Se il valore di un film si giudica anche dalle possibilità che lascia aperte al contributo soggettivo dello spettatore, Parlami di Lucy lascia certamente la sensazione che l’impegno investito nella sua visione non sia stato uno sforzo infruttuoso.
Parlami di Lucy: più di un semplice thriller psicologico
Definire Parlami di Lucy un thriller psicologico pare per la verità limitante, poiché la struttura narrativa gioca sul continuo scambiarsi e intrecciarsi di livelli del racconto che hanno sì a che vedere con l’incertezza, la suspense, ma forse non si risolvono mai, nemmeno con la svolta finale apparentemente definitiva.
Nella cornice di montagne dure e austere, nel microcosmo di una casa solitaria il cui ambiente umano non si espande mai oltre la stretta natura circostante e l’inizio – o la fine, a seconda che si voglia arrivare o fuggire – della strada sterrata che collega a realtà altre mai veramente descritte, in questa cornice si diceva, il contrasto fra non detto e sottinteso, fra incubo del sonno e incubo della coscienza non giunge mai ad una piena e liberatoria – o deludente, dipende dalle predilezioni dello spettatore – composizione.
L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL TRAILER DEL FILM PARLAMI DI LUCY:
Parlamy di Lucy: la trama
Nicole, protagonista del film Parlami di Lucy, madre tormentata da paranoie crescenti e paure reali, ospita in sé la disgregazione di un matrimonio, l’angoscia muta del tradimento sconosciuto, la manipolazione di una figlia ostaggio dei propri silenzi e delle ferite non risolte dagli adulti. Il pericolo incombe e non sempre è chiaro se sia ciò da cui Nicole vuole proteggere la bambina o ciò da cui la donna non riesce a proteggersi. In una spirale che ricorda il giro di vite jamesiano, la protagonista è al centro di eventi inspiegabili o forse spiegabili con una storia di fantasmi, i suoi. Non abbiamo certezza che la linea sottile che separa il reale dal perturbante sia davvero una separazione. Più spesso essa appare la vera chiave di lettura del racconto, quel confine che può essere superato e ripristinato seguendo sensazioni tanto aperte quanto al contrario diviene claustrofobica l’atmosfera narrativa.
Ci sono veramente presenze oscure? È il marito a far cadere accurati semi di follia nella mente della donna per poterla abbandonare impadronendosi della figlia e fuggendo con l’amante? Nicole protegge la bambina dalla malvagità di una trama soprannaturale, da un padre la cui freddezza potrebbe essere spietato calcolo o dolore inesprimibile, oppure non riesce a difenderla da un’altra minaccia che penetra senza poter essere raffigurata?
Forse Nicole, la sua mente fragile e l’incubo che la percorre sono davvero l’unica cosa che vediamo, che ci è raccontata in Parlami di Lucy; forse Lucy, chiusa negli occhi dritti, nella voce marmorea di una solitudine che nessuno riesce a lenire o che nessuno è realmente interessato a guardare, è lo schermo bianco sul quale gli adulti proiettano la sofferenza che si fa incubo.
Ma in quell’incubo è quasi tutto umano, poco o nulla assomiglia all’horror richiamato in alcune scene, poco o nulla rimanda a vissuti diversi da quelli di una tragedia che più sfugge più si consuma.
PARLAMI DI LUCY: LE IMMAGINI DAL BACKSTAGE DEL FILM