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Cannabis: usi ed effetti della droga – Introduzione alla Psicologia

La cannabis è una pianta che contiene alcuni principi attivi che possono fungere da droghe e possono indurre degli effetti a livello psicologico.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 29 Giu. 2017

La Cannabis indica o canapa indiana è una pianta erbacea di tipo annuale coltivata in molti Paesi dell’Africa Settentrionale e Centrale, in India, in Oriente, in Messico e in Giamaica. La cannabis è una pianta che mostra diverse varietà: alcune contengono principi attivi che possono alterare lo stato mentale (droga), altre meno.

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

 

La Cannabis è nota sia per le fibre che da essa si ottengono, sia per i semi da cui si ricava l’olio, ma, soprattutto per la resina che induce uno stato di eccitazione del sistema nervoso centrale. La coltivazione è limitata da accordi internazionali e nella maggior parte del mondo il possesso e il consumo di questa droga è illegale. L’altezza delle piante è variabile e arriva fino a 5 metri, con escrescenze resinose, angolate, a volte cave, specialmente al di sopra del primo paio di foglie; le foglie basali sono di forma palmata e i fiori sono maschili o femminili.

La cannabis è conosciuta, ai più, soprattutto come droga e per le proprietà psicoattive. Da essa si ricavano principalmente la marijuana, l’hashish e l’olio di hashish. Inoltre, è anche stata utilizzata in diversi campi come quello farmacologico, tessile, bio-edilizia, combustibili, ecc.

Storia

La Cannabis è nata in Asia, probabilmente in Asia Centrale, ed era assunta per inalazione o vaporizzazione a scopi medici, spirituali, religiosi o ricreativi.

Gli Ariani fumavano cannabis e potrebbero essere stati proprio loro a tramandare le sue proprietà ai popoli assiri e indiani, infatti, nei Veda, testi sacri indù, si fa riferimento spesso ad allucinogeni intossicanti.

Un trattato di farmacologia cinese datato 2737 a.C., attribuito all’Imperatore Shen Nung, contiene il primo riferimento all’utilizzo della cannabis come medicina.

Gli Antichi Greci commercializzavano la marijuana con popoli che la mangiavano o inalavano, ma non la consumavano.
La cannabis arriva in Europa centrale, settentrionale e occidentale 500 anni prima della nascita di Cristo, infatti a Berlino è stata ritrovata un’urna contenente foglie e semi di cannabis risalente a circa 2.500 anni fa.

Sempre qualche secolo prima di Cristo, prima dell’avvento dell’Impero Romano, vari popoli europei come i Celti e i Pitti coltivavano e utilizzavano cannabis.

Da allora in poi, in Europa la coltivazione della cannabis divenne di uso comune, perché da essa si ricavavano non solo delle sostanze, ma anche carta e tessuti in canapa. In particolare, la Bibbia di Gutenberg fu il primo libro stampato nel 1453 su carta di canapa e le vele delle caravelle di Cristoforo Colombo erano in canapa.

Nel 1484 in una bolla papale fu vietato l’uso della cannabis ai fedeli, per i sui effetti allucinatori.

Nei secoli successivi, nonostante la condanna della Chiesa, l’utilizzo della cannabis a scopo ricreativo divenne una vera e propria moda tra gli intellettuali, tanto che a Parigi nacque il Club des Hashischins, o Club dei mangiatori di hashish, frequentato da poeti e scrittori del calibro di Victor Hugo, Alexandre Dumas, Charles Baudelaire, Honoré de Balzac e Théophile Gautier.

L’uso della cannabis era diffuso anche in Africa secoli prima della colonizzazione europea. Nel continente nero la cannabis era coltivata, utilizzata come fibra e come medicinale, inalata e a volte venerata in aree differenti che variano dal Sud Africa al Congo e al Marocco.

Nel diciottesimo secolo, la cannabis era diffusissima in Nord America. La maggioranza dei terreni del fondatore degli Stati Uniti, George Washington, erano coltivati a canapa. Anche Thomas Jefferson aveva una grande e remunerativa coltivazione di canapa. Nel 1850 negli Stati Uniti c’erano 8.327 piantagioni di canapa ed erano utilizzate soprattutto per la produzione di fibra. Inoltre, la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti fu stesa su carta di canapa.

