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Cefalee in età pediatrica: l’impiego del biofeedback

Se i bambini soffrono di cefalee è preferibile non ricorrere ad una terapia farmacologica ma optare per il trattamento con il biofeedback.

Di Benedetta Frascaroli, Maddalena De Matteis

Pubblicato il 19 Mag. 2017

Aggiornato il 26 Set. 2019 15:23

Nonostante i farmaci abbiano dimostrato un’efficacia terapeutica mediante la riduzione del dolore, della frequenza e della durata dei sintomi, comportano una serie di effetti collaterali, che per i bambini possono rivelarsi importanti, considerata la giovane età. L’utilizzo, quindi, di una terapia farmacologica in età pediatrica sembra essere fortemente sconsigliata. Per questo, negli ultimi anni, si sono incrementati gli studi riguardanti le terapie non farmacologiche nelle cefalee infantili. Tali studi hanno evidenziato la probabilità che la procedura del biofeedback possa essere una valida modalità di gestione del dolore.

Benedetta Frascaroli, Maddalena De Matteis, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MODENA

 

Le cefalee nei bambini

Parlare di cefalea in ambito pediatrico non è semplice, l’argomento è stato più volte ripreso e discusso, ma ancora oggi si fatica a riconoscerne i sintomi, effettuare una diagnosi precoce e trovare la cura efficace. Molti bambini manifestano dolori in varie parti del corpo per innumerevoli motivi: quando dicono di avere mal di testa a volte si tende a sottovalutarlo o collegare il sintomo ad una banale stanchezza.

Accade sempre più frequentemente, tuttavia, che si presentino forme di cefalea primaria nei bambini anche sotto i 6 anni di età. Questo richiede un aiuto specialistico quando il sintomo diventa quasi quotidiano ed impedisce al bambino gran parte delle attività svolte in precedenza.

Le cefalee primarie, che si distinguono da quelle secondarie per l’assenza di una causa organica primaria da cui derivi il disturbo (come traumi, tumori,…), si suddividono principalmente in due categorie: Emicrania e Cefalea di tipo tensivo, seguite da una minor prevalenza di Cefalea a grappolo (e altre cefalee autonome) e Trigeminali.

Per emicrania si intende una cefalea idiopatica ricorrente, che si manifesta con attacchi della durata da 4 a 72 ore. Le caratteristiche tipiche del disturbo sono: localizzazione unilaterale, dolore pulsante, intensità media o forte, aggravamento con le attività fisiche di routine, associazione con nausea, fotofobia e fonofobia.

La cefalea tensiva, invece, è una cefalea idiopatica ricorrente che si manifesta con attacchi della durata media di 30 minuti con frequenza quotidiana, 7 giorni su 7. Caratteristiche tipiche della cefalea sono: sede bilaterale, qualità compressiva-costrittiva (non pulsante), intensità lieve o media, dolore non aggravato da attività fisiche di routine.

Dal punto di vista fisiopatologico, l’emicrania è un disordine neurologico complesso delle funzioni superiori e dei meccanismi di controllo del dolore senza alcuna anormalità strutturale rilevabile. Mentre precedenti definizioni, suggerivano l’intervento causale diretto della contrazione muscolare e/o di particolari stati psicologici, attualmente si ipotizza una genesi multifattoriale della cefalea tensiva, basata sia su meccanismi periferici che centrali.

Le cefalee primarie rappresentano un disturbo molto frequente in ambito pediatrico.

Negli ultimi anni, l’interesse crescente è derivato non solo dalla constatazione che questa affezione colpisce dall’8 al 60% dei bambini in età scolare, ma anche dall’osservazione che l’80% degli adulti affetti da emicrania ha cominciato a soffrire di mal di testa nell’infanzia.

Solitamente questi pazienti assumono molteplici terapie farmacologiche per periodi che possono variare da qualche mese a numerosi anni. Questo aspetto pone problematiche rilevanti considerando la giovane età dei pazienti e gli effetti collaterali associati alla terapia. L’utilizzo di trattamenti non farmacologici in età pediatrica, potrebbe nascere dall’esigenza di avere una terapia scevra da effetti collaterali; questi, tuttavia, non possono essere visti solo come un’alternativa ad un intervento di tipo farmacologico, in quanto l’utilizzo di farmaci non preclude la possibilità di far ricorso a tali interventi. La facilità dei giovani pazienti cefalgici di apprendere tecniche di rilassamento e la mancanza di effetti collaterali, fa sì che queste possano essere considerate una terapia di prima scelta (Linee guida per la diagnosi e la terapia della cefalea giovanile; SISC, 2003).

