expand_lessAPRI WIDGET

Una società complessa: c’è posto per la fragilità? – Il caso di Desirée dovrebbe farci riflettere

In che modo un adolescente, oggi, in maniera individuale può trovare risorse per affrontare questa società liquida? L’individualizzazione è stata estremizzata e il benessere psicologico di un adolescente resta una conquista difficile. Il caso di Desirée dovrebbe farci riflettere

Di Francesca Rendine

Pubblicato il 30 Ott. 2018

Aggiornato il 31 Dic. 2018 12:17

La morte di Desirée, avvenuta nel quartiere di San Lorenzo a Roma, in questi giorni consegna alle coscienze di tutti noi un obbligo: quello di riflettere. Riflettere se la complessità di un evento così doloroso e ingiusto, debba trovare solo spettatori rabbiosi che cercano una sola causa a tutto ciò, dimenticando la complessità di cui questo evento si fa portavoce.

 

L’evento mette in luce: un atto di violenza, un nucleo familiare potenzialmente fragile, su cui ancora si sta cercando di far luce e un contesto in cui si intrecciano delinquenza, tossicodipendenza e mancata integrazione.

Può solo la legge e quindi la giustizia combattere tutto ciò?

Può una società così complessa, ignorare il valore del benessere psico-sociale degli individui che la compongono? Risuonano pregne di attualità le parole con cui Bauman descrive le società “moderne”, definendole liquide:

Come Beck ha acutamente e saggiamente osservato: ‘il modo in cui si vive diventa una soluzione biografica a contraddizioni sistemiche’. Rischi e contraddizioni continuano ad essere prodotti a livello sociale; sono solo il dovere e la necessità di affrontarli a essere stati individualizzati (Bauman, 2011).

Mi chiedo in che modo un adolescente oggi, in maniera individuale, possa trovare risorse per affrontare questa società liquida? Penso alle grandi istituzioni: alla famiglia, alla scuola, ai servizi territoriali. L’individualizzazione, ad oggi, è stata estremizzata ed è per questo che somiglia ad una fatiscente idea di libertà, ma che eventi come questi, disegnano sempre più simile alla solitudine.

Il benessere psicologico di un adolescente è una conquista difficile, lo è ancor di più quando le istituzioni che dovrebbero contenere fisiologiche spinte alla trasgressione non ci sono. Non possiamo ridurre la tutela dei cittadini ad un giustizialismo post-mortem, non è questo di cui la società ha bisogno.

La morte di Desirée è l’emblema di esigenze educative chiare, di accoglienza e cura della fragilità, è l’emblema della richiesta di un territorio affinché possa offrire spazi di vita e non di morte.

Se una società vuole veramente proteggere i suoi bambini, deve cominciare con l’occuparsi dei genitori, così affermava Bowlby, noto psicologo britannico che ha elaborato la teoria dell’attaccamento. La responsabilità genitoriale non esclude che gli stessi genitori possano compiere errori, che anch’essi possano vivere le loro “fragilità e contraddizioni”.

Dinanzi a ciò dobbiamo ripercorrere questa società, con un senso di responsabilità maggiore, con lo sviluppo di un’inclinazione che miri all’ascolto dell’altro.

Questa riflessione tiene altresì conto del potere che lo Stato e le sanzioni penali devono garantire ai fini dell’applicazione della giustizia e della tutela della cittadinanza, ma lo stesso Stato dovrebbe tornare ad offrire ai cittadini servizi per il benessere psicologico utili ad accogliere gli adolescenti con le loro fragilità e ad accompagnare le famiglie in quel percorso, tanto complesso, che è oggi la genitorialità.

La nostra è una società complessa, “liquida”, per usare l’aggettivo dello stesso Bauman, che in quanto tale richiede soluzioni complesse per far si che torni ad essere un promotore attivo di vita e non di morte.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Zygmunt Bauman , Modernità Liquida, 2011.
  • John Bowlby, Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, 1989.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Sulla mia pelle (2018) come l'indifferenza ha ucciso Stefano Cucchi FEAT
Sulla mia pelle (2018) di Alessio Cremonini: l’indifferenza che ha ucciso Stefano Cucchi – Recensione del film

Il film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini non fa sconti a nessuno, racconta minuziosamente la storia di Stefano Cucchi arrestato a ottobre del 2009 e morto dopo 7 giorni nella completa solitudine e nella totale indifferenza di tutti coloro che hanno interagito con lui in quei giorni.

ARTICOLI CORRELATI
All I want for Christmas is Truth. Scoprire che Babbo Natale non esiste è traumatico?

Quando i bambini scoprono che Babbo Natale non esiste? Verso gli 8-9 anni (ma vi è un’estrema variabilità). Come avviene questa scoperta? 

Slacktivism: di cosa si tratta? Quando l’attivismo online può diventare dannoso

Sostenere cause sociali tramite l’attivismo online può fornire un aiuto prezioso, ma attenzione allo slacktivism, una forma superficiale e disinteressata di supporto

WordPress Ads
cancel