expand_lessAPRI WIDGET

Larsen di Caparezza: e il tuo acufene come lo chiami?

Larsen, con il video uscito a maggio, fa parte dell'album Prisoner 709 di Caparezza. Nel testo e nelle immagini, molto potenti, il cantante racconta la tortura quotidiana dell'acufene.

Di Eleonora Natalini

Pubblicato il 22 Giu. 2018

A maggio è uscito il video del singolo Larsen di Caparezza nel quale si chiarisce brillantemente cosa significa avere un acufene: una sorta di volatile, il manachino delizioso, che produce un fischio acuto con il movimento delle ali e che ci segue costantemente ovunque andiamo. Uno stalker insomma.

La canzone è uscita ormai da un anno circa nell’album Prisoner 709, disco che parla di una crisi d’identità, di contrapposizioni, di una crisi di certezze. Crisi sbocciata nel 2015 a seguito dell’insorgenza appunto dell’acufene (fruscio, fischio o simili che percepiamo all’interno dell’orecchio). Il numero 7 sta per Michele (nome dell’artista) mentre il 9 per Caparezza, lo 0 rappresenta la scelta continua: Michele o Caparezza? E nei vari capitoli dell’album si gioca tra due scelte sempre utilizzando termini con lo stesso numero di lettere, 7 e 9. La canzone Larsen va ad inserirsi nel capitolo Tortura nel quale si gioca sulla contrapposizione Perdono o Punizione.

Larsen: acufene come tortura per una colpa

Spesso ho sentito i pazienti affetti da acufene descrivere quello che stavano passando con il termine tortura. La tortura è prolungata nel tempo. Caparezza alla lettura dei forum dei pazienti acufenizzati ha sentito la pressione dell’eternità, del “per sempre”, quando ha letto “l’acufene non andrà mai più via”. Condannato all’ergastolo, per tornare alla metafora del prigioniero. E l’ergastolo e la tortura non rappresentano una punizione per ciò che abbiamo fatto? Michele è stato punito per essere entrato nel mondo della musica, per aver divorato album? Per aver assistito e fatto lui stesso concerti? In un’intervista dice di aver pensato:

possibile che io dovevo fare questo mestiere per arrivare a questa tortura?

“Perché è successo a me?” spesso i pazienti si fanno questa domanda. Nel testo della canzone ad un certo punto Caparezza dice che lo specialista gli dice

parla con l’orecchio chiedi scusa

perché se hai fatto qualcosa di sbagliato almeno cerchi di rimediare. Ma spesso anche se chiedi perdono in galera ci rimani. Il danno è fatto. E per quanto riguarda l’acufene in caso di trauma acustico rimediare è difficile, a volte impossibile. Ancora ricordo un paziente con acufene a seguito dell’esposizione sotto cassa ad un concerto. Non riusciva a perdonarsi per essere andato a quella serata.

Acufene: Caparezza ce lo descrive in Larsen

L’acufene, come la malattia mentale, non si vede. Non si ha una ferita, un’invalidità visibile. Per gli altri è difficile capire. Nel video questo concetto è espresso in maniera geniale quando mostrano un’intervista di Caparezza con l’uccello/acufene a suo fianco e poi l’immagine si allarga e viene mostrata l’intervista come la vedono gli spettatori dietro la camera da presa: il manachino delizioso non è visibile.

Nel testo della canzone vengono elencate tutte le maggiori difficoltà che affrontano le persone a seguito dell’insorgenza del tinnito. Problemi del sonno, difficoltà a percepire i suoni esterni, pensiero fisso (“primo pensiero al mattino l’ultimo prima di buttarmi giù dal terrazzo”) solo sull’acufene che cerca la nostra attenzione come quando si fischia ai taxi per chiamarli, “calo d’autostima” con depressione, rabbia e difficoltà di concentrazione. Poi la sofferenza per la mancanza di silenzio (bellissima la frase: “il suono del silenzio a me manca più che a Simon e Garfunkel”) e le difficoltà che si affrontano nella vita quotidiana tipo andare al cinema e, in particolare per i musicisti come Michele, non poter ascoltare la musica come prima.

Caparezza: le visite mediche per sconfiggere l’effetto Larsen

Un altro punto decisamente importante, descritto molto bene, è l’inizio delle visite mediche con analisi ed esami vari. In genere le persone con acufene acuto si rivolgono a tantissimi specialisti per far passare il disagio, per vederlo sparire, proprio come desidera anche Caparezza. E il più delle volte vengono deluse con la frase tipica “te lo devi tenere”. Vi immaginate? Andate da un medico con questo suono assurdo (per rendere l’idea l’effetto Larsen è lo stridio o fischio che si manifesta quando un microfono è troppo vicino oppure è direzionato verso il suo altoparlante), state male, sperate in qualcosa che vi faccia passare questa agonia e vi risponde così. E succede veramente, non so quante persone che ho visitato mi hanno riportato questa affermazione da parte del medico di turno. Facendo questo lavoro posso comprendere entrambe le parti: l’impotenza del medico, la sofferenza del paziente. Il punto è costruire un ponte tra questi e per fortuna sempre di più la figura dello psicoterapeuta permette questo ricongiungimento. Il terapeuta diventa sostegno allo specialista perché indica come approcciarsi al paziente e chiarisce anche quali possono essere i limiti del suo lavoro quando è presente una concomitante patologia psichiatrica/psicologica; per il paziente è un ascoltatore attivo che aiuta sia nella gestione di pensieri ed emozioni che ostacolano l’accettazione della patologia sia nel creare soluzioni concrete alla convivenza con l’acufene.

La prigionia dei pazienti, così come quella vissuta da Caparezza, è caratterizzata da trappole mentali. L’insorgenza del tinnito può portare alla messa in discussione dei propri valori, delle scelte di vita, della considerazione che abbiamo di noi stessi, della propria identità. Si siedono persone diversissime tra loro nel mio studio e spesso, per assurdo, l’acufene è l’argomento meno trattato dopo il primo incontro. L’acufene ha smosso qualcosa, ha catturato l’attenzione e forse, come per tante altre patologie, quando arriva ci offre l’opportunità di fermaci a riflettere su chi siamo ora e su quello che desideriamo per il nostro futuro. E magari ci fa vincere un disco di platino così rapidamente come mai successo prima.

Si parla di:
Categorie
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Il ruolo della terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento dell' acufene
Il ruolo della terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento dell’ acufene

La CBT ha mostrato un'elevata efficacia nel trattamento di coloro che soffrono di acufene, in quanto agirebbe su percezione e assuefazione del tinnito

ARTICOLI CORRELATI
Þetta reddast: il vulcano, le lezioni islandesi e la psicoterapia cognitivo-comportamentale

Intervistato per Tienimi Bordone, l’autore Leonardo Piccione racconta di come la vita in Islanda ha cambiato il suo approccio alla vita e all’incertezza

L’accettazione del lutto

Le persone manifestano molteplici e complesse reazioni emotive, fisiche, cognitive e comportamentali in risposta al lutto

WordPress Ads
cancel