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Il narcisismo digitale: il Sè ideale enfatizzato attraverso i social network

Nel mondo virtuale è possibile enfatizzare le proprie caratteristiche positive e omettere quelle negative e può emergere una sorta di narcisismo digitale.

Di Manuela Agostini

Pubblicato il 27 Ott. 2017

Narcisismo digitale: Nel mondo virtuale, la dimensione del Sé ideale sembra essere predominante, l’individuo può facilmente enfatizzare proprie caratteristiche o omettere informazioni riguardanti la propria persona, in modo da veicolare un’immagine di sé positiva. I social network, e Facebook in particolare, costituiscono contesti ideali per l’espressione della sottodimensione del sé ideale, definita come “Sé ideale desiderato”, riconducibile all’identità che un soggetto vorrebbe affermare, date le giuste circostanze.

 

Che cos’è il narcisismo?

Il termine narcisismo a seconda dei vari contesti può assumere diversi significati se utilizzato ad esempio per descrivere un concetto psicoanalitico, un disturbo mentale, un problema sociale o più semplicemente un tratto di personalità. Nella maggior parte dei casi, comunque, quando parliamo di narcisismo ci riferiamo al sano amor proprio.

La società moderna incoraggia l’individualità a discapito dei legami reali di comunità; la notorietà è ritenuta più importante della dignità e come coniato da Cesareo e Vaccarini, (2012) siamo ufficialmente entrati “nell’era del narcisismo” e non da meno con il termine narcisismo oggi oltre le sopracitate definizioni si può aggiungere quella del “narcisismo digitale“.

Il narcisismo digitale

Interessante è l’analisi che si può attuare osservando l’uso dei selfie e dei vari social network volgendo l’attenzione sul rapporto narcisismo-autostima-insicurezza.

Rogers definisce l’autostima come il complesso di valutazioni che ogni individuo ha sul proprio concetto di , quest’ultimo inteso come l’insieme organizzato di elementi, come percezioni e credenze, attraverso i quali il soggetto descrive se stesso.

Si differenziano le dimensioni del “Sè attuale”, ovvero la percezione delle proprie reali caratteristiche e degli attributi che si ritiene effettivamente di possedere, e del “Sé ideale”, consistente invece nella rappresentazione di quelle caratteristiche che si vorrebbero idealmente possedere. La congruenza o la discrepanza tra tali dimensioni del Sé costituisce un fondamentale indicatore del livello di autostima dell’individuo: maggiore è la coerenza tra il Sé attuale e il Sé ideale, maggiore sarà il grado di autostima percepito; di contro, maggiore è la loro discrepanza, minore sarà il grado di autostima percepito.

Nel mondo virtuale, la dimensione del Sé ideale sembra essere predominante, l’individuo può facilmente enfatizzare proprie caratteristiche o omettere informazioni riguardanti la propria persona, in modo da veicolare un’immagine di sé positiva. I social network, e Facebook in particolare, costituiscono contesti ideali per l’espressione della sottodimensione del sé ideale, definita come “Sé ideale desiderato”, riconducibile all’identità che un soggetto vorrebbe affermare, date le giuste circostanze.

Oltre questo, diversi studi hanno analizzato come l’utilizzo di Facebook sia in grado di influenzare l’autostima attraverso due principali spiegazioni:

– la “Poor get Rich Hypotesis”, nota anche come Social Compensation Hypotesis, secondo la quale Facebook consentirebbe ai soggetti introversi e con basso livello di autostima di compensare la carenza di abilità interattive mediante opportunità di comunicazioni online, ovviando i problemi attinenti all’ansia sociale generati dalle tradizionali interazioni vis à vis;

– la “Rich get Richer Hypotesys”, secondo la quale invece Facebook rappresenterebbe per i soggetti estroversi e con un elevato livello di autostima un’ulteriore opportunità attraverso la quale potere interagire e comunicare con l’altro.
Gli stili di personalità risultano accomunati da una tendenza al controllo strategico delle informazioni riguardanti sé, al fine di veicolare immagini positive di sé e ciò è correlato al bisogno di modulare positivamente la propria autostima e soprattutto ad esorcizzare la propria insicurezza.

Quel che rimane è che veicolare un’ immagine di sé positiva non è comunque “essere”, per quanto si voglia fingere ad un certo punto dal virtuale si arriverà all’incontro reale e non ci saranno citazioni o filtri che tengano, il contenuto è sempre più importate del contenitore.

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Manuela Agostini
Manuela Agostini

Dott.ssa in Psicologia della salute clinica e di comunità

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