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Dalla rappresentazione cognitivo-affettiva durante la gravidanza alla relazione madre-bambino: mentalizzazione, funzione riflessiva e mind-mindedness

La relazione madre-bambino inizia a svilupparsi molto precocemente tramite le funzioni di mentalizzazione, funzione riflessiva e mind-mindedness

Di Silvia Locatelli

Pubblicato il 10 Feb. 2020

Dagli anni novanta studiosi psicoanalisti hanno esaminato la relazione tra stati mentali e caregiving proponendo la presenza di processi cognitivo-affettivi e relazionali e portando all’individuazione di tre costrutti: mentalizzazione, funzione riflessiva (genitoriale) e mind-mindedness.

Silvia Locatelli – OPEN SCHOOL, Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Bolzano

 

Durante la gravidanza vi sono dei processi cognitivi che preparano la futura mamma a ‘pensare’ e quindi ‘prendersi cura in futuro’ del proprio bambino. Infatti un costrutto di caregiving come l’attaccamento preparto è stato studiato per mettere in relazione questo pensare nel presente in vista di azioni future e nello specifico come lo stato mentale della donna in gravidanza riguardo al proprio bambino possa influenzare positivamente la relazione tra i due, e di conseguenza lo sviluppo affettivo e cognitivo del bambino (McMahon, 2016). In questo articolo verranno analizzati quei costrutti che hanno origine da teorie psicoanalitiche riguardo la trasmissione intergenerazionale dei pattern di attaccamento, con particolare attenzione al periodo della gravidanza.

Esistono evidenze di come la rappresentazione mentale dei propri pattern di attaccamento influenzi positivamente l’attaccamento del proprio bambino (Main, 2005). Dagli anni novanta studiosi psicoanalisti hanno analizzato questo fenomeno proponendo altri processi cognitivo-affettivi e relazionali.

Dalla letteratura emergono, essenzialmente, tre costrutti riguardo stati mentali e caregiving: mentalizzazione, funzione riflessiva (genitoriale) e mind-mindedness.

Per mentalizzazione si intende l’abilità di interpretare e predire il comportamento di sé e degli altri in relazione ai propri stati mentali (Fonagy, 1991). La mentalizzazione è quella capacità di integrazione di stati cognitivi e affettivi: pensare ai sentimenti e sentire i propri pensieri (Slade, 2005a). Quindi è in parte un processo cognitivo, di comprensione individuale, simile all’insight, e in parte un processo affettivo di mantenimento, regolazione ed esperienza dell’emozione, simile, ma diversa, dall’empatia (Slade, 2005a). Questa è la mentalizzazione nella sua definizione generale, applicabile a qualsiasi relazione tra individui.

Che cosa succede tra un genitore e il proprio figlio? I genitori possono essere razionalmente consapevoli delle difficoltà prenatali e immaginare e pensare al proprio bambino. Il focalizzarsi sull’esperienza e su stati mentali, entrambi sul proprio sé e su quello del feto, è ciò che rende diversa la mentalizzazione da altri processi più generali riguardo la genitorialità. In questo senso mentalizzazione e funzione riflessiva (FR) rendono possibile per il genitore immaginare il proprio bambino come dotato di una mente propria, aiutando la futura mamma a mantenere un senso coerente di sé (Pajulo, 2015).

Fonagy (1991) ha analizzato la mentalizzazione utilizzando la Adult Attachment Interview, analizzando in particolare la funzione riflessiva, per verificare come questo stato mentale cioè la rappresentazione dei propri genitori, influenzi la qualità dell’attaccamento.

Durante la gravidanza è possibile che la futura mamma inizi a sperimentare il processo di mentalizzazione con un altro ipotetico agente, ipotetico perché il figlio/a che aspetta non è ancora nato, e quindi non ha ancora un feedback diretto di come il proprio stato influenzi sé stessa e l’altro. Lo studio di Fonagy (1991) è prospettico, quindi condotto sia in fase pre che post partum, sono state effettuate l’AAI durante la gravidanza e la Strange Situation per osservare la relazione tra madre e bambino, a 13 mesi. In questo studio sono stati replicati i risultati di Main (2005): madri con una rappresentazione autonoma permetteranno al proprio bambino di avere una relazione di attaccamento sicura, madri con una rappresentazione distanziante favoriranno una relazione di attaccamento evitante. Nello studio di Fonagy (1991) manca però una relazione diretta tra rappresentazioni invischiate e attaccamento ansioso-ambivalente, l’unica presente riguarda la resistenza dei bambini alla Strange Situation. Per quanto riguarda la codificazione della AAI in termini di FR, gli autori teorizzarono la FR come quella capacità di comprendere che la propria mente è pervasa da stati affettivi. Tali stati vengono riconosciuti come modificabili nel tempo, e soprattutto appartenenti alla propria mente. L’individuo ha anche la consapevolezza che la mente dell’altro che si osserva possiede stati affettivi, i quali non sono sempre riconoscibili, ma solo intuibili, e che questi affetti propri e altrui sono influenzabili a vicenda (Fonagy, 1991).

