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Un giorno all’improvviso (2018) di Ciro D’Emilio – Recensione del film

Un giorno all'improvviso è un film reale e a tratti crudo, che racconta una madre e un figlio che insieme soffrono e sognano disperatamente

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 15 Feb. 2019

Nel film Un giorno all’improvviso il legame tra un figlio e una madre uniti da due caratteri opposti. Diciassette anni e la necessità di non piegarsi, Antonio; una fragilità emotiva e psichica che prende il sopravvento su tutto, Miriam.

 

Lasciata dal marito e in costante agonia affettiva tra perdite al gioco, un orto di limoni e incroci microcriminali, in un contesto campano che il regista Ciro D’Emilio rappresenta senza svolazzi da immaginario televisivo bensì saldo nella verità di scambi autentici ma duri, Miriam attraversa la propria storia affranta, capace di un amore materno appassionato e al contempo nuda, irreparabilmente nuda nella marea montante di una vita che non può mai essere tenuta tutta insieme.

Un giorno all’improvviso: il dipinto di una realtà complessa

Gli attimi di illusoria speranza sono fiammelle quasi deliranti, si attorcigliano lungo strade segnate quasi all’origine; è tutto davvero complicato, e forse può risolversi quando Antonio ha l’occasione che passa una volta sola, diventare un calciatore professionista. Il suo percorso di giovane uomo ha già bruciato i tempi fuori dal campo, è lui che raccoglie la madre disintegrata per la strada, che le prepara acqua e limone la mattina, che la sfama persino, rientrando a notte fonda dal lavoro alla pompa di benzina.

In Un giorno all’improvviso, il diciassettenne Antonio lavora e non fuma, si allena, minaccia chi tocca con mano grezza il viso gentile di Miriam, si arrabbia quando la madre bambina compra le schifezze al supermercato. Antonio è la coscienza ingenua e tenace, a tratti ombrosa, persino angosciata ma lungimirante e aggrappata, ciò che più conta, alla possibilità di sottrarsi ad un presente il cui unico sguardo attento verso il loro mondo è quello di un’assistente sociale che deve decidere il futuro del ragazzo.

Un giorno all’improvviso: madre e figlio si scambiano i ruoli

La potenza di Un giorno all’improvviso è notevole, come l’intensità emotiva che trasmette in particolare nella prima parte, quando ogni movimento dei personaggi viene seguito come un battito, nella fatica e nel nobile valore che l’accompagna. Si crea una sorta di suspence, una tensione psicologica che porta lo spettatore a calarsi in grande profondità accanto e dentro le vicende di questi esseri umani sofferenti e capaci di sognare all’interno della stessa pena.

Gli sviluppi della trama sarebbero più volte suggeriti dalle attese spontanee di chi osserva e anticipa forse in base ai propri schemi, invece sorprendono – meno il finale, non eccelso per originalità – proprio in quanto non deviano, non colpiscono, non cadono nei cliché della storia di periferia fatta di botte, violenza e miseria. Antonio e Miriam conservano una dignità, una rettitudine narrativa che incrementa l’intensità dei loro vissuti e di quanto viene passato allo spettatore. La loro credibilità è data dall’unione, in entrambi, di caratteri adulti e infantili.

Il figlio padre e la madre figlia non sono trasposizioni cinematografiche di una mal riuscita psicoanalisi da salotto, bensì la verità di due persone che cercando di essere se stesse sono esattamente quello, un ragazzo già adulto coi bisogni affettivi di chi avrebbe il diritto di potersi affidare, e una donna che nell’amore di essere madre non riesce a non chiedere accudimento per le proprie angosce mai sanate. Un film italiano credibile. Potremmo persino definirla una notizia.

 

UN GIORNO ALL’IMPROVVISO – GUARDA IL TRAILER DEL FILM:

 

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