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In amore, minestra riscaldata non fu mai buona: ma è davvero così?

La fine di una relazione non sempre presenta dei contorni netti: quali conseguenze psicologiche e decisionali ha un riavvicinamento all'ex-partner?

Di Giulia Samoré

Pubblicato il 06 Set. 2019

E’ risaputo che la fine di una relazione non sempre presenta dei contorni netti. Può capitare che i membri di una coppia indugino in una zona grigia laddove i contatti rimangono frequenti, spesso accompagnati da brevi ritorni di fiamma o veri e propri relapse sessuali che pospongono, più che scongiurare, la rottura definitiva.

 

Quando la rottura sopraggiunge poi, non è sempre facile mantenere la propria posizione, rispettare la decisione concordata o la volontà della controparte, a seconda che la chiusura sia stata decisa unilateralmente o in comune accordo. La tecnologia moderna ed i social media contribuiscono a rendere questo compito ancora più difficile, motivo per cui applicazioni come Blockyourex o Drunk mode hanno avuto grande successo nel cercare di arginare le possibili ricadute. Nello specifico, la prima app non consente di visualizzare i contenuti relativi all’ex partner su Twitter e Facebook, la seconda, invece, impedisce di scrivere o chiamare l’ex se non dopo aver risolto una complicata equazione, impossibile da risolvere se, ad esempio,la decisione è stata presa sotto l’effetto di alcool.

Tutte queste contromisure si basano su di un assunto ben preciso: cercare un contatto con un ex non è bene per te. Ma fino a che punto questo assioma va dato per scontato? Tre quarti degli studenti universitari intervistati da Spielman (2016) confermano la credenza che ricercare sesso con un ex possa ostacolare la ripresa a seguito di una rottura sentimentale. Tuttavia pare che il sesso con un ex partner sia estremamente comune: Mason, Sbarra, Bryan e Lee (2012) hanno riscontrato che il 22% delle coppie divorziate ha avuto rapporti sessuali dopo la separazione, così come il 27% dei giovani adulti intervistati da Halpern-meekin, Manning, Giordano e Longmore (2012) e il 40% dei giovani tra i 13 e i 17 anni sessualmente attivi, che dichiarano di aver intrapreso qualche tipo di attività sessuale con un ex partner nel corso dell’anno precedente (Manning, Giordano & Longmore, 2006).

Tentativi di riavvicinamento e attaccamento emotivo

Un recente studio sembra addirittura suggerire che la principale motivazione per rimanere amici con un ex possa proprio essere il mantenere aperta la possibilità di avere incontri sessuali con loro (Mogilski & Welling, 2017). Determinare se effettivamente questo comportamento abbia effetti negativi sulla “guarigione” post rottura (specialmente se questo dovesse alimentare un desiderio di vicinanza emotiva o sessuale che vanifichi sul lungo termine il desiderio e la possibilità di avere una chiusura), diventa particolarmente rilevante nella pratica clinica. Psiclogi e terapeuti sono chiamati spesso ad arginare gli effetti negativi derivanti dalle rotture sentimentali, come ad esempio difficoltà nella regolazione delle emozioni e rischio di un generale peggioramento della salute mentale, che nei casi più estremi sfociano in episodi depressivi o in ideazione suicidiaria (Sbarra & Ferrer, 2006; Ford-Wood, Asarnow, Huizar & Reise, 2007).

Nel tentativo di rispondere a questo interrogativo Spielmann, Joel e Impett hanno condotto due diversi studi, pubblicati su Archives of Sexual Behavior, volti a cogliere nel dettaglio la veridicità della presunta relazione tra la ricerca di intimità con un ex ed eventuali difficoltà nel riprendersi dopo una rottura sentimentale. Il primo studio ha coinvolto 113 partecipanti, provenienti da un campione più ampio di un precedente esperimento di Spielmann e colleghi, selezionati in virtù della recente fine della propria relazione. Nei giorni immediatamente successivi alla rottura con il partner, i soggetti hanno compilato una survey online preliminare, composta da quattro item sull’attaccamento emotivo residuo nei confronti dell’ex (e.g. “sono ancora innamorato di lui/lei”, punteggio da 1 “fortemente in disaccordo” a 5 “fortemente d’accordo”). Nel mese seguente hanno poi compilato quotidianamente un questionario, indicando eventuali tentativi di avvicinamento al proprio ex partner (e.g. “ho tentato di fare sesso con il mio ex” oppure “ho tentato di baciare, toccare o essere fisicamente affettuoso/a verso il/la mio/a ex partner”). I soggetti hanno poi indicato il proprio attaccamento emotivo verso l’ex di giorno in giorno ed è stato inoltre somministrato loro un questionario circa il malessere percepito a seguito della rottura (e.g. “mi sento angosciato dalla rottura”, “faccio generalmente fatica a gestire gli esiti della rottura”, “soffro molto a causa della rottura”, “faccio fatica ad accettare la fine della relazione”). Sono state poi analizzate le emozioni, sia positive (e.g. felice, allegro, grato, simpatetico, sollevato, etc) che negative (e.g. solo, isolato, depresso, deluso, umiliato, etc), emergenti a seguito della separazione dal partner e valutate su di una scala da 1 (“per niente“) a 7 (“molto“). Successivamente si è indagata la presenza di pensieri intrusivi mediante l’utilizzo dell’Impact of Events Scale, adattata da Lepore & Greemberg (2002) per valutare gli effetti di una rottura sentimentale (e.g. “Ho pensato alla rottura anche quando non ne avevo intenzione”). Da ultimo è stato chiesto ai soggetti di indicare su base giornaliera se fossero entrati o meno in contatto con l’ex partner.

