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La retribuzione emotiva: un modo per fidelizzare i talenti in azienda

Retribuzione emotiva: si va oltre la mera ricompensa economica, garantendo al lavoratore delle condizioni di lavoro che soddisfano anche altri bisogni

Di Concetta Papapicco

Pubblicato il 09 Mag. 2019

Aggiornato il 12 Giu. 2019 12:15

Il Primo Maggio si celebra, come ogni anno, i lavoratori, ricordando le battaglie operaie per uno dei diritti fondamentali: l’orario di lavoro. Ma, nell’attuale contesto lavorativo flessibile, legato anche ai grandi progressi tecnologici, il lavoratore si trova a dover combattere una nuova battaglia, ovvero la ricerca e il mantenimento di un impiego.

 

In questo clima di “liquidità” (Bauman, 2002) professionale, il lavoratore diventa unico responsabile della propria carriera, investendo, quindi, su cambiamenti e transizioni geografiche e di mansioni, che lo porterebbero ad abbandonare il contesto organizzativo per cui lavora.

Retribuzione emotiva ed economica: cosa serve alle persone al lavoro

Qual è l’esito inevitabile per le aziende in queste situazioni? La possibilità di perdere un “talento”. Il talento non è sempre qualcosa di misurabile o oggettivo, ma può essere definito come

un modello ricorrente di pensiero e atteggiamento che può essere messo in pratica in modo produttivo (Bellandi, 2006).

In base a questa logica, quindi, risulta difficile pensare che la retribuzione economica rimanga la privilegiata forma di fidelizzazione del lavoratore talentuoso del Terzo Millennio.

Nella letteratura scientifica in psicologia del lavoro e delle organizzazioni, infatti, si stanno sempre più diffondendo filoni di ricerca che si basano su nuovi costrutti di gestione delle risorse umane, tra cui quello dell’intelligenza emotiva-EI (Salovey & Mayer, 1990; Goleman, 1994) a lavoro. Gli autori definiscono l’EI come quella capacità di (ri)conoscere i sentimenti e le emozioni proprie ed altrui, di distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per pensare e agire. Daniel Goleman (1994) individua le componenti fondamentali dell’intelligenza emotiva, distinguendo:

  1. La consapevolezza di sé, cioè la capacità di raggiungere obiettivi partendo dalle proprie emozioni;
  2. Il dominio di sé, ovvero la capacità di utilizzare le proprie emozioni per uno scopo;
  3. La motivazione, vale a dire la capacità di comprendere il motivo reale che spinge all’azione;
  4. L’empatia, quella capacità di comprendere gli stati emotivi e le azioni altrui;
  5. Le abilità sociali, cioè la capacità dello stare insieme agli altri comprendendoli.

Retribuzione emotiva: come fidalizzare le persone in azienda

Invero, sulla base di questo costrutto e delle sue componenti sta emergendo una nuova concezione di fidelizzazione dei talenti, che mira a porre l’attenzione sul lavoratore in quanto persona e non più come risorsa produttiva, generando ciò che è stata definita retribuzione emotiva (Poelmans, 2005). Con la retribuzione emotiva si va oltre quella che è una mera ricompensa economica, garantendo al lavoratore:

  1. Un ambiente di lavoro accogliente e stimolante;
  2. Un contesto in cui si investa in formazione e acquisizione della competenze tecniche e trasversali;
  3. Un luogo dove poter coltivare relazioni tra pari e tra colleghi di status differente;
  4. Orari compatibili con la vita privata;
  5. Sviluppare il proprio talento.

Infine, le potenzialità di questa prospettiva risiedono non solo nel fornire alle aziende delle strategie per fidelizzare un lavoratore, ma anche nel restituire a quest’ultimo un certo grado di dignità, che in molte occasioni, come la svalutazione professionale o il precariato, poiché si tede a dimenticare il lato Umano della risorsa.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bauman, Z. (2002). La solitudine del cittadino globale (Vol. 287). Feltrinelli editore.
  • Bellandi, G. (2006). Il talento del leader. Crescere nella vita professionale e personale attraverso una leadership etica e responsabile (Vol. 640). FrancoAngeli.
  • Goleman, D. (1994). Intelligenza Emotiva che cos'è e perché può renderci felici. Rizzoli editori.
  • Poelmans, S. A. (2005). Work and family: An international research perspective. Psychology Press.
  • Salovey, P., & Mayer, J. D. (1990). Emotional intelligence. Imagination, cognition and personality, 9(3), 185-211.
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