Il trattamento delle cefalee: il biofeedback

Tra le tecniche utilizzate nel trattamento non farmacologico delle cefalee va sicuramente annoverato il Biofeedback.

In letteratura già diversi studi hanno valutato l’efficacia del Biofeedback:
1) 1970: Budzynski: prima dimostrazione di efficacia del Biofeedback elettromiografico (EMG Biofeedback).
2) 1978: l’American Headache Society (AHS) riconosce il Biofeedback come una valida terapia per la cefalea.
3) 1980: Blanchard & Andrasik: Migraine and Tension Type Headache: a meta-analytic review
4) 1999: Goslin et al.: Behavioral and physical treatments for migraine headache. Technical review 2.2 (AHRQ)
5) US Headache Consortium (Campbell et al., 2000) ha assegnato il grado più elevato di evidenza (“A”) al biofeedback termico ed elettromiografico per il trattamento e la prevenzione dell’emicrania,  combinato con tecniche di Rilassamento e training di tipo Cognitivo Comportamentale nella gestione dello stress.
6) 2001: McCrory: Behavioral and Physical treatment for Tension-Type and Cervicogenic Headache
7) Anche i bambini e gli adolescenti sono ottimi candidati per questo approccio terapeutico (Hermann & Blanchard, 2002); il biofeedback elettromiografico e termocutaneo ha dato prova di efficacia nei bambini e adolescenti in numerosi studi scientifici e metanalisi (Andrasik et al., 2002).
8) Secondo le più recenti rassegne e metanalisi di studi scientifici (Nestoriuc et al., 2007), il biofeedback è un trattamento efficace e specifico per la cefalea tensiva (livello “5”, il più elevato), ed è una opzione efficace di trattamento per l’emicrania (livello “4”).

Per quanto riguarda l’ambito pediatrico, già dagli anni ’80 si riscontrano alcune evidenze scientifiche riguardo l’efficacia del trattamento di Biofeedback nelle cefalee infantili, tuttavia gli studi sono ancora estremamente esigui ed il contributo clinico in Italia scarseggia allo stesso modo.

Ma capiamo meglio di cosa si tratta, cos’è il Biofeedback?

Il termine Biofeedback deriva dall’unione di due parole :“Biological feedback”, che possiamo tradurre letteralmente come “retroazione biologica”.
Il Biofeedback è, infatti, un’apparecchiatura elettronica composta da una centralina a cui si collegano un numero di elettrodi sufficienti per rilevare le variabili fisiologiche di cui il clinico necessita. Le variabili, in ambito psicologico, che si possono misurare tramite questo strumento sono: tensione muscolare, conduttanza cutanea, temperatura corporea, frequenza cardiaca e frequenza respiratoria. Il Biofeedback risulta estremamente efficace nel controllare il dolore e ridurre il livello di stress ed ansia che ogni persona può presentare in differenti momenti della vita, aiutando ad apprendere nuove modalità di risposta alle situazioni stressanti.

Tramite questa tecnica le modificazioni fisiologiche vengono registrate e tradotte in un segnale acustico o visivo, il quale offre al soggetto il feedback dell’attività di una propria funzione biologica. L’idea di base nell’addestramento in biofeedback è quella di usare dei rilevatori elettronici al fine di far vedere che cosa stia succedendo all’interno del proprio corpo, istante per istante, fornendo un aiuto tangibile (feedback) nel comprendere se si stia apprendendo, nel modo corretto, il rilassamento come nuova risposta anti-stress. È quindi una forma di apprendimento che si ottiene premiando la persona ogni volta che riesce ad abbassare le attivazioni disfunzionali del proprio corpo.

Con un opportuno training la persona diventa capace di autoregolare le proprie risposte fisiologiche ed emozionali alle situazioni stressanti.

Cosa accade nella pratica quando si usa il biofeedback?

Durante una seduta di Biofeedback, gli elettrodi vengono posizionati in alcune parti del corpo del paziente, come le dita delle mani, la fronte, il collo o altre zone del corpo, in maniera non invasiva, in base alle necessità individuali. Il paziente, quindi, in un tempo che varia da 30 a 60 minuti, vedrà su uno schermo collegato all’apparecchiatura centrale, delle immagini animate o ascolterà un suono, che rappresentano alcuni dei feedback a disposizione, al fine di prendere consapevolezza ed imparare a distinguere e riconoscere la presenza di uno stato di tensione da uno di rilassamento, per poi apprendere a modificarli volontariamente.

L’impostazione del training segue quattro momenti fondamentali, di durata flessibile: valutazione diagnostica, acquisizione, stabilizzazione e generalizzazione.

