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Joker (2019): il mostro creato dal nuovo decadentismo insito nelle società moderne

Il protagonista del film Joker (2019) non è un vero e proprio mostro ma piuttosto un criminale creato dalla parte peggiore della nostra società

Di Francesco Gallizio

Pubblicato il 23 Ott. 2019

Tra i supereroi più famosi della storia del fumetto, Batman è l’unico a non avere veri e propri super poteri. Il suo vero potere è la ricchezza economica messa a servizio della giustizia e quindi della lotta al crimine. Allo stesso modo il suo nemico storico, Joker, non è un vero e proprio mostro ma piuttosto un mostro creato dalla parte peggiore della nostra società.

Attenzione! L’articolo contiene spoiler

 

Joker, la figura dell’antisociale come reazione al rifiuto

Il Joker di Phillips (2019) è esattamente questo. Splendidamente interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix, che per questa parte merita quanto meno la candidatura ai prossimi premi Oscar, il primo film sulle origini di Joker racconta null’altro che la nascita di un antisociale, il vero antieroe. Perché cos’è un antisociale se non il risultato di uno sviluppo traumatico, di cui la società non riesce o non vuole occuparsi? Egli è costretto a divenire il contrario del bene che non gli è mai stato dato, e dunque appunto il male in persona. Joker (2019) è un film crudo e senza filtri, non pretende di essere accettato da quelli che vogliono vedere qualcosa di leggero, ma essenziale a saziare chi invece vuole che la macchina cinematografica esprima qualcosa che entra nel profondo, e questa volta lo fa esplorando i nostri peccati più gravi in quanto essere umani del nuovo millennio. Se in quanto tali, in virtù di tutti gli errori che finora abbiamo commesso, riusciamo ad essere consapevoli e riflessivi, saremo capaci di vedere di cosa parla questo film.

Arthur, una malattia invalidante e i desideri infranti

Non adatto ai minori certamente, Joker (2019) esprime la sofferenza partendo dal sorriso, il sorriso di un clown infelice, affetto da una particolare patologia che lo porta ad avere risate compulsive nei momenti meno opportuni. Questo problema, verosimilmente legato all’ansia, gli comporta uno stato di handicap alquanto grave. Seguito inizialmente, sia farmacologicamente che con colloqui più burocratici che terapeutici, grazie ad un progetto che verrà poi sospeso per mancanza di fondi, il povero Arthur Fleck (futuro Joker) dovrà fare i conti con una malattia invalidante, solo, senza risorse né economiche né sociali.

Dall’altro lato il piccolo Bruce Wayne (futuro Batman), figlio di un miliardario, rappresenta quello che Arthur non potrà neanche lontanamente sognare. L’autore sottolinea questo punto con un passaggio importante, in cui fa credere al protagonista di essere figlio illegittimo del miliardario, quasi a voler far masticare per un po’ quel sogno, così da renderlo ancor più desiderato ma poi infranto, insieme a tutte le poche certezze della sua vita. Financo la madre, unico fattore inizialmente protettivo, diverrà ultima delusione che lo farà diventare il vero mostro.

Quando il male sembra avere la sua ragione di esistere

Ecco dunque nascere il vero antieroe, psicopatico, antisociale, il mostro che nasce dagli errori del mondo. Perché quando non ci occupiamo di chi soffre diventiamo inutili in quanto società, e tutto quello che abbiamo costruito finora diviene a sua volta inutile e dannoso. E allora sembra quasi che anche un Joker, seppur folle assassino, come quello di questo film, abbia ragione di esistere. Ed ecco che in parte, sul finale ci sentiamo anche noi partecipi di quella sommossa da lui iniziata, alla quale infatti prende parte l’intera città di Gotham City, usando la sua immagine come monito di una rivolta degli invisibili.

 

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