Futuri genitori con una rappresentazione di attaccamento autonoma hanno un’alta FR, e viceversa futuri genitori con una rappresentazione insicura avranno una FR minore. La forza dello studio rimane comunque il fatto che la rappresentazione di attaccamento durante la gravidanza predica la relazione, in futuro, tra madre e bambino, quindi come uno stato mentale presente, la FR in generale, influenzi il comportamento e la qualità della relazione. Quindi, in questa prospettiva, la FR è una capacità centrale che permette ai genitori di avere un accesso alle emozioni e alle memorie rilevanti, flessibile e coerente verso la propria esperienza di attaccamento, garantendo una base sicura per i propri figli.

Successivamente, dal concetto di mentalizzazione, quindi facente riferimento a stati cognitivi e affettivi, è stata estrapolato il concetto di FR, una funzione che viene definita ‘regolatoria’. In uno studio di Slade e collaboratori (2005b) è stata misurata la FR, definita funzione riflessiva genitoriale, non con AAI, ma con un altro strumento, la Parent Development Interview (PDI), dimostrando come la FR sia un costrutto indipendente dalla misurazione con AAI. Gli autori hanno quindi sottolineato come la FR sia una capacità che emerge dalla rappresentazione di attaccamento, e che influenza direttamente la relazione. Infatti, i risultati mostrano come la FR misurata con AAI durante la gravidanza correli positivamente con la FR misurata con PDI a 10 mesi del bambino, quindi sia la qualità che l’organizzazione dei modelli operativi interni materni sono collegati alla FR genitoriale (Slade, 2005b). Gli autori sottolineano come questa modalità non sia ‘perfetta’, infatti riportano come un’alta FR non sia indice di controllo costante; genitori con alta FR possono comunque sperimentare stati affettivi intensi e questi stati necessitano di tempo per essere regolati in funzione della relazione. Quindi di fatto la FR è regolazione, riprendendo il concetto di ‘madre sufficientemente buona’ di Winnicott (Slade, 2005b). Come nel lavoro di Fonagy (1991), gli autori non hanno trovato una relazione tra tutti i pattern di attaccamento dei bambini e FR, infatti bambini classificati come evitanti non erano distinguibili dai bambini sicuri in termini di FR genitoriale. Allora gli autori hanno ipotizzato come questo processo fosse necessario per le diadi ad alto rischio, come quelle ambivalenti e disorganizzate, indicando come l’attaccamento evitante sia un meccanismo di difesa e di adattamento a basso rischio (Slade, 2005b). Riassumendo si può sostenere che quanto più i caregivers sono riflessivi, anche prima della nascita, tanto più si può star certi che gli stati interni dei bambini saranno correttamente processati dai genitori, così da rendere più plausibile lo stabilirsi di una relazione di attaccamento.

Allora la FR genitoriale ha un’importanza sia clinica che scientifica per due ragioni: a) molte difficoltà nella relazione madre-bambino hanno origine già dalla gravidanza, e b) il focus di FR durante la gravidanza permette di impostare trattamenti preventivi (Pajuolo, 2015).

Quindi fino ad ora abbiamo visto come una funzione cognitivo-affettiva, la mentalizzazione, possa regolare, attraverso la funzione riflessiva, la relazione della diade madre-bambino. In termini psicoanalitici moderni che cos’è questa relazione nella mente della madre?

Slade (2005a, 2005b) sottolinea come la FR aiuti le madri a ‘pensare’ al comportamento e non a cambiare lo stesso, anche se riconosce come il cambiamento di pensiero sia di per sé un primo passo per modificare il comportamento. L’autore conclude come la FR possa essere il ponte tra rappresentazione e comportamento.

