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Coinvolgimenti analitici con gli adolescenti. Sessualità, genere e sovversione – Recensione del libro

'Coinvolgimenti analitici con gli adolescenti. Sessualità, genere e sovversione' è l’ultimo libro di T. M. Brady, che affronta con semplicità temi scottanti

Di Angela Niro

Pubblicato il 26 Set. 2019

Transfert e controtransfert erotico, omofobia interiorizzata ed esteriorizzata, i movimenti sovversivi, gli stati di torpore e tutti quegli ideali eccessivamente rigidi, che possono presentarsi in adolescenza, sono affrontati, nel libro Coinvolgimenti analitici con gli adolescenti. Sessualità, genere e sovversione, nelle loro peculiarità limitanti il processo di crescita, ma anche nelle opportunità di sviluppo che nascondono

 

Coinvolgimenti analitici con gli adolescenti. Sessualità, genere e sovversione è l’ultimo contributo – edito da Astrolabio- di T. Mary Brady, psicoanalista dell’American Psychoanalytic Association, nonché docente presso il San Francisco Center for Psychoanalysis.

Con questo testo, che si presenta come il frutto di una scelta che punta all’essenziale, da qui la preferenza verso una struttura breve ad una più articolata, l’autrice sembra parlare al lettore con semplicità e sincerità di temi scottanti, scarsamente esplorati e complessi.

I punti focali della sua indagine analitica, infatti, che ad una prima impressione si colgono in maniera rapida, chiedono, tuttavia, al lettore di partecipare ad un esercizio di ripetuti richiami al fine di chiarirli, verificarli e consolidarli.

È nel suo sentire e in quello che può evocare nel lettore – di fronte a pagine di terapia che si lasciano guardare – che, a mio avviso, si dipana il suo intero lavoro.

La sua scelta, comunica una curiosità profonda verso l’adolescenza e un altrettanto profondo desiderio di condurre – chiunque sia disposto ad abbandonare i timori che essa solleva – verso territori ancora impervi del lavoro analitico e che proprio per tale ragione sarebbe importante conoscere e attraversare.

A tale scopo, il transfert e il controtransfert erotico, l’omofobia interiorizzata ed esteriorizzata, i movimenti sovversivi, gli stati di torpore e tutti quegli ideali eccessivamente rigidi, che possono presentarsi in adolescenza, sono affrontati nelle loro peculiarità limitanti il processo di crescita, ma anche nelle opportunità, se adeguatamente affrontati, di sviluppo che nascondono.

Uno spaccato su un periodo denso di sfide e trasformazioni, in cui l’adolescente è abitato da cambiamenti corporei, prorompenti pulsioni sessuali, stati di confusione e disorganizzazione, una tensione costante tra vecchio e nuovo, tra interno ed esterno, tra appartenenza e separazione, ambivalenza, ansie e sensi di colpa che lo impegnano nel compito di una nuova costruzione identitaria.

Nel lessico di Mary Brady, dunque, non si può fare a meno di notare concetti come sufficienza erotica, turbolenza adolescenziale al rovescio, sovversione, gremlin, che raccontano di un transito verso il mondo adulto per niente semplice; un mondo che poter essere scoperto richiede un avvicendarsi di generazioni in cui il vecchio deve essere messo da parte per lasciare posto al nuovo. Un processo sicuramente non privo di sensi di colpa e resistenze.

Di tutte le fasi evolutive l’adolescenza è quella in cui ci si impegna nella battaglia con il sesso e con l’identità, battaglia il cui esito può essere lo sviluppo, oppure varie forme di difesa (o anche di crollo) (Brady, 2019, p.43).

In tal senso, provando a seguire il discorso dell’autrice e percorrendo per prima la direzione dello sviluppo, ci troviamo dinanzi alla sovversione. Di quest’ultima sono esaltate le qualità positive, la messa in discussione dell’ordine familiare, la conoscenza delle sue peculiarità, l’accertamento della sua resistenza, ossia tutte quelle qualità favorevoli all’indipendenza. Viceversa, imboccando l’altra direzione, quella in cui l’adolescente si difende dal caos dell’adolescenza, è il ritiro dal trambusto emotivo a dominare il campo, nelle sembianze di uno stato letargico che va oltre la sua funzione protettiva. Oppure ancora, sono gli ideali virili, che non ammettono il fallimento – e che compaiono in maniera subdola – riportando alla luce le parti allontanate sotto forma di sintomi spiacevoli come l’insonnia, la balbuzie, l’impotenza, a minacciare il processo maturativo.

Nelle storie dei suoi pazienti, infatti, ci conduce a cogliere proprio lo spazio riservato a questi movimenti e a questi “intoppi”, come pure la sofferenza, i timori, le fantasie e i desideri che a essi si accompagnano. Frank, Mario, Laura, Evelyn, Adele, Luke, Evie, incarnano alcune delle difficoltà incontrate in adolescenza e affrontabili con il lavoro analitico. In esse, l’autrice segnala il ruolo giocato da un ambiente familiare poco contenitivo, disorientato e incapace di riconoscere i bisogni evolutivi del proprio figlio e di sapervi rispondere, ma ci presenta un ambiente – se aiutato adeguatamente – altrettanto idoneo a svolgere la sua funzione di sostegno.

