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Perché il successo ci spaventa? L’auto-sabotaggio come strategia difensiva

L' auto-sabotaggio ci proteggerebbe da situazioni spiacevoli: si sviluppa così la nostra intolleranza all’incertezza, preferendo la prevedibilità all’ignoto

Di Redazione

Pubblicato il 11 Gen. 2018

L’ auto-sabotaggio è spesso dovuto alle nostre aspettative irrealistiche, miriamo al perfezionismo e partiamo dal presupposto che non siamo in grado di fare determinate cose. Nel momento in cui invece riusciamo ad agire, operiamo un auto-sabotaggio per paura di fallire. Mettiamo così in atto comportamenti specifici: nel primo caso ci convinciamo che possiamo fare qualcosa solo se siamo esperti, nel secondo mettiamo in atto strategie a favore del nostro fallimento.

Desirèe Bruni Tosi, Eleonora Soro

 

Auto-sabotaggio: perché lo facciamo?

Spesso, sabotiamo noi stessi sulla base di aspettative irrealistiche. Miriamo al perfezionismo oppure, partiamo dal presupposto che se non lo abbiamo fatto prima, non siamo in grado di farlo, nonostante non esista un comportamento totalmente innato che non necessiti di pratica per essere appreso. Praticare un comportamento ci aiuta quindi a migliorarlo.

Viceversa, nel momento in cui riusciamo ad agire, operiamo un auto-sabotaggio per paura di fallire (Tartakovsky, 2017). Si tende così a mettere in atto comportamenti specifici: nel primo caso ci convinciamo che possiamo fare qualcosa solo se siamo esperti, nel secondo mettiamo in atto strategie a favore del fallimento (come ad es. andare a una festa la sera prima di un esame o assumere droghe).

Causa dell’ auto-sabotaggio sarebbe della nostra grande immaginazione. Non raggiungiamo obiettivi positivi perché la nostra immaginazione inventa ogni sorta di scenario negativo e drammatico. Immaginiamo di fallire, di essere derisi o di essere respinti; immaginiamo ogni tipo di risultato che ci fa sentire vulnerabili o che temiamo profondamente. Con l’ auto-sabotaggio cerchiamo di proteggerci da sentimenti o situazioni spiacevoli (Lawson, 2017). Contemporaneamente sviluppiamo un’intolleranza all’incertezza: ci sabotiamo perché preferiamo la certezza e la prevedibilità rispetto all’ignoto.

Percezione di sé e degli altri

Anche se ci viene insegnato fin dalla tenera età a non giudicare, siamo naturalmente portati ad interpretare noi stessi e le nostre azioni in relazione agli altri. Spesso operiamo un auto-sabotaggio proprio perché pensiamo di non valere abbastanza per meritare il successo. Talvolta facciamo affidamento sulle nostre credenze nucleari dove i commenti altrui riecheggiano nelle nostre menti: “Non ci riuscirai mai”, “Non vali nulla”.

Tanti pazienti dicono di non essere amabili perché “il loro ex ha detto…, i loro genitori hanno detto…”. Si aggrappano a queste false credenze negandosi il successo, qualunque esso sia (Saenz-Sierzega, 2017). Ciò è determinato dal fatto che la gestione di una relazione è influenzata da tre elementi:

  • La nostra percezione di un individuo
  • La percezione che l’individuo ha di sé
  • La percezione che gli altri hanno di quello stesso individuo.

Comprendere le realtà soggettive degli altri serve – quindi – a migliorare l’empatia, la cooperazione e la comunicazione e allo stesso tempo può influenzare le proprie opinioni – dice Solomon (2016).

Avere uno sguardo verso l’esterno, non significa determinare se tale percezione sia giusta o sbagliata, ma riconoscere che esistono molteplici prospettive. È solo così che questa consapevolezza può migliorare le nostre interazioni e i nostri comportamenti.

L’ auto-sabotaggio nella psicopatologia

La metodologia di analisi strutturale del comportamento sociale (SASB) di Benjamin (1993) è stata usata per sviluppare caratterizzazioni dimensionali di tutti i disturbi di personalità.

Per la diagnosi del Disturbo Borderline di Personalità (BPD) vengono individuate due dimensioni: 1) la paura dell’abbandono con l’aspettativa costante di essere accuditi dagli altri; 2) l’ auto-sabotaggio per agire correttamente o essere felici.

Benjamin ha affermato che durante lo sviluppo, gli individui considerati borderline hanno avuto esperienze di abbandono traumatiche che hanno determinato un legame mentale tra il sentirsi soli e l’essere una persona cattiva. Il paziente ha ricevuto il messaggio che l’autonomia è un male e che la dipendenza dalla famiglia è un bene, nonostante tutti i problemi, il caos e gli abusi. Il tentativo di staccarsi è punito e porterà all’ auto-sabotaggio; in famiglia si impara, quindi, che l’infelicità e la malattia attirano l’amore e la preoccupazione degli altri.

La Schema Therapy (Young, 2007), invece, identifica nei pazienti con Disturbo Borderline di Personalità schemi ricorrenti, quali: Abbandono, Sfiducia/Abuso, Deprivazione Emotiva, Incompetenza, Insufficiente autocontrollo, Sottomissione e Punizione. Tutto ciò comporta stati d’animo e stati mentali in rapido cambiamento, per cui è diventata una sfida concentrare il lavoro su uno o due tipi specifici di schemi, in quanto sono visti come un insieme stabile di tratti.

Di conseguenza, si possono identificare 5 manifestazioni tipiche dello schema del paziente borderline: bambino abbandonato, bambino arrabbiato, genitore punitivo, protettore distaccato e adulto sano. Quest’ultima è solitamente la strategia meno disponibile per questi pazienti.

Questo, non solo porta a problemi di regolazione comportamentale ed emotiva, ma anche a una compromissione del sé a causa dell’incapacità della persona di fidarsi delle proprie percezioni della realtà. Di conseguenza diventa difficile lo sviluppo di un senso di identità o di fiducia in sé stessi. Pertanto, secondo Linehan (1993), gli individui affetti da Disturbo Borderline di Personalità ritengono di essere impotenti e di dover fare affidamento sugli altri per una definizione della realtà sia interna che esterna e di mantenere una “passività attiva” che richiede l’aiuto degli altri nelle vicissitudini quotidiane.

L’ auto-sabotaggio, sia fisico che psicologico, finisce per rappresentare una caratteristica peculiare di tale personalità. Ciò comporta una valutazione del successo differente, in quanto raggiungere un obiettivo ambizioso non corrisponde a qualcosa di positivo ma, in relazione alle esperienze passate, all’abbandono. L’ auto-sabotaggio permette, quindi, alla persona, di allontanare tale possibilità.

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