Le tipologie di Biofeedback maggiormente utilizzate nelle cefalee sono:
TH-BFB: Thermal Biofeedback: Consente un aumento della vasodilatazione periferica (Sargent, 1973; Blanchard et al., 1982; Balnchard e Kim, 2005). Secondo numerose evidenze scientifiche, infatti, la presenza di cefalea, in particolare di tipo emicranico, può essere causata da una difficoltà della temperatura corporea, caratterizzata da una differenza termica superiore a 1 grado centigrado tra la parte centrale e quella periferica del corpo (per esempio fronte e mani) che risulta essere sempre inferiore e quindi caratterizzata da una vasocostrizione.
EMG-BFB: Elettromiografic Biofeedback: Consente una riduzione della tensione muscolare a livello frontale (Budzynski,1973; Grassi and Bussone,1993; Rokicki, 2003).

L’utilizzo del Biofeedback con i bambini

Erroneamente, si tende a considerare il bambino come un piccolo adulto. Questo porta, molto spesso, a fare delle valutazioni non adeguate sui piccoli soggetti, sebbene le linee guida delle varie società scientifiche internazionali, che fanno riferimento agli studi di meta analisi, siano piuttosto rigide al riguardo. Infatti, il sistema maturativo cerebrale e neurobiologico nel bambino non si è ancora completato, e questo comporta un intervento specifico e mirato per ogni piccolo paziente, strettamente correlato con l’età di esordio della cefalea.

Trattandosi di bambini, l’uso dei farmaci è sconsigliato, se non in casi in cui il dolore diventa invalidante. In tali circostanze, più comunemente, si ricorre all’utilizzo degli analgesici (più comunemente all’ibuprofene), che consentono di alleviare il dolore e permettono al bambino di ritornare alle sue attività. Se l’ibuprofene risulta essere alquanto efficace nelle fasi acute delle cefalee muscolo-tensive, il paracetamolo, viene prevalentemente impiegato nei casi di emicrania. Laddove il caso lo richieda, si procede con una terapia di profilassi, volta a stabilizzare la situazione di dolore e invalidazione in cui si trova il piccolo paziente.

Nonostante i farmaci abbiano dimostrato un’efficacia terapeutica mediate la riduzione del dolore, delle frequenza e della durata dei sintomi, comportano una serie di effetti collaterali, che per un bambino possono rivelarsi importanti, considerata la giovane età. L’utilizzo, quindi, di una terapia farmacologica in età pediatrica sembra essere fortemente sconsigliata.

Per i motivi sopra elencati, negli ultimi anni, si sono incrementati gli studi riguardanti le terapie non farmacologiche nelle cefalee infantili. Tali studi hanno evidenziato la probabilità che la procedura del biofeedback possa essere una valida modalità di gestione del dolore.

I primi studi sull’efficacia del biofeedback nel trattamento della cefalea risalgono agli anni ’70 (Budzynski et al., 1970; Sargent et al., 1972) e si focalizzano sulla tecnica elettromiografica o di controllo della temperatura distale. Attualmente gli approcci a disposizione sono numerosi e differenti.

Negli ultimi 30 anni, infatti, la ricerca ha fornito consistenti ed indiscutibili prove di efficacia relativamente all’impiego del Biofeedback nelle cefalee.
A tale proposito, il prestigioso US Headache Consortium (Campbell et al., 2000), in virtù della sua efficacia, ha assegnato il grado più elevato di evidenza (“A”) al Biofeedback termico ed elettromiografico per il trattamento dell’emicrania. Questa procedura risulta essere ancora più efficace se combinata con tecniche di Rilassamento e training di tipo Cognitivo Comportamentale, utili nella gestione dello stress.

Una recente metanalisi (Nestoriuc et al., 2008) ha messo a confronto 53 ricerche, condotte a partire dagli anni 70, sull’efficacia dei vari protocolli di biofeedback nel trattamento della cefalea tensiva. Tale procedura è risultata essere un trattamento totalmente efficace e specifico per la cefalea tensiva (livello “5”, il più elevato), ed una valida scelta nell’emicrania (livello “4”).

Da questo imponente studio, condotto con una metodologia di analisi esemplare, sono emersi dati molto chiari: il biofeedback  presenta un’incisività che si colloca nel range medio-alto a seconda del protocollo utilizzato, in particolare il Biofeedback elettromiografico ottiene il grado di efficacia più elevato.

I bambini e gli adolescenti sembrano poter divenire ottimi candidati per questo approccio terapeutico (Hermann & Blanchard, 2002): numerosi studi scientifici e di metanalisi hanno, infatti, dimostrato la validità del biofeedback elettromiografico e termocutaneo all’interno di vari campioni di giovane età (Andrasik et al., 2002).

