In Equilibrio Emotivo l’autore si rivolge alle persone comuni al fine di offrire loro uno sguardo altro sulle emozioni, su ciò che provano quotidianamente e su come possano sfruttarlo al meglio, nell’ottica di attuare una vera e propria crescita personale.
Piercarlo Romei, nel suo libro Equilibrio Emotivo. Conoscere i messaggi delle emozioni per viverle con consapevolezza, affronta uno dei temi che da sempre appassiona gli studiosi e accomuna gli esseri umani: le emozioni. Coach, formatore e imprenditore, Romei sa benissimo che la sua opera si colloca in un orizzonte di studi e teorie sulle emozioni molto vasto, difatti il suo intento non è quello di spiegare cosa siano le emozioni – seppur nel corso del suo libro ci saranno accenni a teorie scientifiche al riguardo – ma come possiamo raggiungere un equilibrio emotivo e utilizzare al meglio questo grande strumento adattativo in modo a noi funzionale.
Piercarlo Romei si rivolge dunque alle persone comuni al fine di offrire loro uno sguardo altro su ciò che provano quotidianamente e su come possano sfruttarlo al meglio.
Non solo cosa sono, ma come sono le emozioni
Conoscere qualcosa ci permette di poterne parlare, di poter avere uno sguardo obiettivo quando dobbiamo giudicare qualcosa. Ciò vale davvero anche quando proviamo un’emozione? Sapere cosa sia un’emozione, come funzioni, o quale determinata area del cervello si attiva durante la paura, non ci prepara funzionalmente a come dovremmo vivere le emozioni. Ciò a cui auspica l’autore del libro Equilibrio Emotivo è la cosiddetta “consapevolezza operativa”, un sapere che si rivela essere funzionale ai fini di un utilizzo delle nostre emozioni mirato al proprio equilibrio. Un primo importante “sapere funzionale” è che le emozioni non sono qualcosa di esterno, qualcosa che capita e ci travolge, ma esistono nella misura in cui esistiamo noi. Il lavoro che dobbiamo fare per raggiungere quindi un equilibrio emotivo è su noi stessi. La modalità con cui l’autore ci invita a lavorarci è sul prima e sul dopo un’emozione, così che poi si arriverà a saperci lavorare mentre la si sta provando. Sono lezioni queste che valgono per tutti, perché le emozioni sono un tratto evolutivo universale, come un vero e proprio linguaggio che fa parte della nostra biologia. Attraverso una semplificazione – mai banale – questo libro ha l’obiettivo di spiegarci come approcciarsi alle emozioni per arrivare ad attuare una vera e propria crescita personale.
Sento, provo… agisco
Le emozioni non si possono descrivere facilmente, sono qualcosa che si prova, soggettivo e intimo, che raramente si riesce a descrivere. Le emozioni vanno sentite, provate e con questo libro ci si pone l’intento di arrivare – dopo averle provate – a decidere come porci di fronte questo sentire in modo funzionale. Nelle emozioni, sottolinea Piercarlo Romei, i protagonisti sono corpo e mente: a cambiare, di fronte una qualsiasi emozione, è sia il nostro equilibrio corporeo che quello psichico. Legata alla variazione fisiologica c’è anche quella espressiva: il nostro volto, a contatto di un’emozione, assume una determinata espressione, anch’essa generalmente riconosciuta.
Come detto in precedenza, le emozioni da sempre sono uno strumento adattativo, ma come tale deve essere equilibrato per evitare che si inneschi in modo inopportuno. Emblematico è il paragone che il coach Romei fa tra le emozioni e il dispositivo salvavita che ognuno di noi ha in casa. Quest’ultimo è funzionale solo quando scatta nel momento di reale pericolo, altrimenti rappresenterebbe solo un ostacolo alla routine. Scopo del libro è quindi costruirsi un faro delle emozioni grazie al quale ci sia possibile tarare le reazioni che abbiamo di fronte una situazione inaspettata così da avere risposte sempre più efficaci.
Prima di arrivare a descrivere come poter costruire un nostro equilibrio emotivo, l’autore del libro fa riferimento alla teoria del cervello trino teorizzata da Paul D. McLean, secondo cui il nostro cervello è composto da tre parti. La prima parte è il cervello rettiliano che rappresenta quello istintivo che gestisce quindi i comportamenti stereotipati. Il secondo è il cervello limbico, quello intermedio che si occupa più dell’emotività dell’essere umano consentendogli di modificare il comportamento sulla base della propria esperienza. Il terzo e ultimo cervello è la neocorteccia che è quello responsabile delle funzioni cognitive dell’uomo. Questi ‘tre’ cervelli non sono separati tra loro, ma fanno parte di un’unica struttura che si influenza a vicenda manifestando così il comportamento umano. Del secondo cervello, quello limbico, fa parte l’amigdala, considerata da tutti gli studiosi il centro delle emozioni e ciò che rappresenta la memoria emozionale. Continuando a considerare il cervello suddiviso in tre parti, l’amigdala si trova ad essere scollegata dalla neocorteccia, infatti, in situazioni emotivamente molto forti, è l’amigdala a prendere il controllo al posto della neocorteccia.
