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L’Alzheimer altera la capacità dell’intestino di assorbire il principio attivo di un farmaco

Alla luce dei risultati di nuovi studi, potrebbe essere necessario riesaminare la pratica di prescrivere alcuni farmaci ai pazienti con Alzheimer.

Di Marco Dicugno

Pubblicato il 30 Apr. 2020

L’Alzheimer è considerata una malattia del sistema nervoso centrale. Si tratta di una condizione clinica che ad oggi non conosce cura: è possibile rallentarne il decorso, ma non è ancora raggiungibile una completa guarigione. Quali sono le nuove scoperte riguardanti le terapie farmacologiche?

 

 Ai pazienti con malattia di Alzheimer (AD) vengono spesso prescritti farmaci per altre condizioni, tra cui diabete o ipertensione, allo stesso dosaggio di quelle che vengono somministrare ai pazienti senza demenza (Jin & Tran, 2020). Potrebbe essere necessario riesaminare tale pratica, sulla base dei nuovi studi condotti su topi e riportati sulla rivista Molecular PharmaceuticsI risultati suggeriscono che l’AD potrebbe alterare l’assorbimento dei farmaci nel tratto digestivo, di conseguenza, potrebbe essere necessario modificarne il dosaggio per questi pazienti (Jin & Tran, 2020).

L’Alzheimer è considerata una malattia del sistema nervoso centrale, è caratterizzata dalla formazione di placche amiloidi e ammassi neurofibrillari nel cervello, purtroppo si tratta di una condizione clinica che ad oggi non conosce cura, è possibile rallentarne il decorso, tuttavia non è ancora raggiungibile una completa guarigione, si tratta inoltre della demenza più comune e frequente tra gli over 65 (Hardy & Higgins, 1992).

Gli scienziati si sono concentrati principalmente sullo studio di farmaci in grado di attraversare la barriera emato-encefalica (BEE). La loro ricerca ha rivelato che la quantità e la funzione delle proteine ​​che trasportano i farmaci attraverso la BEE sono alterate nelle persone con AD. E’ stata però posta meno attenzione sulle altre barriere biologiche, come il rivestimento dell’intestino, attraverso il quale i farmaci orali passano nel flusso sanguigno. I pochi studi pubblicati su questo argomento, tuttavia, suggeriscono che questo processo di assorbimento potrebbe essere interrotto dal Morbo di Azlheimer (Jin & Tran, 2020).

Tramite sperimentazione su topi, i ricercatori hanno misurato l’assorbimento dei composti che si spostano dall’intestino tenue al flusso sanguigno. Ad esempio, i livelli plasmatici di diazepam, che si diffonde passivamente attraverso le cellule intestinali per raggiungere il flusso sanguigno, erano simili sia nei topi appartenenti al gruppo AD che nei topi di controllo (senza AD). Tuttavia si riscontrano delle differenze da farmaco a farmaco, infatti la replica della stessa sperimentazione, fatta questa volta utilizzando il valsartan, ha rilevato che i topi appartenenti al gruppo AD avevano meno concentrazione del principio attivo del farmaco nel plasma, rispetto ai topi facenti parte del gruppo di controllo (Jin & Tran, 2020).

Il passaggio di questi farmaci attraverso le cellule intestinali è controllato da trasportatori che potrebbero essere interrotti dall’AD (Jin & Tran, 2020).

I risultati sono indicativi della probabile necessità di dover modificare l’approccio farmacologico al paziente con morbo di Alzheimer, sono tuttavia da replicare sull’essere umano (dato che la suddetta ricerca è stata condotta su topi), se i risultati dovessero essere analoghi allora si delineerà l’assoluta necessita di ridimensionare le dosi farmacologiche dei pazienti con morbo di Alzheimer (Jin & Tran, 2020).

 

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