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Il suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti (2018) – Recensione del libro

'Il Suono. L'esperienza uditiva e i suoi oggetti' tratta dell'esperienza uditiva nel suo complesso, tentando di analizzare cosa accade quando ascoltiamo

Di Eleonora Natalini

Pubblicato il 14 Feb. 2019

Il libro Il suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti suggerisce già dal titolo l’idea di una complessità maggiore di un semplice ascolto nella percezione che abbiamo dei suoni.

 

Lavoro da anni con pazienti che hanno acufeni. Sentono un fischio, un ronzio. È a destra, a sinistra o al centro della testa. Localizzano il suono nello spazio. Ma poi.. è un problema dell’apparato uditivo o un danno nella testa? Hanno un problema all’orecchio o il loro sistema nervoso sta impazzendo?

I pazienti non identificano la fonte. E il più delle volte nemmeno gli esperti sono in grado di farlo. È forse questo che spaventa? Il non sapere da dove proviene? Il suono ci offre informazioni per la sopravvivenza, adattive, ci aiuta a localizzare il pericolo e a metterci in salvo. Nel libro Il suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti di Di Bona e Santarcangelo, gli acufeni vengono citati a proposito della percezione indiretta delle fonti. In questa ottica “il suono è un’entità soggettiva, privata e “distaccata” dal mondo materiale”. Teoria interessante e azzeccata per gli acufeni perché appunto sono essenzialmente un’esperienza soggettiva e forse proprio per questo piuttosto scomoda e frustrante per le persone che ne soffrono.

Ma, acufeni a parte, nella vita quotidiana cosa succede quando ascoltiamo? Gli autori del libro Il suono cercano di rispondere anche a tale domanda in questo testo piuttosto complesso in quanto l’esperienza uditiva viene descritta da un punto di vista filosofico, a tratti metafisico, a volte neuroscientifico e psicoacustico. Un po’ di confusione arriva per chi non è pratico.

Il suono come “esperienza uditiva”

Di Bona e Santarcangelo, a partire dalla spiegazione del processo uditivo da parte di Albert Bregman e di James Gibson, strettamente ancorata alla realtà quotidiana (vedi ad esempio gli studi sugli everyday sounds), arrivano a descrivere l’esperimento mentale di Strawson del No Space World, un mondo uditivo senza coordinate spaziali. Un viaggio cognitivo piuttosto impegnativo per il lettore. Alla fine del libro Il suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti ho le idee piuttosto confuse, non so più che fine abbia fatto nella mia testa Hero, abitante e soggetto ascoltatore del No Space World, ma rifletto ancora sull’acustica ecologica e sulla funzione che esercita l’attenzione nella percezione della fonte sonora.

A tal proposito non posso non pensare alla misofonia e cioè l’intolleranza verso determinati suoni come la masticazione o l’abbaiare dei cani. In questo caso la mente dei soggetti ha registrato quei suoni come “minacciosi”? Ed è per questo che le persone tendono a notarli di più rispetto ad altre che non soffrono di misofonia? Quei suoni sono raggruppati in schemi che identificano una sorta di “pericolo”? Sarebbe interessante capire il punto di vista degli autori a tal proposito così come nei casi di disturbo da stress post-traumatico in cui un determinato suono può riportare alla mente (e al corpo) un trauma. La relazione suono-tempo, descritta nel quarto capitolo, ci dice anche questo: la percezione del suono guarda al futuro per soddisfare la sua funzione adattiva, ma per farlo ha bisogno di tenere a mente il passato. Se un paziente da piccolo sentiva il padre rientrare a casa e sbattere contro i mobili della sala da pranzo sapeva che era ubriaco. Quando era ubriaco spesso lo picchiava. Sentire quei suoni preparava il bambino a quello che molto probabilmente sarebbe accaduto. Localizzava il padre nello spazio e nel tempo “lo sento, sta arrivando”. Sentirli ancora oggi allerta l’adulto che ha registrato nella mente quell’associazione, quello schema.

Trovo per questo appropriata la definizione di “esperienza uditiva” nel sottotitolo del libro perché dà l’idea di una complessità maggiore di un semplice ascolto. Assistere ad un concerto del nostro cantante preferito o ascoltare la voce dell’amato o dell’amata al telefono sono esperienze complesse che non possono essere descritte con una semplice elencazione di frequenze, vibrazioni, toni, volumi. Osservo Enea, il bulldog francese di mia sorella. Lei apre il cancello di casa e lui subito corre alla porta. Abbaia, si agita, freme e attende di vederla. Ha riconosciuto i passi. Ha registrato il suono della sua camminata. La vede, le salta addosso. Anche per lui quella sequenza di suoni è qualcosa di più.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Di Bona, E., Santarcangelo, V. (2018) Il suono: l'esperienza uditiva e i suoi oggetti. Raffaello Cortina Editore
 
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