Come educare il nostro «dittatore emotivo»
È nella spiegazione del modo di operare dell’amigdala che Piercarlo Romei inizia a dare consigli su come iniziare ad intraprendere un percorso teso al raggiungimento dell’equilibrio emozionale. L’amigdala viene definita dall’autore un dittatore emotivo proprio per questa caratteristica di prendere il sopravvento quando la situazione diventa insostenibile per il nostro cervello moderno. Il problema è che nell’epoca contemporanea, molte reazioni dell’amigdala non si trovano ad essere funzionali, ma esagerate e inappropriate. C’è però un aspetto positivo: l’amigdala apprende per esperienza. Che significa? Che a partire dall’esperienza possiamo educarla ad adottare il giusto comportamento a seguito di una determinata azione. Come? Imparando inizialmente a modificare il contenuto delle nostre reazioni e successivamente saremo in grado di modificare anche la nostra reazione. Per fare un esempio pratico, Romei descrive come reagire di fronte alla paura di parlare in pubblico. Il giusto equilibrio emotivo di fronte questa situazione si può raggiungere imparando a respirare lentamente prima di affrontare la platea, imparare quindi a “controllare” le nostre reazioni fisiologiche, a cui con il tempo seguirà un controllo delle nostre reazioni psicologiche. Impareremo così sempre di più a gestire situazioni di questo genere grazie anche all’esperienza e all’educazione dell’amigdala.
Imparare a leggere i messaggi delle emozioni
Le emozioni, nel corso del libro Equilibrio Emotivo, vengono definite e paragonate in molti modi, uno molto emblematico è il paragone con i postini. Le emozioni sono come dei postini che recapitano a noi destinatari determinati messaggi. Così come non possiamo scappare da una raccomandata, così non possiamo scappare da un’emozione. Più si prova ad allontanarci da un’emozione, più loro faranno chiasso per essere ascoltate. Allo stesso modo, se non comprenderemo il messaggio che ci stanno mandando, loro torneranno a presentarsi con il medesimo messaggio fino a che non lo accogliamo completamente in noi. In questa analogia, è importante sottolineare che, così come il postino non rappresenta la posta che ci consegna, allo stesso modo le nostre emozioni non rappresentano il messaggio che consegnano. È importante tenere a mente questa differenza perché rischieremo di detestare le nostre emozioni solo perché il messaggio che portano non è dei migliori. Per raggiungere un giusto equilibrio emotivo è importante che noi ci alleiamo con le emozioni, così da imparare a comprendere il loro messaggio, riuscendo a farcelo recapitare con delicatezza.
Nella seconda parte del libro Piercarlo Romei fa una carrellata delle emozioni principali descrivendone le caratteristiche e soprattutto come poter approcciarsi ad esse raggiungendo il giusto equilibrio emotivo e conseguentemente sfruttarne le caratteristiche. Tra queste emozioni c’è la paura che tra tutte si potrebbe dire quella più importante a livello di sopravvivenza, dal momento che – sottolinea Romei – ci permette di individuare fonti di pericolo e quindi salvarci. Dopo aver descritto dettagliatamente la teoria secondo cui di fronte la paura le modalità di approccio sono le 3F (flight, freeze, fight), l’autore ci indica alcuni comportamenti che possiamo adottare quando ci troviamo a vivere questa emozione. Importante è saper discriminare ciò di cui abbiamo paura, perché, come nel caso della paura di parlare in pubblico, è bene che questa venga affrontata e che non prenda il sopravvento. Sembra impossibile riuscirci, in realtà, attraverso un percorso difficile fatto di conoscenza personale, è possibile arrivare a conoscere le reazioni fisiologiche di fronte qualcosa di cui abbiamo paura e con il tempo imparare a tararle. Un esercizio di natura pratica indicato nel libro è quello di immaginare per circa mezz’ora al giorno ciò che ci fa più paura, sforzandoci di evocarne le reali sensazioni e imparare in questo modo a governarle. Importante però saper distinguere quando la paura è patologica: in quel caso è bene rivolgersi a uno psicoterapeuta specializzato.
Consigli pratici su come affrontare la tristezza e la rabbia
La tristezza è un’altra grande emozione, tra le più difficili da comprendere e con cui convivere. Così come tutte le altre emozioni, anche la tristezza ha dei messaggi da portare e dei cambiamenti fisiologici con cui dobbiamo avere a che fare. Tra tutte le emozioni questa è quella che ci lega più gli uni dagli altri. Siamo infatti sempre spinti ad avvicinarsi verso qualcuno che sta soffrendo, provando ad offrire il nostro aiuto. Tra vari consigli teorici ci sono anche dei consigli pratici, come quello di dedicarsi ad attività quali il giardinaggio che non dipende da noi e questo ci permette di comprendere come ci siano cose che prescindono dalla nostra volontà. Altro consiglio pratico, forse scontato, ma nemmeno troppo per l’epoca contemporanea, gioire delle piccole cose e circondarsi delle persone che si amano e ci amano.