In Italia il clima particolarmente favorevole agevolava la coltivazione di questa pianta. Infatti, i contadini italiani producevano Cannabis per due ragioni: cresceva su terreni difficili da coltivare poiché sabbiosi o paludosi, e da essa si ricavavano tessuti e mangime per il bestiame.
Grazie alla qualità delle sue canape, l’Italia divenne il secondo produttore mondiale di canapa ed il primo fornitore della marina britannica. Il tramonto iniziò con la diffusione delle navi a carbone, quando per le zone produttrici di canapa iniziò una lenta agonia, che si protrasse per un secolo costringendo alla ristrutturazione delle colture allora vigenti.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, però, la produzione medioeuropea e mediterranea di Cannabis tornava ad aumentare velocemente, perché le fibre tessili e gli oli sativi diventavano più costosi. In più, esisteva l’esigenza di materie prime contenenti molta cellulosa da cui poter ricavare esplosivi ottenuti producendo nitrocellulosa. Ma il Marijuana Tax Act del 1937 diede il colpo di grazia alla coltivazione della canapa, mettendola al bando negli USA. Si accusò pseudo-scientificamente la cannabis di far diventare le persone violente, riducendole alla pazzia e alla morte. Di riflesso, negli anni seguenti la canapa venne bandita in gran parte del resto del mondo.
Contemporaneamente la DuPont in Francia, però, brevettò il nylon anch’esso ricavato dalla lavorazione della canapa.

A tutt’oggi, è vietata sia la riproduzione che l’uso della cannabis. Inoltre, se necessaria per uso industriale è possibile farlo in alcuni posti attraverso regole molto dettagliate e rigide.

Il principio attivo della cannabis

La cannabis, essendo una pianta, non è dannosa di per sé, ma è l’uso che ne viene fatto che, invece, potrebbe esserlo. Dalla pianta si ricava Il THC, chiamato anche 1 – THC o 9 THC a seconda che si utilizzi una numerazione basata sulla parte terpenica o sul sistema benzopiranico, il principale principio attivo che provoca effetti a livello cerebrale. Inoltre, essa contiene anche i cannabinoli (CBN) e i cannabidioli (CBD), che hanno una trascurabile psicoattività. e costituiscono le resine inattive.

Il contenuto di THC nella droga di buona qualità è nell’ordine di 0,5 – 1% nelle foglie grandi, 1 – 3% nelle foglie piccole, 3 – 7% nei fiori, 5 – 10% nelle brattee, 14 – 25% nella resina ed oltre il 60% nell’olio. Il contenuto di THC tende a diminuire con il tempo, processo accelerato dal calore e dalla luce. Le foglie e la resina di canapa conservate in condizioni normali perdono rapidamente la loro attività e possono diventare completamente inattive dopo 2 anni.

Il THC è più concentrato nella resina che riveste le infiorescenze femminili rispetto alla restante parte di pianta. L’hashish, tipo di sostanza allucinogena, è tratta dalla resina, e ha una maggiore potenza psicoattiva rispetto alla marijuana. La marijuana si ottiene, invece, dalle infiorescenze essiccate delle piante femminili di Cannabis. La presenza di THC dipende sia dalla varietà di pianta sia dal modo in cui è stata coltivata.

Il THC, agisce su recettori specifici che si trovano in zone del cervello che hanno a che fare con funzioni complesse come la formazione di un giudizio, la percezione di piaceri, la capacità di apprendere o di memorizzare ed il movimento. L’effetto prodotto dalla sostanza è, quasi per tutti, una sensazione di piacevolezza che spiega il motivo che induce molte persone a utilizzarla. Tuttavia la sensazione piacevole che deriva dal consumo è collegata ad uno sbilanciamento del funzionamento generale del cervello. Un uso frequente potrebbe provocare una riduzione delle capacità di apprendimento e memorizzazione (Bambico, Katz, Debonnel, Gobbi, 2007). Il THC è poco solubile e quindi tende a depositarsi velocemente in tessuti ricchi di lipidi come il cervello. Per la sua elevata lipofilia passa facilmente sia la barriera ematoencefalica che placentare. Viene quasi completamente metabolizzato in composti inattivi prima di essere eliminato sia con le urine che con le feci.

Le droghe

La droga è ricavata dalle sommità fiorite dei pistilliferi. Se ne possono distinguere due forme: la ganja che è formata da focacce di color brunastro, dall’odore aromatico e di consistenza resinosa. Essa è caratterizzata solo da resina asportata dalle piante facendo camminare nelle coltivazioni uomini vestiti di cuoio, in questo modo la resina si attacca al cuoio e successivamente è agglomerata in blocchetti che formano le focacce di ganja ed è lavorata tra le montagne dell’India. La bang o guaza è derivata dall’infiorescenze e dalle foglie secche riunite insieme in masse irregolari. Si raccoglie nelle pianure dell’India e di alcune località della Persia e si esporta in Europa, ha un odore debole ed è poco resinosa. La prima forma costituisce il cherris o churrus dei fumatori orientali, la seconda l’ ḥashīsh. Il madjoun (maǵūn) degli Arabi o esrar dei Turchi è un ḥashīsh leggermente torrefatto, mescolato col miele; la dawāmeh è una pasta molle, bruna, di sapore e odore piacevoli, preparata con estratto grasso di ḥashīsh, miele e aromi e talvolta cantaridi per renderla afrodisiaca. Azione analoga avrebbe una forma di canapa coltivata negli Stati Uniti e nel Messico e identificata col nome di Cannabis americana.

