Appare molto interessante questo libro di Craparo che già dal titolo, Inconsci, coscienza e desiderio – L’incertezza in psicoanalisi, mostra il tentativo di affrontare alcuni temi particolarmente pregnanti nella pratica analitica.
Francesca Picone
Appare molto interessante questo libro di Craparo che già dal titolo, Inconsci, coscienza e desiderio – L’incertezza in psicoanalisi, mostra il tentativo di affrontare alcuni temi particolarmente pregnanti nella pratica analitica, quali il significato del desiderio e del desiderare e il confronto con il bisogno di certezze secondo i principi del classico modello scientifico. Si tratta di un piccolo libro che però un analista aggiornato, o comunque uno studioso di psicodinamica, non può non tenere a portata di mano per l’importanza degli argomenti trattati.
Craparo, infatti, presenta con Inconsci, coscienza e desiderio – L’incertezza in psicoanalisi un lavoro molto denso ed estremamente ricco, che spazia dalla più tradizionale teoria freudiana alle più moderne impostazioni psicoanalitiche: pur attingendo a punti di vista di Autori di correnti anche apparentemente molto distanti tra loro, ne emerge una visione personale sintetica, che è la risultante di una propria matura rielaborazione, supportata in modo assolutamente appropriato dalla presentazione di più situazioni cliniche.
Inconsci, coscienza e desiderio – L’incertezza in psicoanalisi: dalla teoria alla pratica
Nel corso della lettura di Inconsci, coscienza e desiderio – L’incertezza in psicoanalisi, appare evidente una sorta di progressione a partire da una dimensione più teoretica che puntualizza i differenti concetti di inconscio, per poi giungere alle più evidenti implicazioni nelle patologie relative al disfunzionamento dell’inconscio rimosso e dell’inconscio non rimosso, fino ad entrare nella pratica clinica.
Il testo è scritto in maniera molto chiara e concisa, procedendo talora in modo molto serrato; in più circostanze, Craparo si espone direttamente con un proprio punto di vista a volte in forte contrasto con i vari Autori, mentre in altre circostanze precisa e chiarifica l’opinione di altri studiosi in modo sempre lucido; la padronanza dei temi indica lo spessore culturale e clinico dell’Autore, soprattutto quando si sofferma sul ruolo delle emozioni traumatiche in alcune forme di patologie gravi, quali le dipendenze patologiche.
La stessa lucidità la si ritrova quando vengono descritte le differenze tra acting out ed enactment, partendo dalle definizioni in letteratura, ma rivisitandole sulla scorta dell’excursus teorico mostrato nel testo. Ne scaturiscono, in particolare, importanti e preziose ricadute dell’enactment sulla relazione analitica, come espressione in termini di non-detto di ciò che il paziente non riesce altrimenti ad articolare, di quel desiderio (da de-siderare, raggiungere, avvicinarsi alle stelle), che in modo diverso a seconda della gravità del disturbo, si ritrova per così dire fissato nel sintomo.All’analista allora, scrive Craparo in Inconsci, coscienza e desiderio – L’incertezza in psicoanalisi, il compito di ascoltare il sintomo, perché possa successivamente essere interrogato. Ancora all’analista, il compito di dover duramente fare i conti con il fatto di “sapere di non sapere” e di fare della pratica dell’in-certezza l’unica dimensione possibile per l’analisi, capace di rendere oggettivo e quindi certo, ciò che è soggettivo e quindi totalmente incerto, in un processo di profonda condivisione emotiva tra analista e paziente.
Il sintomo, dalla sua radice greca sun-temno (tagliare, interrompere), può diventare così sum-ballo (mettere insieme), cioè simbolo, riattivando, e in alcuni casi, avviando per la prima volta, quello straordinario percorso, che è il viaggio della vita.