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Ortoressia nervosa: quali i fattori di rischio?

Ortoressia nervosa: l'Università di York ha effettuato una review sui fattori di rischio di questa patologia al confine tra disturbo alimentare e OCD

Di Giulia Giribono

Pubblicato il 28 Mag. 2019

Aggiornato il 26 Giu. 2019 10:57

Nel corso degli ultimi anni l’attenzione rispetto al tema dell’alimentazione è progressivamente aumentata, portando una parte più ampia della popolazione ad interrogarsi più frequentemente sulla qualità della propria dieta.

 

Il mantenimento di un’alimentazione sana ed equilibrata è infatti uno degli elementi fondamentali per il raggiungimento di uno stile di vita salutare. Questo tipo di preoccupazione può però portare in alcuni casi ad esiti dannosi sul piano fisico e sociale.

Ortoressia nervosa: disturbo dell’alimentazione o ossessivo-compulsivo?

L’ ortoressia nervosa (ON), descritta per la prima volta dal medico Steven Bratman (1997), è una condizione caratterizzata da un’ossessione patologica rispetto all’assunzione di solo cibo sano. Contrariamente alle persone affette da anoressia nervosa (AN), il pensiero prevalente non è la forte restrizione di apporto calorico in vista del mantenimento di un basso peso corporeo, ma la qualità e la preparazione del cibo assunto. L’obiettivo principale per coloro che riportano questa condizione è il raggiungimento di un senso di purezza e salute, che porta ad una restrizione progressiva degli alimenti considerati sani, arrivando in alcuni casi alla completa eliminazione di alcuni gruppi alimentari (es. carne, pesce, latticini, uova) o di alimenti considerati dannosi per la salute (es. farinacei contenenti glutine, alimenti non biologici).

Tale comportamento risulta causa frequente di perdita di peso e malnutrizione. Inoltre, coloro che riportano ortoressia nervosa impiegano una parte sempre maggiore del proprio tempo nell’acquistare, pianificare e preparare pasti equilibrati e sani, comportamento che può diventare interferente rispetto ad altre aree di funzionamento, impattando sulla loro qualità di vita. Queste persone arrivano inoltre ad evitare progressivamente situazioni che comportano il dover mangiare con gli altri, andando ad inficiare l’ambito relazionale. L’ ortoressia nervosa è una condizione emersa recentemente, di difficile definizione in termini clinici: è infatti in corso una discussione rispetto alla sua definizione come disturbo dell’alimentazione o come una specifica forma di disturbo ossessivo-compulsivo, e quindi non è stata ancora inclusa all’interno dei principali manuali diagnostici, come l’ICD-10 e il DSM-5.

Ortoressia nervosa: la review sui fattori di rischio

L’università di York ha recentemente effettuato una prima review esaustiva volta ad individuare quali possano essere i principali fattori psicosociali predisponenti allo sviluppo di ortoressia nervosa. L’obiettivo principale della ricerca è stato di esaminare criticamente i risultati emersi da ricerche che abbiano analizzato i fattori psicosociali associati positivamente all’ ortoressia nervosa, determinando la natura delle dinamiche psicopatologiche a essa sottostanti e offrendo spunti per future ricerche di approfondimento. La review è stata condotta analizzando tutti gli articoli pubblicati sull’ ortoressia nervosa fino al 31 dicembre del 2018 su due importanti database (PsycINFO e MEDLINE/Pubmed). I dati sono poi stati confrontati e amalgamati, evidenziando i fattori psicosociali predisponenti allo sviluppo di tale condizione emersi più frequentemente in studi considerati validi dal punto di vista metodologico.

La review di McComb e Mills ha messo in luce che i fattori psicosociali associati positivamente all’ ortoressia nervosa sono risultati la presenza di una storia pregressa di disturbi dell’alimentazione, di tratti ossessivo-compulsivi, di pensieri negativi e di preoccupazioni rispetto alla propria immagine corporea, di tendenza al perfezionismo, di un regime dietistico e di motivazione al raggiungimento di uno stato di magrezza. L’importanza di questo studio risiede nella possibilità di un migliore riconoscimento e di prevenzione di tale condizione, la gravità e la presenza della quale vengono spesso sottostimate da coloro che lavorano in ambito sanitario.

La differenza tra una pianificazione equilibrata della propria alimentazione e un’ossessione patologica rispetto all’assunzione di cibo sano può infatti non essere immediatamente evidente, portando alla mancata rilevazione di una condizione di disagio significativo. Risulta quindi importante sottolineare che il mantenimento di una dieta sana ed equilibrata può essere un comportamento che, se attuato con modalità rigide e portate all’estremo, può essere malsano.

 

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