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Avere memoria di un’esperienza mai vissuta

Una sorprendente ricerca mostrerebbe come sia possibile innestare una memoria artificiale contenente eventi non vissuti realmente..

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 15 Mag. 2019

Veniamo al mondo con una cassetta degli attrezzi tale che, dalla nascita, per tutta la nostra esistenza, possiamo apprendere e rispondere prontamente ed efficacemente agli stimoli ambientali esterni..

In stretta associazione all’apprendimento vi è un altro “attrezzo” che ci consente di sopravvivere: la memoria ovvero la capacità di codificare, immagazzinare e recuperare associazioni, precedentemente apprese, tra stimoli esterni ed eventi emotivamente salienti sia di natura appetitiva che avversiva.

Memoria: ci consente di sopravvivere

Per poter sopravvivere nell’ambiente infatti qualsiasi animale ed essere umano ha necessità di ricordare, cioè di recuperare informazioni preziose sulle esperienze passate simili o riconducibile a quella attuale e qual è stata la risposta adattiva e funzionale in quella circostanza; queste informazioni sono fondamentali a rispondere all’ambiente in modo adeguato (Josselyn, Köhler & Frankland, 2015).

In questa prospettiva, l’esperienza che facciamo del mondo esterno e che poi viene immagazzinata sembrerebbe essere costituita, nelle forme più semplici, da associazioni stimolo-risposta contigue temporalmente, nelle quali è presente uno stimolo condizionato (CS) legato ad uno stimolo incondizionato (US) che danno origine ad una “traccia”, conservata in memoria, che guida scelte e comportamenti futuri promuovendo rispettivamente evitamenti o ricerca degli stimoli (Johansen, Cain, LeDoux et al., 2011).

Gli studi sui processi mnestici, tramite innovative e recentissime metodologie di imaging, elettrofisiologia e optogenetica, hanno nel corso del tempo identificato con una sempre maggior precisione sia le componenti chiave delle tracce di memoria, i circuiti e le aree cerebrali sottostanti, sia quei pattern di attività neuronale che corrispondono e realizzano nel cervello una determinata esperienza (Tonegawa, Liu, Ramirez et al., 2015).

Pertanto, dato il livello attuale e dettagliato di comprensione circa la localizzazione, la formazione, la codifica delle memorie, potrebbe essere di conseguenza possibile modulare i processi mnestici e impiantare, ad esempio, in modo artificiale la memoria di un evento di cui non si è mai avuta esperienza diretta.

Memoria: è possibile crearne una su eventi mai successi?

Utilizzando il paradigma classico di condizionamento in associazione a tecniche di stimolazione elettrica intracranica e di optogenetica, Vetere, Josselyn, Frankland e colleghi del Program in Neurosciences and Mental Health all’Hospital Sick for Children e del dipartimento di fisiologia, psicologia e scienze mediche dell’Università di Toronto, nella loro ricerca recentemente apparsa su Nature Neuroscience, hanno stimolato precise zone del sistema olfattivo dei topi innestando un condizionamento artificiale a seguito del quale gli animali hanno messo in atto rispettivamente comportamenti di ricerca e di evitamento nei confronti di un odore neutro mai realmente annusato.

Al fine di innestare la memoria di un odore, è stato necessario adottare due criteri: il primo ha previsto che l’apprendimento dell’associazione tra odore (CS) e il rinforzo o la punizione (US) avvenisse interamente a livello intracranico, tramite cioè diretta stimolazione elettrica cerebrale; il secondo che fosse dimostrata la presenza della memoria innestata attraverso la successiva presentazione di un cue esterno “reale” legato all’associazione appresa artificialmente, in modo tale da osservare nel comportamento del topo il contenuto dell’informazione immagazzinata costituita dall’associazione stimolo risposta “appresa”.

La scelta di utilizzare come cue reale un odore è giustificata dal fatto che l’organizzazione anatomica del sistema olfattivo dei topi è stereotipata e semplice, tale da facilitare la somministrazione di stimolazioni elettriche in specifiche popolazioni di neuroni olfattivi.

