Uno studio recentemente pubblicato su Frontiers in Psychology, indaga i meccanismi neurobiologici che stanno alla base dei cambiamenti clinici osservabili nei pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo in Terapia Metacognitiva (Winter et al., 2019).
Grazie all’utilizzo delle tecniche di neuroimaging, negli ultimi anni i meccanismi neurobiologici correlati alle modificazioni cognitive e comportamentali negli individui che seguono una terapia sono stati largamente indagati; tuttavia, sono ancora sconosciuti i motivi per i quali la psicoterapia abbia un ruolo nella modificazione dei substrati neurali (Yang et al., 2014).
Gli autori del presente studio (Winter et al., 2019) si sono posti l’obiettivo di analizzare gli effetti della Terapia Metacognitiva (MCT), in pazienti affetti da Disturbo Ossessivo-Compulsivo resistenti al trattamento (trOCD).
Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC), quando trattato con sedute di psicoterapia e psicofarmaci adeguati, ha una percentuale di remissione compresa tra il 20% e il 70% a seconda del tipo di trattamento seguito dal paziente e dalla gravità dei sintomi (così come definiti dai criteri del DSM 5; Fisher & Wells, 2005). La Terapia Metacognitiva, per quanto si distacchi dalle tecniche terapeutiche attualmente più accreditate per il trattamento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo, si sta dimostrando una tecnica promettente per questo genere di pazienti, concentrandosi sullo stile del pensiero piuttosto che sul suo contenuto (van derHeiden et al., 2016); gli effetti neuropsicologici della MCT, tuttavia, sono ancora in parte sconosciuti.
Grazie alle tecniche di neuroimaging come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), la tomografia a emissione di positroni (PET) e l’elettroencefalogramma (EEG), le basi neurobiologiche del DOC sono state ampiamente studiate, individuando nell’iperattività del circuito cortico-striato-talamo-corticale (CSTC) il correlato neurologico del disturbo (Linden, 2006; Saxena et al., 2001).
Anche l’amigdala svolge un ruolo importante nei pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo, poiché responsabile delle emozioni di ansia e paura tipiche dei pazienti con questo disturbo (Milad&Rauch, 2012): è proprio a causa del coinvolgimento dell’amigdala che la Deep Brain Stimulation (DBS), che se utilizzata per il DOC ha come target la stimolazione di quest’ultima e del nucleo della stria terminale (BNST), si sta dimostrando una tecnica terapeutica innovativa e efficace nel trattamento del trOCD (Naesström, Blomstedt&Bodlund, 2016).
Nello studio qui riportato (Winter et al., 2019), a un soggetto con trOCD di 51 anni sono stati impiantati due elettrodi per la DBS. Il paziente mostrava sintomi di controllo e di ordine e simmetria con esordio negli anni ’80. Il protocollo di ricerca prevedeva tre fasi: la prima consisteva nella misurazione delle local field potential (LFP), ovvero della corrente elettrica prodotta dall’amigdala e dal nucleo delle stria terminale (BNST), prima del trattamento. La seconda nella somministrazione di 5 sedute di Terapia Metacognitiva e la terza nel controllo delle LFP e dei sintomi residui del Disturbo Ossessivo-Compulsivo tramite l’Obsessive-Compulsive Disorder-scale (OCD-S).
I sintomi del Disturbo Ossessivo-Compulsivo, in seguito alle sedute di Terapia Metacognitiva, erano significativamente diminuiti. Inoltre, le analisi effettuate tramite gli elettrodi del BNST, hanno mostrato una modificazione della LFP in seguito alla terapia, in particolare del comportamento oscillatorio neuronale: questi risultati dimostrano una correlazione tra MCT e modificazioni neuronali in pazienti con trOCD (Winter et al., 2019).
Nonostante i limiti della ricerca, come la presenza di un solo soggetto, i risultati aprono la strada a futuri studi riguardanti gli effetti della Terapia Metacognitiva sui meccanismi neurobiologici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo.