione dei sentimenti negativi nei suoi confronti, i quali si trovano scissi da quelli positivi. Questa situazione porta il bambino a incanalare i sentimenti negativi in ambito sociale (ribellione, contestazione, aggressione), oppure a rimuoverli per difesa (Stern, D., 1987).

Attaccamento ansioso – evitante negli adulti

Gli adulti che sviluppano il modello di attaccamento definito “ansioso-evitante” hanno paura della possibilità di farsi coinvolgere emotivamente nelle relazioni interpersonali; la vita tende a essere improntata sul desiderio di conquista di autonomia e autosufficienza personale che esclude – se necessario – il ricorso agli altri, considerati individui non affidabili e su cui non poter contare. Questa posizione difensiva verso la vita e le relazioni interpersonali è una misura di prevenzione contro il rischio di ulteriori delusioni dovute a esperienze di rifiuti continui.

Per non correre il rischio di essere rifiutati, tali individui tendono a sopprimere la loro emozionalità: la capacità di amare e di lasciarsi amare è costantemente frenata e bloccata dalla paura di poter incontrare nella vita la sofferenza già sperimentata durante l’infanzia.

Stile di attaccamento ansioso – evitante e sintomatologia ansiosa

Le persone con tale stile di attaccamento, e non consapevoli dei conflitti emotivi ad esso connesso, tendono a sperimentare vissuti di agitazione e ansia. Più precisamente, i conflitti intrapersonali – essendo per propria natura un fattore stressante – determinano un’attivazione fisiologica dell’organismo (arousal), la quale acquisisce sempre maggiore intensità se non riconosciuta. Tale attivazione corrisponde a ciò che le persone nel gergo comune definisco ansia e/o agitazione: essa si può manifestare mediante attacchi di ansia, sonno intermittente, difficoltà ad addormentarsi o risvegli anticipati, somatizzazione o preoccupazioni per la salute. Più precisamente, il conflitto emotivo, non trovando possibilità di esprimersi tramite un canale verbale, si manifesta attraverso il canale corporeo.

In tale dinamica psicologica, gioca un ruolo protettivo essenziale la mentalizzazione – ossia la capacità di comprendere i propri stati mentali – la quale permette di mantenere costante l’attivazione fisiologica determinata dal conflitto, modulando gli affetti derivanti dalle emozioni, e permette di affinare il pensiero verbale mediante la consapevolezza della capacità riflessiva, la quale è visibile nelle azioni e nei discorsi del soggetto (Lago, G., 2016).

La capacità di mentalizzazione (o funzione riflessiva) è determinata dalle esperienze avute con le persone di riferimento durante l’infanzia, anche se è possibile nel corso della vita incrementarla mediante esperienze emozionali correttive.

Trattandosi di processi inconsci, tendenzialmente, a queste persone sfugge la consapevolezza dei propri processi mentali e delle conseguenze che questi hanno sullo sviluppo della personalità e sulle relazioni interpersonali (Fonagy P., Leigh T., Steele M., Steele H., Kennedy R., Mattoon G., Target M. & Gerber A., 1996).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lago, G. (2016) Compendio di Psicoterapia. Per una psicoterapia senza aggettivi. Franco Angeli Edizioni.
  • Liotti, G., Monticelli, F. (2008). I Sistemi Motivazionali nel dialogo clinico. Raffaello Cortina Editore, Milano..
  • Fonagy P., Leigh T., Steele M., Steele H., Kennedy R., Mattoon G., Target M. & Gerber A. (1996) The relation of attachment status, psychiatric classification, and response to psychotherapy. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 64, p. 22-31.
  • Stern, D. (1987) Il mondo interpersonale del bambino. Bollati Boringhieri, Torino.
  • Bowlby, J. (1976). Attaccamento e perdita. 1: L'attaccamento alla madre, Collana Programma di Psicologia Psichiatria Psicoterapia, Torino, Boringhieri.
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