I risultati ottenuti indicano che coloro i quali cercavano di avere un contatto intimo con l’ex hanno anche riportato un attaccamento emotivo maggiore rispetto coloro che non lo avevano fatto. Inoltre, l’attaccamento verso l’ex risultava essere maggiore nei giorni in cui si riscontravano tentativi di approccio. In generale, la ricerca di un contatto intimo con un ex non sembrava essere associato ad una prospettiva di recupero peggiore: nella fattispecie non si sono riscontrate associazioni con pensieri intrusivi o sofferenza generalizzata, addirittura, nei giorni in cui si verificavano tentativi di approccio verso l’ex, i soggetti sperimentavano più emozioni positive che negative. Nel testare la direzionalità di questi risultati (è il tentativo di fare sesso che aumenta l’attaccamento emotivo all’ex o è un maggiore attaccamento emotivo percepito ad indurre un tentativo di approccio?) si è riscontrato come ad un tentativo di approccio sessuale non seguisse una traiettoria peggiore di recupero il giorno seguente. Allo stesso modo, lo sperimentare sensazioni più intense verso l’ex partner in un determinato giorno non è risultato un valido predittore per il tentativo di approccio sessuale il giorno seguente.

Somministrando ai soggetti un questionario a due mesi di distanza dalla rottura è stato possibile verificare come la traiettoria di ripresa dopo la separazione rimanesse sostanzialmente invariata e l’attaccamento emotivo riscontrasse un progressivo declino, a prescindere che vi fossero stati o meno tentativi di approccio sessuale nei confronti dell’ex partner. Inoltre si è riscontrato come coloro che alla survey preliminare avessero riportato un attaccamento emotivo maggiore a poca distanza dalla rottura avessero una probabilità 1,74 volte maggiore di tentare un approccio fisico con l’ex.

Tentativi di riavvicinamento e recupero post-rottura

Il secondo studio condotto da Spielmann, Joel e Impett ha avuto l’obbiettivo di determinare se al di là dei tentativi dei soggetti, il fatto di essere effettivamente riusciti ad avere contatti sessuali con l’ex partner potesse aver determinato un outcome peggiore in termini di recupero post rottura. Il tasso di successo che seguiva ai tentativi di approccio si è dimostrato essere estremamente alto (tra l’84 e l’89% di successo), in secondo luogo si è riscontrata un’associazione positiva tra l’attaccamento emotivo e l’approccio sessuale, intentato o effettivamente riuscito, trascendendo quindi la reazione dell’ex partner.

Con le dovute limitazioni, i due studi presentati sembrano raccontare una storia che smentisce la saggezza popolare: fare sesso con un ex non sembra, in definitiva, comportare una maggiore difficoltà nel recupero che segue ad una rottura sentimentale. Tuttavia studi futuri dovrebbero indagare se l’effetto nullo riscontrato sia da attribuirsi al fatto che i soggetti che tentano un approccio sessuale con gli ex possano non avere attivato l’obiettivo di vicinanza in contemporanea con quello di chiusura, oppure tali obiettivi potrebbero essere entrambi presenti ma non in conflitto tra loro. In sostanza questi soggetti potrebbero beneficiare della vicinanza con l’ex partner, come ad esempio già suggerito dai risultati ottenuti da Mason et al. (2012) che vedeva i partecipanti con minore accettazione nei confronti del proprio divorzio beneficiare maggiormente dall’approccio sessuale con l’ex, in un periodo altrimenti arduo per il benessere personale. Da ultimo, sono auspicabili ulteriori studi che possano cogliere il modificarsi di tale traiettoria di guarigione, in funzione ad esempio di una nuova relazione intrapresa dal soggetto o dall’ex partner, o in quei casi in cui si continui a rivolgersi sessualmente all’ex per un periodo superiore al lasso considerato nei presenti studi.

 

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