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Cibi grassi e cibi magri: il modo in cui processiamo il cibo modifica la nostra motivazione a consumarlo

Cibi grassi e cibi magri: un recente studio spiega come il nostro sistema nervoso enterico influenza la nostra motivazione a mangiarli

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 13 Feb. 2019

Ormai è nota l’esistenza di un sistema nervoso enterico che comunica una serie di informazioni riguardo le proprietà nutritive e l’apporto calorico, il valore energetico degli alimenti, tramite specifici segnali post-ingestione, al sistema nervoso centrale.

 

E’ noto anche come questi segnali siano cruciali per la regolazione di quei comportamenti legati alla scelta dell’alimentazione più appropriata sia nella qualità ma soprattutto nella quantità, affinché l’organismo possa mantenere costante il giusto apporto calorico ed energetico per la sua sopravvivenza.

Sembra in particolare che questi segnali provenienti dal sistema nervoso enterico siano implicati nella modulazione del rinforzo proveniente dal cibo come suggerito dal nuovo studio di DiFeliceantonio, Coppin, Rigoux, Small e colleghi del Max Planck Institute for Metabolism Research, del John B. Pierce Laboratory, New Haven e la Swiss Center for Affective Sciences di Ginevra.

Cibi grassi e cibi magri: come vengono valutati dal nostro corpo

I segnali nervosi generati dall’intestino a seguito dell’ingestione di cibo rappresentano dei segnali di rinforzo che “ci motivano” alla selezione di un particolare cibo in quanto sembrano essere in grado di regolare i circuiti neurali del sistema dopaminergico meso-striato-prefrontale – sistema necessario per la motivazione e l’apprendimento – senza tener conto di altre caratteristiche del cibo che potrebbero influire sulla sua ricerca e ricompensa quali il gusto, l’appetibilità, la gradevolezza, la sua densità energetica e la sua disponibilità nell’ambiente.

Ad esempio di ciò, negli umani è stato osservato come la malto destrina, un carboidrato inodore e insapore, sia stato in grado di condizionare un gruppo di volontari a mangiare una quantità maggiore di sorbetto, suggerendo che lo stimolo incondizionato che ha guidato il rinforzo al consumo di sorbetto sia stato un segnale metabolico emesso nel momento in cui le cellule hanno incominciato a produrre energia dall’assimilazione del glucosio che compone il carboidrato e non la sua appetibilità (Zhang, Han, Lin et al., 2018).

Questi segnali, a seguito dell’ingestione del carboidrato, afferiscono al sensore della vena porta e successivamente vengono trasmessi allo striato per regolare il rilascio di dopamina che conferisce la stima del valore nutritivo dell’alimento appena assunto.

Cibi grassi e cibi magri: lo studio per capire le motivazioni all’uso

Molti dei cibi attualmente prodotti contengono però poche sostanze nutritive e hanno un contenuto eccessivo in termini calorici, risultando sensorialmente irresistibili ma energicamente densi in quanto composti in alte dosi e combinazioni da carboidrati e grassi.

Dal momento che i segnali neurali afferenti metabolici (metabolic neural afferent; MNA) fungono da rinforzo alla consumazione di questi componenti, producendo rapidamente un immediato rilascio di dopamina nel sistema dello striato indipendentemente dal piacere e dalla gradevolezza sensoriale dell’alimento, un aumento della quantità di questi potrebbe generare una “dipendenza” e condurre ad una sovralimentazione come evidenziato dallo studio di DiFeliceantonio e colleghi (2018).

L’aumento della quantità di cibo da ingerire a sua volta viene determinato da una compromissione nell’affidabilità dei segnali metabolici post ingestione riguardo la densità energetica degli alimenti al sistema nervoso centrale, associata ad un’iperattivazione del sistema dopaminergico striato (Small & DiFeliceantonio, 2019).

Nella ricerca pilota di DiFeliceantonio e colleghi (2018), 20 soggetti sperimentali volontari, dopo un pasto durante la notte calibrato su circa 430 kcal per fare in modo che si presentassero alla sessione sperimentale del mattino successivo a stomaco vuoto e con un basso indice glicemico e proteico, hanno partecipato ad un’asta alimentare all’interno dello scanner della risonanza magnetica funzionale che durante il task misurava la loro attività cerebrale.

Ogni soggetto aveva a disposizione una precisa somma di denaro che avrebbe dovuto spendere per acquistare degli alimenti rappresentati in immagini all’interno dello scanner; gli alimenti erano stati divisi per macrocategorie nutrizionali quali “grassi”, “carboidrati” e “grassi + carboidrati”.

Per ogni alimento presentato, i soggetti avrebbero dovuto scegliere se comprarlo dopo averne stimato la densità energetica (e.s. “quante calorie pensi possa contenere questo alimento?”).

Cibi grassi e cibi magri: i risultati dello studio

Lo studio ha mostrato come i soggetti fossero maggiormente disposti a pagare per alimenti contenenti sia grassi che carboidrati anziché per alimenti con soli grassi o soli carboidrati e che la loro scelta durante l’asta fosse riflessa nell’attivazione dello striato dorsale e del talamo medio dorsale; in aggiunta a ciò, i ricercatori hanno evidenziato come i partecipanti fossero molto più accurati nella stima energetica degli alimenti contenenti solo grassi diversamente da quelli contenenti solo carboidrati o grassi + carboidrati, ma con la medesima densità calorica e che questa stima era associata all’attivazione del giro fusiforme e delle sue connessioni con la corteccia prefrontale ventromediale (DiFeliceantonio, Coppin, Rigoux, Small et al., 2018).

Sostanzialmente i soggetti erano stati più accurati nella stima energetica di una sola macrocategoria nutrizionale (quella contenente solo cibi grassi) ma sono stati disposti a pagare di più per alimenti contenenti sia grassi che carboidrati.

Dallo studio di DiFeliceantonio e colleghi (2018) emerge l’esistenza di un sistema fisiologico “sensibile” al rilevamento e al processamento dei nutrienti che gioca un ruolo fondamentale nel regolare il sistema striatale dopaminergico, determinando per ogni nutriente la stima energetica e la motivazione al consumo e dal momento che i cibi maggiormente più dannosi hanno ricevuto una stima incorretta ma un rinforzo maggiore alla loro scelta e consumo, si potrebbe affermare che le modalità attraverso cui questi cibi sono preparati e poi processati influenzi l’asse intestino-cervello in un modo che potrebbe favorire la sovralimentazione e le disfunzioni metaboliche tramite l’alterazione dei segnali di sazietà (Small & DiFeliceantonio, 2019).

Ciò potrebbe avere delle importanti implicazioni nella comprensione del fenomeno dell’obesità in quanto risposte neurali mesolimbiche a determinati cue alimentari sono state associate all’obesità così come all’alimentazione in assenza di segnali specifici relativi al senso di fame, alla sovralimentazione e a scarse performance nella perdita di peso (Small & DiFeliceantonio, 2019).

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