È sufficiente? Un’altra autrice, Elisabeth Meins, ha proposto come un’altra funzione, la mind-mindedness (MM), sia l’interfaccia tra rappresentazione e comportamento, e che condivida origini teoretiche con la FR misurata con AAI, proponendo come la MM sia un tipo di FR in azione: la capacità di una madre di verbalizzare esplicitamente gli stati mentali del proprio bambino può dipendere da una funzione di mentalizzazione in generale (McMahon, 2017). Lo sviluppo di rappresentazioni mentali del bambino che si aspetta, che diventano sempre più elaborate con l’andare avanti della gravidanza, è considerato un compito di adattamento della gravidanza stessa, cruciale per l’attivazione del sistema di caregiving (McMahon, 2017). Tuttavia la MM entra in gioco una volta che il bambino è nato. Infatti è importante sottolineare come la MM sia la tendenza a commentare adeguatamente gli stati interni del proprio figlio già nato. Questa risulta correlata positivamente alla FR misurata con AAI, e ai pattern di attaccamento (Arnott, 2007). Inoltre la MM è misurabile on-line, durante la relazione, sia in termini di contenuti verbali, che nel comportamento che la madre mette in atto per prendersi cura del proprio figlio (parental embodied mind-mindedness, PEM), per esempio nell’interazione durante il gioco: il bambino indica un oggetto e la madre lo passa (buona PEM), oppure il bambino gioca con un oggetto e la madre lo interrompe per dargli altri giochi a cui non è interessato (bassa PEM) (Shai, 2018). Quindi la MM è sia parte della rappresentazione di stati mentali, mentalizzazione, e di relazioni, funzione riflessiva, che comportamento stesso, sia verbale che agito. Questo aspetto comportamentale, la PEM, è un buon indice per catturare la natura mutualmente responsiva della relazione, in cui si tiene conto dell’esperienza del bambino in risposta al comportamento responsivo del genitore (Shai, 2018). In questo studio si sono rivelati anche risultati riguardo il legame tra MM, PEM e attaccamento, indicando come la mentalizzazione genitoriale sia multifattoriale e multimodale, esplorabile sia sul piano verbale che non verbale, esplicito e implicito, rappresentazionale e comportamentale (Shai, 2018).

Quindi, in termini psicoanalitici, sono stati individuati elementi rappresentazionali, cognitivi e affettivi, ed elementi comportamentali, verbali e non verbali, prodotto di essi.

Abbiamo visto come la rappresentazione della mente dell’altro sia necessaria per una buona diade madre-bambino, e come questa rappresentazione, sia in termini generali di mentalizzazione, che nelle sue parti di FR e MM, inizi a svilupparsi durante la gravidanza, in preparazione a una relazione efficace. Infatti è noto come un cambiamento positivo nella FR possa diminuire il rischio di incomprensioni nella comunicazione tra familiari, migliorare l’attaccamento prenatale, e quindi migliorare l’interazione e promuovere un attaccamento sicuro nel post parto (Pajuolo, 2015). Secondo questa prospettiva esistono interventi di psicoterapia sulla mentalizzazione in gravidanza (Markin, 2013). Per esempio, nel lavoro proposto da Markin (2013), è possibile proporre una psicoterapia in gravidanza in cui vengono rimandati degli atteggiamenti più ‘mentalizzati’ a madri che non mentalizzano correttamente, con tre tipi di intervento specifici per la gravidanza: mentalizzare il bambino come possessore di una mente separata dalla madre, mentalizzare sé stessa come madre, e mentalizzare la relazione emergente tra la madre e il feto. Infatti durante la gravidanza la futura madre potrebbe iniziare a fantasticare sul proprio bambino. Quindi la mentalizzazione, in particolare nella FR, aiuta la futura mamma proprio in queste fantasticherie, rendendole funzionali: una madre con la tendenza a pensare di dover conoscere con certezza i bisogni del proprio bambino perché sentirlo piangere le mette ansia e apprensione può avere la tendenza a sentirsi sopraffatta sperimentando che non può avere questa conoscenza certa; diversamente una madre può essere consapevole di avere la tendenza a sentirsi sopraffatta non avendo questa conoscenza certa perché l’ha imparato dalla propria madre, quindi con un atteggiamento mentalizzato di come il suo passato stia influenzando il suo presente (Markin, 2013). Questa coerenza temporale e la conoscenza di come l’attaccamento passato influenzi quello presente richiama, a tutti gli effetti, una rappresentazione di tipo autonomo di attaccamento: quindi la conoscenza del proprio stato attuale di attaccamento influenza la relazione attuale con il proprio bambino.

In conclusione, anche da studi di origine non strettamente cognitiva, si è evidenziato come una rappresentazione cognitiva, e affettiva, sia un costrutto stabile della mente, ma comunque modificabile, e che questo stesso stato influenzi le relazioni a lungo termine, sia agite che rappresentate. Potrebbe essere interessante approfondire questi costrutti in termini di credenze centrali del sé (in senso strettamente cognitivo), temi dolorosi che originano dal passato, e piani di funzionamento attuali.

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