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L’ABC del coronavirus in dialetto napoletano

Un esercizio utile e divertente: la traduzione in dialetto napoletano dell'ABC REBT per la preoccupazione da Coronavirus.

Di Giovanni Maria Ruggiero, Diego Sarracino

Pubblicato il 27 Mar. 2020

Aggiornato il 03 Apr. 2020 10:51

Tradurre in dialetto napoletano l’ABC -come ha fatto il collega Diego Sarracino- ha le sue difficoltà ma anche i suoi vantaggi. L’ABC, come alcuni sanno, è uno strumento di valutazione dei pensieri disfunzionali, quelli che non ci aiutano ad affrontare le situazioni e che ci fanno stare male.

Lo svantaggio e il vantaggio di usare il napoletano è la sua natura di dialetto ricco di termini concreti e povero di parole astratte. Ad esempio, “pensieri disfunzionali” non c’è, ma c’è “pensà malamente” (pensar male) più vicino al concreto “pensieri che non ci aiutano” italiano. I pensieri che non ci aiutano sono quelli che trasformano le emozioni in ostacoli, invece di trattarle come segnali utili. Ad esempio, l’ansia è un segnale che ci avverte che c’è una prova da affrontare o un rischio da valutare. Diventa un ostacolo se la interpretiamo come un segnale di una nostra supposta inadeguatezza. Il pensiero che ci aiuta davanti a un esame o di fronte al coronavirus è: “c’è un problema”. Quello che non ci aiuta (in napoletano: “o’ pensà malamente”) può essere “non ce la farò” o peggio “non sono all’altezza”. Così le emozioni, ci insegnava Ellis in slang nuovaiorchese, diventano auto-svalutazioni invece che pungoli all’azione.

Il dialetto napoletano popolare, che per sua fortuna non è mai stato una lingua (la “lingua napoletana” classificata dall’Unesco è in realtà il volgare pugliese parlato alla corte dei re di Napoli con cui si componevano poesie e si redigevano i documenti della cancelleria e poco ha a che fare con il dialetto napoletano) ci aiuta a pensare concretamente e ad avere pensieri che ci aiutano.


Una traduzione per i non napoletani:

‘O fatto ca me scuncerta (l’evento disturbante)

Leggo c’a ggente s’ammisca sempr’e cchiù cu stu cazz e virùs (leggo che la gente si infetta sempre di più con questo “maledetto” virus”)

BC

Penzà malamente: (pensiero disfunzionale)
Add’a essere per forza accussì (doverizzazione o pretesa)
«Aggia essere sicuro o cient pe cient ca nun succede» (devo essere sicuro al cento per cento che non accade)

D – Mo te faccio arragiunà (disputing) Dint’a vita te pare normale essere sicuro o cient pe cient? (Nella vita ti sembra possibile essere sicuri al cento per cento?)

Chello ca sento (emozione)

F
Chello ca sento
(emozione)

SO NERVUSO MA CE A’ POZZ FA’ (sono in ansia ma posso tollerarlo)

C
Cello ca faccio (comportamento)
Me lave e mman cient vote o juorno Guardo chello ca succede cient vote o journo (mi lavo le mani cento volte al giorno; sto attento a quel che accade cento volte al giorno)
Penzo tutto journ a comme me ne pozz ascì (rimuginio tutto il giorno come posso cavarmela)

F
Cello ca faccio
(comportamento)
Me lavo senza i’ o’ manicomio (mi lavo senza esagerare come un matto)
Cerco è capì chello ca sta succedendo ma senza i’ o’ manicomio (cerco di capire cosa sta accadendo senza esagerare come un matto) Cerco e sta quieto e fa quaccosa ca me po’ servì (mi tranquillizzo e faccio qualcosa di utile)

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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