La resina secreta dalle ghiandole pilifere si ottiene sfregando i fiori e raschiando via un solido amorfo o semi, di colore scuro, che costituisce la resina di canapa (charas). Da quest’ultima si ottiene l’olio di canapa, molto più potente. La droga derivante dalla canapa prende nomi diversi a seconda dell’area geografica di produzione; si utilizzano frequentemente i nomi hashish (Arabia), marijuana (Europa ed USA), kief e dagga (Africa). La quantità di resina prodotta dai fiori di canapa di buona qualità si aggira intorno al 15 – 20%. La quantità prodotta dai vari tipi di piante dipende da vari fattori e determina la qualità dell’attività biologica. In generale, le piante che crescono in climi tropicali producono una quantità di resina maggiore rispetto a quelle che crescono in climi temperati. Le piante di tipi alto utilizzate per la produzione di fibre producono meno resina, rispetto a quelle che crescono in zone tropicali. Infatti, il fattore determinante è la specie a cui appartiene la pianta e, di conseguenza, la resina può contenere elevate quantità di sostanze psicoattive o contenere principalmente sostanze inattive. La qualità di qualsiasi droga di canapa è altamente variabile.

Usi ed effetti della cannabis

La canapa, tra gli antichi, era notissima e sacra, la si considerava come pianta che permetteva l’unione con le divinità in quanto esercitava sulle persone che ne facevano uso uno stato di abbandono accompagnato da un torpore denominato comunemente “il Kif”. Le proprietà medicinali della cannabis sono note fin dall’antichità. Essa è stata usata come ipnotico, anticonvulsivamente, analgesico, ansiolitico e antitussivo. I principali effetti psicotropi riguardano l’instaurazione di uno stato onirico con ideazione sconnessa e incontrollabile, alterazione della percezione spazio – tempo con allucinazioni visive e un senso fisico e psichico di benessere. A dosi elevate si può presentare panico e sdoppiamento della personalità. Non sono riportati casi di intossicazione mortale né la comparsa di grave dipendenza fisica, ma induce tolleranza.

In particolare, la Marijuana è ricavata dalle foglie, dai fiori e dai rametti della pianta che sono sbriciolati; è comunemente definita “erba”, è simile al tè, all’origano o all’erba secca ed è di colore verde grigiastro o marrone verdastro; giunge sul mercato clandestino confezionata in pani avvolti in sacchetti di tela o cellophan. Ha un contenuto in THC di circa il 3%. L’uso regolare può provocare una certa tolleranza che compare rapidamente, ma scompare altrettanto rapidamente alla cessazione dell’uso. Non causa dipendenza fisica e non dà sindrome d’astinenza. E’ quasi sempre fumata poiché il THC risulta più potente se inalato e non se ingerito. Tra gli effetti principali troviamo: cambiamento dell’umore con evidente senso di benessere, aumento dell’autostima, rilassamento, percezione più piacevole degli stimoli, diminuzione del controllo emozionale, comportamento impulsivo, possibili illusioni o allucinazioni visive e uditive.

L’Hashish è strettamente correlato alla marijuana ma più potente. Infatti il suo contenuto in THC va dal 10 al 15%. E’ stato usato per secoli in tutto il mondo e il suo uso è stato descritto da Plinio e da Marco Polo. Gli effetti prodotti sono simili a quelli della marijuana, ma l’intensità ed il tipo di manifestazione varia a seconda della personalità dell’individuo. L’hashish (di cui esistono diversi tipi: “marocchino”, “libanese”, “afghano”, ecc.), è ricavato dalla resina estratta dal polline dei suoi fiori, impastata con grasso animale o miele e assume un aspetto compatto. Esso è preparato per la commercializzazione in polvere o in piccoli blocchi (bastoncini).

L’olio di hashish, invece, è un liquido denso ed oleoso di colore marrone che deriva dalla distillazione delle foglie di cannabis macinate; rispetto alle due droghe precedenti è molto più potente.

