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Inaugurazione della sede di Studi Cognitivi San benedetto del Tronto – 1 marzo 2019

La sede di Studi Cognitivi di San Benedetto del Tronto ha formato in questi anni oltre 250 psicoterapeuti attivi sul territorio e molto apprezzati.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 04 Mar. 2019

Il primo marzo 2019 è stata ufficialmente inaugurata, alla presenza del sindaco Pasqualino Piunti di San Benedetto del Tronto, la nuova sede di Studi Cognitivi, che opera ormai da quasi un ventennio nelle Marche producendo cultura psicologica per tutto il territorio ed eventi formativi di rilievo nazionale e internazionale.

 

La sede di Studi Cognitivi di San Benedetto del Tronto ha formato in questi anni oltre 250 psicoterapeuti, provenienti da diverse regioni (principalmente Marche, Abruzzo, Puglia) che operano nei servizi pubblici, dove risultano molto apprezzati, e nel centro clinico privato gestito da Studi Cognitivi coordinato della capo sede della scuola, la Dott.ssa Clarice Mezzaluna, che è stata in tutti questi anni la vera artefice della sfida che sembrava folle, ed invece si è dimostrata lungimirante, della Dott.ssa Sandra Sassaroli, fondatrice e direttrice di un network di scuole di psicoterapia cognitiva che raccoglie attualmente 600 allievi.

Ai saluti delle autorità (il Sindaco e i Presidenti deli ordini professionali degli Psicologi delle Marche e Abruzzo) è seguita una tavola rotonda sul tema “Salute mentale, territorio e psicoterapia” cui hanno partecipato il Dott. De Berardis (DSM Teramo), il Dott. Giri (DSM Area Vasta5), il Dott. Valchera (Clinica San Giuseppe di Ascoli Piceno), la Dott.ssa Palmieri (DSM Area Vasta4), il Dott. Pincherle (Neuropsichiatria Infantile di Macerata) e la Dott.ssa Sassaroli.

Personalmente temevo un tono celebrativo, complimentoso e formale e per questo non mi ero neppure portato la penna per prendere appunti il che mi impedisce un resoconto dettagliato delle relazioni che invece, per il loro interesse e attualità, proporrei che la Dott.ssa Mezzaluna chiedesse ai partecipanti per raccoglierne in una breve pubblicazione.

Due sono gli aspetti che mi hanno più colpito e fatto rimpiangere la mancanza di un registratore.

In primo luogo la visione dinamica, in quanto tutti hanno sottolineato il cambiamento delle patologie che afferiscono ai servizi sanitari e il progressivo abbassarsi dell’età degli esordi, il che richiede un ripensamento delle categorie mentali e delle prassi operative che hanno caratterizzato il tempo quarant’anni fa della chiusura dei manicomi e della nascita della psichiatria territoriale.

Il secondo aspetto, ancora più importante e motivo, per me, di grande ottimismo è il concetto di integrazione e cooperazione a tutti i livelli per il superamento di tutte le separazioni artificiali che hanno ostacolato in questi decenni il buon funzionamento del sistema curante, che funzioni come una orchestra ben accordata sotto la direzione del dipartimento di salute mentale. Per questo tutti hanno ribadito con forza che vanno integrate le forze di pubblico e privato, superate le distinzioni tra neuropsichiatria infantile e psichiatria adulti e tra dipendenze e salute mentale, e rafforzate le sinergie tra le diverse professionalità (medici, psicologi, assistenti sociali, operatori della riabilitazione e infermieri) perché solo uno sforzo comune arricchito dalle diverse prospettive delle diverse scuole di psicoterapia può garantire una migliore prevenzione e cura che garantisca un miglioramento della salute mentale complessiva della popolazione.

Da ex direttore di dipartimento di salute mentale mi è capitato più volte di presenziare a dibattiti su temi analoghi ma mai avevo sentito tale lucido approfondimento, concretezza e soprattutto un così forte accordo sulle priorità. Si aveva proprio l’impressione di non assistere all’esibizione di prestigiosi solisti ma al concerto di un coro molto affiatato.

Al termine della giornata di inaugurazione della nuova sede di Studi Cognitivi di San Benedetto del Tronto, ho avuto la tentazione di mettere in atto la cosiddetta “soluzione viterbese”, quella del conclave del 1271, in cui i cardinali furono chiusi nel palazzo dei papi e poi, passati tre anni, quando i viterbesi si stufarono di mantenerli ma non potendo violare le porte chiuse “cum clave” smontarono il tetto per esporli alle intemperie il che favorì un rapido accordo per l’elezione di Gregorio X. Ecco io sono convinto che se ieri avessimo chiuso tutti i partecipanti ma senza il ricco buffet, sarebbero usciti di lì a poco con un patto-progetto per la salute mentale nelle Marche che potrebbe essere un modello per un aggiornamento della legge 180 e della 833.

 

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