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Corpo, Immaginazione e Cambiamento. Terapia Metacognitiva Interpersonale (2019): quella nota, incomprensibile idea dell’integrazione mente-corpo – Recensione del libro

Corpo, Immaginazione e Cambiamento racconta come il cambiamento terapeutico non possa che procedere dall’integrazione tra mente e corpo.

Di Simone Cheli

Pubblicato il 20 Mag. 2019

Aggiornato il 29 Mag. 2019 12:38

Il libro Corpo, Immaginazione e Cambiamento descrive il razionale e le modalità di utilizzo delle tecniche immaginative, corporee e drammaturgiche nel corso di una psicoterapia condotta secondo l’approccio della Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI).

 

Per chi, come chi scrive, è nato professionalmente nuotando tra le rive del Costruttivismo Radicale e della Terza Onda della CBT, quel costrutto apparentemente univoco ed ostinatamente ripetuto di mente-corpo è parte del lessico quotidiano. Se ad un congresso di Costruttivismo Radicale, Cibernetica (o di altri ambiti con nomi esotici quali Enactivism, Autopoiesis, etc.) si rischia un vero e proprio linciaggio nell’utilizzare termini dualistici, la Terza Onda mostra una maggiore indulgenza che fa coesistere nei medesimi rendez-vous posizioni che spaziano da un comportamentismo duro e puro in cui relazione è una parolaccia a monaci zen invitati a simposi sul ruolo del silenzio in psicoterapia.

La cosa che lascia spesso basito chi cammina tra questi variopinti raduni è la ricorrente assenza di un trait d’union tra rigorose dissertazioni sullo sviluppo di un’epistemologia monistica seppur in assenza di alcuna tecnica coerente e l’affollarsi di pratiche corporee, immaginative ed esperienziali senza il ben che minimo razionale teorico sul funzionamento del paziente!

Tutto questa lunga digressione per introdurre la mia decisione di recensire il nuovo libro di Dimaggio, Ottavi, Popolo e Salvatore (2019): Corpo, Immaginazione e Cambiamento. Il primo e più rilevante giudizio che posso formulare su questo testo è infatti l’offrire al lettore italiano (e prossimamente anglofono) un tentativo coerente, rigoroso e dettagliatissimo di come il cambiamento terapeutico non possa non procedere lungo la via dell’integrazione mente-corpo. Che detta così sembra un’ovvia banalità, ma che poi quanto uno si cimenta… le cose sfuggono sempre di mano! Perché è facile parlare di mente-corpo, altra cosa è avere una concettualizzazione psicopatologica adeguata e delle tecniche con questa coerenti. L’escamotage che va per la maggiore negli ultimi anni è quello di una dimensione transdiagnostica che venga appunto basata sull’integrazione mente-corpo e chiuderla lì. E se consideriamo come il gruppo del Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale di Roma avesse sin dalla sua fondazione già pronto un fattore generale di psicopatologia (i.e. metacognizione; Dimaggio & Lysaker, 2010), appare ancora più apprezzabile lo sforzo di andar oltre e dar seguito a quel presupposto di integrazione di cui sopra.

Cosa ci racconta il libro Corpo, Immaginazione e Cambiamento

Ma procediamo con ordine. Rispetto alla prima formulazione manualizzata della TMI (Dimaggio, Montano, Popolo & Salvatore, 2013) possiamo intuire un lungo ed accurato lavoro di affinamento che è proceduto in parallelo alla pubblicazione di studi su casi singoli e randomizzati (Gordon-King, Schweitzer & Dimaggio, 2018; Popolo et al., 2019). Probabilmente alla incrementata chiarezza e rigore espositivo ha contribuito anche il lavoro di strutturazione della formazione alla TMI ed i molti corsi condotti.

La TMI 2.0 guida infatti il lettore a capire come lo schema interpersonale maladattivo porti allo sviluppo di schemi di coping e quindi al mantenimento dei sintomi. Al contempo la descrizione della procedura decisionale per le due macro-sezioni della formulazione condivisa del caso e della promozione del cambiamento non solo è stata approfondita, ma soprattutto viene declinata in oltre 450 pagine di tecniche, interventi e concettualizzazioni basate su una costante integrazione mente-corpo.

Per la gioia dei futuri lettori anglosassoni (e non solo) il libro Corpo, Immaginazione e Cambiamento include anche un capitolo introduttivo sulla descrizione del razionale e delle modalità di conduzione delle tecniche immaginative, corporee e drammaturgiche ed uno conclusivo sulle sequenze di tecniche da usare nel corso di una psicoterapia.

In molti libri di psicoterapia troviamo le pratiche esperienziali o come una sorta di addenda che gli autori concedono alle mode contemporanee o come una procedura di extrema ratio quando tutto il resto non ha portato ai risultati attesi. Ed al contempo molti approcci primariamente esperienziali si chiudono spesso in se stessi credendosi la panacea di ogni male. Ecco il libro scritto da Dimaggio e colleghi presume o meglio incarna pienamente l’idea di un’integrazione tra mente e corpo. Per cui se il monitoraggio del paziente già in prima seduta appare limitato e limitante per quell’esperienza condivisa chiamata terapia, il corpo e l’immaginazione possono dar subito un valido contributo.

Leggendo ed ascoltando gli autori di Corpo, Immaginazione e Cambiamento emerge come la TMI 2.0 sia nata da continui tentativi, prove ed errori discussi e condivisi all’interno dell’équipe, con esperti di altri approcci ed orientamenti e con i pazienti stessi. Appare chiaro come la revisione della procedura sia il risultato di un processo bottom-up (simile a quello proposto ai pazienti) in cui l’ispirazione sta nell’esperienza terapeutica vissuta piuttosto che nella riflessione teorica elucubrata.

Verrebbe da dire che l’ideale di paziente a conclusione di una terapia come descritto dagli autori sia anche l’ideale di psicoterapeuta:

una persona che preferisce incuriosirsi all’esperienza vissuta invece che rimanere intrappolata in scenari mentali; che si rassicura il giusto e lascia ampio spazio all’esplorazione (Dimaggio et al., 2019, p. 442).

Pertanto, da lettore, mi auguro che questo non sia il manuale definitivo, quanto piuttosto un ottimo punto di partenza per future esperienze.

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