In linea generale, tale procedura permette ai piccoli pazienti di gestire il dolore, grazie alla possibilità di ricevere in modo immediato e diretto le informazioni riguardanti le proprie funzioni fisiologiche. Inoltre, permette ai pazienti di aumentare o assumere, talvolta, la consapevolezza della distinzione esistente tra tensione e rilassamento muscolare nei vari distretti. Educando le persone a controllare quelle funzioni fisiologiche che sono indipendenti dalla loro stessa volontà, le si può aiutare a modificarle, segnalando, talvolta, la presenza di una relazione tra esse e le emozioni. Sia il segnale acustico che visivo, possono rilevare chiaramente l’esistenza, ad esempio, di una situazione di ansia non riconosciuta. Per questo motivo, l’impiego della tecnica di biofeedback potrebbe risultare indicata anche nei bambini che presentano un dolore causato o peggiorato da modifiche fisiologiche associate a stati di tensione e stress.

Nel 1985 Attanasio e colleghi ne individuarono i vantaggi in ambito pediatrico, rispetto agli adulti. I ricercatori hanno evidenziato come i bambini siano maggiormente entusiasti, meno scettici e imparino più rapidamente rispetto agli adulti. I piccoli individui selezionati esprimono una fiducia maggiore nelle proprie abilità rispetto agli adulti, hanno esperienza di scarsi insuccessi, si divertono e riescono più facilmente a controllare il sintomo.

I ricercatori hanno, inoltre, dimostrato come il biofeedback rappresenti uno strumento di grande efficacia clinica nell’età pediatrica, nonostante i tempi di attenzione siano certamente ridotti e possano verificarsi dei timori verso una strumentazione elettronica sconosciuta.

In conclusione, possiamo, quindi, affermare che il biofeedback, grazie alla sua totale assenza di effetti collaterali, potrebbe essere uno strumento indicato nell’età pediatrica per fronteggiare un disturbo sempre più incidente ed invalidante della nostra società: la cefalea primaria. Grazie agli studi di efficacia, si ipotizza che il Biofeedback possa fornire al bambino l’apprendimento di un’abilità di gestione e controllo del dolore che consente una riduzione della tensione muscolare ed un’azione diretta di modifica della frequenza dell’attacco cefalgico.

Come accade per altre problematiche, potrebbe risultare indicato avvalersi di un intervento multidisciplinare, dove l’utilizzo del biofeedback venga integrato ad un approccio psicoterapeutico che consenta di individuare e modificare i principali fattori scatenanti e di mantenimento, gli stili di vita, gli eventi stressanti e tutto ciò che risulti essere coinvolto nella formazione, conservazione e aggravamento delle cefalee pediatriche.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Andrasik F, Larsson B, Grazzi L (2002) Biofeedback treatment of recurrent headaches in children and adolescents. In: Guidetti V, Russell G, Sillanpaa M, Winner P (eds) Headache and migraine in childhood and adolescence. Martin Dunitz, London, pp 317–322.
  • Budzynski TH, Stoyva JM, Adler CS. (1970) Feedback-induced muscle relaxation: application to tension headache. J Behav Ther Exp Psychiatry; 1:205–211.
  • Campbell JK, Penzien DB, Wall EM, (2000) Evidence-based guidelines for migraine headache: behavioural and physical treatments. American Academy of Neurology Web Site. Available at: http://www.aan.com/professionals/practice/pdfs/gl0089.pdf
  • Damen L, Bruijn JKJ, Verhagen AP et al. Symptomatic treatment of migraine in children: a systematic review of medication trials. Pediatrics 2005, 116:e295-e302.
  • Hermann C, Blanchard ED, (2002) Biofeedback in the treatment of headache and other childhood pain. Applied Psychophysiology and Biofeedback, Vol. 27, No. 2, June.
  • Nestoriuc Y, Martin A., Rief W., Andrasik F., (2008) Biofeedback treatment for headache disorders: a comprehensive efficacy review. Applied Psychophysiology and Biofeedback, 33: 125-140.
  • Basmajian (1985) Il Biofeedback : aspetti teorici ed applicazioni pratiche. Edizione Piccin.
  • Chiari, G. (1982) Biofeedback, emozione e malattia. Franco Angeli, Milano.
  • Schwartz, M.S. & Associates (1995). Biofeedback. A Practitioner's Guide, 2nd ed. The Guildford Press, New York.
  • The Association for Applied Psychophysiology and Biofeedback (AAPB)
  • http://www.aapb.org. In Europa:The Biofeedback Foundation of Europe (BFE)
  • http://www.bfe.org
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