Il suo spirito critico la conduce a non nascondere i limiti dell’indagine psicoanalitica, i retaggi nei confronti dei quali sarebbe necessario uno sguardo più profondo e innovativo e a rivolgere la sua attenzione verso quei contributi, direttamente nati per il lavoro con gli adolescenti e non, che ritiene utili e applicabili al lavoro individuale e con le famiglie.

Il caso di Mario, costituisce, infatti, un importante spunto di riflessione sui necessari passi in avanti da compiere per affrontare le difficoltà che riguardano lo sviluppo della sessualità e il modo in cui le variabili personali, familiari e culturali s’intrecciano indissolubilmente producendo una pericolosa omofobia che è doppiamente dolorosa, proprio perché interiorizzata e vissuta nel proprio ambiente.

L’immagine dell’analista che vuole veicolare è dunque quella di un professionista, ispirato e in accordo con la visione bioniana, che colloca al centro del suo lavoro la capacità negativa, la rêverie, una lettura dei significati multipli dei comportamenti dell’adolescente, il riconoscimento dell’importanza dell’autorità genitoriale, l’accoglienza della propria esperienza con le proprie parti adolescenziali, la possibilità di condurre il paziente verso una condizione di “sufficienza erotica”. In proposito ho trovato particolarmente significative le sue parole quando afferma:

L’analista di un bambino o di un adolescente è esposto a un fuoco nemico quasi continuo. Dobbiamo partecipare al gioco e reagire al comportamento, assorbire le emozioni e i ruoli veicolati nel campo analitico. Dobbiamo reagire al comportamento dentro e fuori dalle sedute, soprattutto con gli adolescenti. A volte siamo costretti e fare opposizione e porre limiti, cercando nel frattempo di conservare la capacità di pensare (Brady, 2019, p.109).

Se nei capitoli precedenti il pensiero di Bion si confonde con quello di altrettanti noti psicoanalisti, è negli ultimi due capitoli che è condensata la testimonianza del suo tentativo di conciliare il corpus bioniano con il lavoro psicoanalitico con gli adolescenti e in particolar modo, come lei stessa segnala, con le famiglie.

Più nel dettaglio, quest’ultima parte accoglie, dapprima una sintetica rassegna dei principali concetti di Bion: lo sviluppo del pensiero, la rêverie materna, il rapporto contenitore/ contenuto, il legame k, la trasformazione di elementi beta in alfa, poi una documentazione della possibile applicazione della teoria dei gruppi al lavoro con gli adolescenti e le loro famiglie.
In quest’ultimo capitolo, in particolare, si concentrano gli sforzi dell’autrice nel segnalare la rilevanza che riveste il lavoro con le famiglie proprio per il buon andamento del lavoro psicoanalitico individuale.

Benché l’adolescente possa aver bisogno di un trattamento individuale […] dobbiamo essere consapevoli del fatto che quando l’adolescente non servirà più da ricevitore di proiezioni patogene le ansie della famiglia rischiano di aggravarsi (Brady, 2019, p.130).

In altri termini, raccogliere informazioni sulle dinamiche familiari consente di riconoscere su quale tipo di funzionamento esse si reggano e il modo in cui poterle aiutare al meglio. È in questo modo che diventa possibile un impegno condiviso verso un funzionamento tipico dei gruppi di lavoro, dunque, proficuo per tutti. Questa è sicuramente la prospettiva migliore, ma va segnalato che passare da una condizione di –K a una di +K, conduce si ad una maggiore consapevolezza, ma anche a una quota di sofferenza che non tutti, in specifici momenti del percorso terapeutico, sono pronti ad accogliere e tollerare.

Svegliarsi dopo la puntura del fuso, come accade a Rosaspina nella fiaba dei fratelli Grimm, non appartiene solo all’adolescente, ma come la stessa Mary Brady segnala, può essere letto anche come passaggio proprio e necessario che coinvolge i genitori e a cui il lavoro analitico può condurre.

Per concludere, la prospettiva che l’autrice propone sembra segnalare una peculiarità del lavoro analitico con gli adolescenti che chiama l’analista a “stare dentro la cosa”. Si tratta di una propensione, a mio avviso, all’esplorazione, un penetrare con non troppo timore in territori mutevoli, dominati da movimenti progressivi e regressivi, movimenti transferali e controtransferali molto vivi, in cui l’atto, il silenzio e il corpo sono al centro della relazione e l’indefinizione cerca un ambiente contenitivo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brady, M., T. (2019). Coinvolgimenti Analitici con gli adolescenti. Sessualità, genere, e sovversione. Roma : Astrolabio.
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