In generale, gli effetti dei Cannabinoidi sono: sensazione di benessere e rilassamento, alterazioni dell’apprendimento e della memoria, euforia, sedazione, analgesia senza depressione respiratoria (diversità con gli oppioidi), aumento dell’appetito, bradicardia, vasodilatazione (particolarmente evidente a livello dell’occhio dando i tipici occhi arrossati), riduzione della pressione intraoculare, miorilassante, anticonvulsivante, broncodilatazione, immunosoppressore e antinfiammatorio.

Sia la marijuana sia l’hashish sono droghe che solitamente vengono fumate (lo “spinello” può essere, infatti, facilmente confezionato in maniera artigianale), ma possono essere anche ingerite. Gli effetti di queste sostanze iniziano dopo qualche minuto dall’assunzione e possono protrarsi per 3/4 ore e dipendono dalla concentrazione del THC presente. Se assunte con alcolici sono, ovviamente, molto più pericolose. La marijuana probabilmente è più dannosa per i polmoni dato che uno spinello pare corrisponda a sedici sigarette; l’hashish produce uno stato di rilassamento che potrebbe essere vantaggioso in ambito pre-gara agonistica e modificazione della frequenza cardiaca, senso di rallentamento del tempo e di miglioramento di udito, gusto, tatto e olfatto.

Questi effetti possono variare secondo la quantità di droga consumata, e in base alle circostanze in cui è assunta. Entrambe, dunque, possono alterare le capacità motorie nell’eseguire compiti complessi (es. guidare); interferiscono con il pensiero logico e la memoria. Per questo motivo l’uso regolare da parte di adolescenti è molto preoccupante in quanto può interferire con i processi di apprendimento e di maturazione in termini di sviluppo cognitivo. Inoltre, anche il sistema riproduttivo è coinvolto: in ambito maschile si è riscontrata una diminuzione del numero di cellule spermatiche e della mobilità delle stesse, in quello femminile difficoltà nell’ovulazione. Non si ritiene, però, che la marijuana e l’hashish inducano dipendenza psicologica, tranne quando vengono assunti in grandi dose giornaliere. Studi recenti, hanno rilevato in chi assume costantemente questi tipi di droga, il seguente quadro fisiologico: una alterazione del patrimonio genetico, una riduzione degli ormoni sessuali e una ridotta attività sessuale (De Graaf et al., 2010). Recentemente, sono stati evidenziati risultati di interesse nell’impiego dei principi attivi di questa droga in pazienti con neoplasie, in quanto sembrano contrastare la nausea e il vomito che spesso compaiono a seguito di trattamento chemioterapico antiblastico (Denson, & Earleywine, 2006). È in studio anche l’impiego nella terapia del glaucoma per l’azione riducente la pressione intraoculare (Moore, et al. 2007).

 

 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

Sigmund Freud University - Milano - LOGORUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Chen CY, Wagner FA e Anthony JC., Marijuana use and the risk of Major Depressive Episode. Epidemiological evidence from the United States National Comorbidity Survey, in Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology, 37(5), 2002, pp. 199-206, Bambico FR, Katz N, Debonnel G, Gobbi G (2007). "Cannabinoids elicit antidepressant-like behavior and activate serotonergic neurons through the medial prefrontal cortex". The Journal of Neuroscience 27 (43): 11700–11. doi:10.1523/JNEUROSCI.1636-07.2007. PMID
  • Denson, T.F. e Earleywine, M., Decreased depression in marijuana users, in Addictive Behaviors, vol. 31, nº 4, 2006, pp. 738–742.
  • Zammit S, Allebeck P e Andreasson S, Lundberg I, Lewis G., Self reported cannabis use as a risk factor for schizophrenia in Swedish conscripts of 1969:historical cohort study, in BMJ, 325(7374), 23 novembre 2002, p. 1199, PMID 12446534.
  • Moore THM, Zammit S e Lingford-Hughes A, Barnes TRE, Jones PB, Burke M, et al., Cannabis use and risk of psychotic or affective mental health outcomes: a systematic review, in Lancet, nº 370, 28 luglio 2007, pp. 319-28, DOI:http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(07)61162-3.
  • De Graaf R, Radovanovic M e Van Laar M, Fairman B, Degenhardt L, Aguilar-Gaxiola S, et al., Early Cannabis Use and Estimated Risk of Later Onset of Depression Spells: Epidemiologic Evidence From the Population-based World Health Organization World Mental Health Survey Initiative, in American Journal of Epidemiology, 172(2), 2010, pp. 149-59, PMID 20534820.
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