Inoltre, nel sistema olfattivo dei topi esistono popolazioni di neuroni che sono selettivamente preposte alla codifica di odori neutri precisi come l’acetofene e il carvone.

Memoria: i risultati della ricerca

Innanzitutto i ricercatori hanno condizionato i topi per la formazione di una reale memoria olfattiva associando l’acetofene ad un moderato shock elettrico tramite addestramento: come atteso, durante la fase di test, i topi realmente condizionati hanno evitato la porzione della gabbia intrisa di acetofene e tendevano a spostarsi verso l’angolo in cui era presente l’altro odore neutro.

A questo punto, per investigare se fosse possibile sostituire la presentazione reale dell’acetofene con una diretta stimolazione elettrica, i ricercatori l’hanno somministrata nell’area neuronale olfattiva disposta nell’epitelio nasale, composta da popolazioni di neuroni che si attivano specificatamente per l’acetofene, trovando che, nonostante questi topi non fossero stati realmente condizionati ed esposti all’acetofene, hanno mostrato i medesimi comportamenti di evitamento nei confronti di quest’odore come osservato nel gruppo di topi precedente.

Per quanto riguarda l’innesto di una memoria appetitiva e la determinazione nei topi di un comportamento di approccio nei confronti dell’acetofene, è stata somministrata la medesima procedura sperimentale di condizionamento classico, nella quale però è stata modificata l’associazione tra odore e stimolo avversivo sostituito ora con una ricompensa di cibo.

Gli effetti della procedura si sono rivelati i medesimi: nel gruppo di topi che non aveva avuto esperienza reale dell’odore ma solo la stimolazione, si sono osservati comportamenti di approccio e di ricerca dell’acetofene.

Memoria: in futuro avremo quella artificiale?

Questo straordinario studio (Vetere, Josselyn, Frankland et al., 2019) ha evidenziato come sia possibile bypassare interamente l’esperienza sensoriale reale e impiantare nei topi una memoria artificiale attraverso una diretta stimolazione e modulazione elettriche di specifiche aree e circuiti cerebrali, in parte sovrapposti e che possono quindi produrre segnali neurali associati sia all’evitamento che alla ricerca, che controllano riflessi motori condizionati in popolazioni di roditori coscienti e attivi.

Tuttavia persistono delle questioni ancora aperte in particolare sulla natura stessa dell’ “esperienza” che costituisce la traccia di memoria: può infatti una mera stimolazione di neuroni olfattivi indurre una sensazione olfattiva per come la conosciamo, sia piacevole che spiacevole?

E ancora: se fosse possibile riproporre anche negli umani le medesime procedure, potremmo considerare la mera attivazione neurale come un’esperienza tout court in assenza della percezione consapevole di uno stimolo fisico esterno?

E se anche riuscissimo a fare questo, quali potrebbero essere le implicazioni del poter scegliere semplicemente di dimenticare ciò che è stato troppo doloroso e sostituirlo con qualcosa di più piacevole?

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Johansen, J. P., Cain, C. K., Ostroff, L. E., & LeDoux, J. E. (2011). Molecular mechanisms of fear learning and memory. Cell, 147(3), 509-524.
  • Josselyn, S. A., Köhler, S., & Frankland, P. W. (2015). Finding the engram. Nature Reviews Neuroscience, 16(9), 521.
  • Tonegawa, S., Liu, X., Ramirez, S., & Redondo, R. (2015). Memory engram cells have come of age. Neuron, 87(5), 918-931.
  • Vetere, G., Tran, L.M., Moberg, S., Steadman, P.E., Restivo, L., Morrison, F.G., Ressler, K.J., Josselyn, S.A., Frankland, P.W. (2019). Memory formation in the absence of experience. Nature Neuroscience. doi.org/10.1038/s41593-019-0389-0
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