Se la tristezza ci spinge ad accettare qualcosa così come è, la rabbia indica invece qualcosa che deve cambiare. Anche la rabbia ha una valenza funzionale: arrabbiati, abbiamo molta più forza mentale di quando siamo tristi. È bene dunque saper sfruttare quest’emozione a nostro vantaggio. Come? Cambiando punto di vista e modi di reagire di fronte situazioni che spesso ci attivano quest’emozione che se non controllata gioca a nostro svantaggio. Consiglio pratico per raggiungere un equilibrio emotivo con la rabbia, così come per la paura, è immaginare situazioni che sappiamo provocarci quest’emozione. L’obiettivo di questo esercizio è diventare inoffendibili, imparare quindi a non reagire esageratamente di fronte a situazioni in cui ad esempio veniamo accusati. Tutto questo non deve confondersi però nell’accettazione acritica di tutto quello che ci viene detto, ma aprirsi al dialogo e al confronto.
Emozioni ‘positive’ e come valorizzarle
Premettendo che non esistono emozioni positive e negative in sé, ma esiste la positività o negatività delle nostre azioni di fronte ad esse, nella carrellata delle emozioni principali, non si può non parlare di quelle emozioni che, per il tipo di messaggio che portano, ci lasciano una sensazione di positività: sorpresa, gioia e piacere. Importante è sorprenderci, ma saper anche sorprendere l’altro, così come è importante chiederci se un piacere per noi è davvero tale. Emblematico è l’esempio del fumo: se fumare una sigaretta ci provoca piacere, non è vero che l’atto è davvero benefico per noi. Bisogna dunque saper discriminare quello che rappresenta un vero bene per noi e ciò che non lo è. Il consiglio pratico è quindi quello di stilare una lista di ciò che ci piace e chiederci se ci procura davvero del bene. Allo stesso tempo è utile scrivere tutte quelle attività che ci provocherebbero del bene, ma che ancora non facciamo così da chiederci come poterle iniziare e trarne dunque beneficio.
L’importanza delle emozioni secondarie
Una parte del libro Equilibrio Emotivo è dedicato poi alle emozioni secondarie, altrettanto importanti nella vita quotidiana di tutti noi. Tra queste c’è ad esempio la frustrazione che nasce quando non raggiungiamo gli obiettivi prefissati. In questo caso allora dobbiamo fermarci e chiederci se l’intensità con cui ci stiamo impegnando è quella necessaria. Nel caso lo sia, è bene allora valutare un altro modo di approcciarsi per raggiungere l’obiettivo. Un’altra importante emozione secondaria è l’imbarazzo il cui messaggio è quello di sviluppare competenze che non abbiamo. Riconoscere negli altri questa emozione permette di essere più comprensivi nei riguardi di chi la prova e viceversa. Le emozioni secondarie ci spingono dunque a pretendere di più da noi e questo, nella giusta dose, rappresenta un bene per noi.
Alla ricerca dell’equilibrio emotivo: non siamo le nostre emozioni
In bilico tra il lasciar andare e il vivere intensamente un’emozione, Romei si è messo alla ricerca di un equilibrio emotivo, intendendo in questo modo la capacità di riconoscere ogni emozione e poi comprendere il messaggio che nasconde. Per raggiungere un vero equilibrio emotivo è importante crederci, perché come una profezia che si autoavvera, non riusciamo a lavorare su noi stessi se crediamo che questo sia impossibile. Se è vero infatti che non possiamo far sì che un’emozione si manifesti, allo stesso tempo è vero anche che possiamo agire anziché reagire di fronte un’emozione. Romei sottolinea che raggiungere un equilibrio non è affatto semplice, ma questo non vuol dire che sia impossibile. Ci suggerisce che è bene iniziare a lavorare sul suo raggiungimento quando non si è dentro una tempesta emotiva, altrimenti la nostra lucidità sarebbe sicuramente influenzata dalle variazioni psicologiche vissute durante l’emozione.
A questo proposito è importante sottolineare un altro concetto espresso da Romei: dobbiamo imparare a parlare delle emozioni con il giusto linguaggio per arrivare al raggiungimento di un equilibrio emotivo. In questo senso, noi non siamo le nostre emozioni, noi le proviamo. Le emozioni passano attraverso di noi e questo in qualche modo ci rende liberi.
Piercarlo Romei infine ci ricorda che noi siamo responsabili nei confronti delle emozioni e che quando questa passa è bene apprendere quanto vissuto così da velocizzarne il nostro cosiddetto apprendimento emotivo.