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Epilessia: le nuove frontiere del trattamento

Un particolare dispositivo elettronico impiantato direttamente nel cervello portebbe rilevare, arrestare e prevenire gli attacchi epilettici. Attraverso il rilascio di una sostanza chimica che invia un segnale di stop ai neuroni, tale dispositivo inibesce l’attività cerebrale anomala che si verifica durante l'epilessia

Di Martina Bandera

Pubblicato il 19 Set. 2018

Aggiornato il 20 Set. 2018 17:02

In una sorprendente ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances alcuni scienziati hanno dimostrato che è possibile combattere l’ epilessia grazie ad un particolare dispositivo elettronico. I risultati potrebbero essere applicati anche ad altre condizioni tra cui i tumori cerebrali e il morbo di Parkinson.

 

I ricercatori dell’University of Cambridge, dell’École Nationale Supérieure des Mines e dell’INSERM in Francia hanno dimostrato come un particolare dispositivo elettronico impiantato direttamente nel cervello possa rilevare, arrestare e prevenire gli attacchi epilettici.

Nella maggior parte dei pazienti con epilessia si assiste a crisi convulsive dovute ad una anomala attività delle cellule neurali. In questi soggetti i neuroni del cervello iniziano a inviare segnali e comunicano alle cellule vicine di fare lo stesso, questo provoca un effetto valanga che influenza la coscienza e il controllo motorio. La terapia farmacologia antiepilettica diffusa oggi ha spesso molti effetti collaterali e nel 30% dei casi non cura le crisi.

La possibilità di una svolta nel trattamento dell’ epilessia

Nel corso di questa innovativa ricerca, il team di scienziati ha testato il dispositivo sui topi: impiantato direttamente nel cervello lo strumento rilascia una sostanza chimica ogni qual volta rileva i primi segnali di un attacco epilettico, impendendo così la crisi convulsiva.

Ma in che modo funziona il dispositivo? 
I ricercatori hanno utilizzato un neurotrasmettitore che invia un segnale di “stop” ai neuroni, inibendo l’attività anomala che si verifica durante gli attacchi epilettici. Il neurotrasmettitore viene inviato nella regione cerebrale interessata da una sonda neurale che presenta al suo interno una minuscola pompa ionica e degli elettrodi, i quali monitorano l’attività neurale. Quando i segnali di un’ipotetica crisi vengono rilevati dagli elettrodi, la pompa viene attivata permettendo al farmaco di fuoriuscire dal dispositivo.

Christopher Proctor, primo autore dello studio ha affermato

Oltre a poter controllare esattamente quando e quanto farmaco viene erogato, ciò che rende speciale questo approccio è che il farmaco fuoriesca dal dispositivo senza alcun solvente, questo permette al tessuto circostante di non essere danneggiato e consente al farmaco di interagire immediatamente con le cellule all’esterno del dispositivo.

I ricercatori hanno inoltre scoperto che le convulsioni potrebbero essere prevenute con dosi di farmaco relativamente piccole: meno dell’1% della quantità totale presente all’interno della sonda. Questo significa che il dispositivo potrebbe funzionare per periodi prolungati senza necessità di essere ricaricato. In aggiunta si è osservato che la sostanza somministrata, essendo un neurotrasmettitore prodotto dal corpo stesso, viene assorbita dal cervello in pochi minuti, ciò potrebbe ridurre significativamente gli effetti collaterali del trattamento.

Il professor George Malliaras ha affermato che il lavoro rappresenta un progresso nel campo della biomedicina che permette l’interfaccia tra strumenti elettronici e corpo umano e ha aggiunto

Le pellicole sottili e organiche del dispositivo provocano danni minimi al cervello e le loro proprietà elettriche sono adatte a questi tipi di applicazioni.

Sebbene questi primi risultati siano promettenti, il trattamento non è ad oggi disponibile per gli essere umani in quanto i ricercatori vogliono studiare ulteriormente gli effetti a lungo termine del dispositivo. Malliaras è al lavoro per creare una nuova struttura a Cambridge che possa essere in grado di testare questi dispositivi sull’uomo. Questa nuova tecnologia infatti potrebbe essere utilizzata anche per altre condizioni neurologiche inclusa la cura dei tumori cerebrali e del morbo di Parkinson.

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