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Le controindicazioni attuali e future all’utilizzo della realtà virtuale

La Cybersickness, la Disforia dell’Identità Personale o la Nomofobia sarebbero tra le controindicazioni più frequenti legate all'uso della realtà virtuale

Di Marco Lazzeri

Pubblicato il 20 Apr. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2017 12:39

Alcuni presupposti medici presentano controindicazioni significative all’utilizzo della realtà virtuale. Le avvertenze attuali nell’utilizzare la realtà virtuale fanno normalmente riferimento a malesseri fisici e sensoriali, come ad esempio la Cybersickness. Nel lungo periodo invece, quali incognite potrebbe comportare tale espediente tecnologico? 

 

Alcuni presupposti medici presentano controindicazioni significative all’utilizzo della realtà virtuale. Tali “avvertimenti” suggeriscono grande cautela quando questi strumenti sono usati in pazienti con ipertensione, malattie cardiovascolari e circolatorie. Inoltre, dato che la realtà virtuale può interferire con i normali processi psicologici, un’attenta osservazione è necessaria quando si usa tale espediente tecnologico con pazienti schizofrenici, psicotici e altri disturbi psicopatologici, giacché la confusione del reale versus il virtuale potrebbe accentuare la loro patologia.

Le avvertenze attuali nell’utilizzare la realtà virtuale fanno normalmente riferimento a malesseri fisici e sensoriali, come ad esempio la Cybersickness, nonché a problematiche quali la Disforia dell’Identità Personale o il Disturbo da Dissociazione delle Realtà. Nel lungo periodo invece, quali incognite potrebbe comportare tale espediente tecnologico? Tra le tante ipotizzabili, l’Internet Addiction Disorder e la Nomofobia sarebbero quelle più probabili.

 

Realtà virtuale: le problematiche attuali

La Cybersickness

La cinetosi (motion sickness) è un complesso fenomeno sia fisiologico sia psicologico che pur essendo legato alla percezione del movimento non presenta un’evidente relazione tra moto e grado di malessere.

Numerosi sono i fattori che possono essere collegati alla cinetosi, ma i principali sono le accelerazioni con contenuto a bassa frequenza che sono percepite dal sistema vestibolare (otolite e canale semicircolare), visivo e propriocettivo.

Quello che è interessante notare è che non solo il moto “reale” è provocativo; con il sempre maggiore utilizzo della realtà virtuale si è constatato come anche condizioni di moto simulato (ad esempio all’interno di simulatori o in ambienti virtuali) provochino tale malessere (cybersickness) dimostrando quanto sia importante la sensazione visiva nella genesi della sintomatologia. I sintomi correlati alla cybersickness riguardano differenti aree target:

  1. visiva (visione sfuocata, diplopia, lacrimazione, arrossamento irritativo);
  2. uditive (acufene e ipoacusia);
  3. vestibolare (instabilità, nausea, vomito e sudorazione);
  4. sistema nervoso centrale (cefalea, convulsioni, flashback e instabilità);
  5. Muscolo – scheletrica (dolori al collo, polso e schiena).

 

Disforia dell’Identità Personale

Chi sono io veramente? La domanda che turba cuori e menti dell’umanità da tempo immemorabile si caricherà di ulteriori perturbanti significati nella società del futuro.

Le nostre identità verranno ulteriormente frammentate e suddivise tra le diverse elaborazioni artificiali a cui affideremo sempre compiti via via più sofisticati di svariate sfere della nostra esistenza, anche intima e personale. Multipli pezzi di noi vivranno e interagiranno in multiple realtà più o meno reali; perdita d’individualità e confusione patologica sulla nostra vera identità e natura saranno in agguato. Gergen scrive:

Questa frammentazione della percezione di sé corrisponde a una molteplicità di relazioni incoerenti e fra loro sconnesse. Queste relazioni ci spingono in una miriade di direzioni, invitandoci a interpretare una varietà di ruoli tale da far sfumare il concetto stesso di sé autentico, dotato di caratteristiche conoscibili. Il sé completamente saturato diventa un non sé. D’altro canto la mancanza di una reale presenza fisica e l’impossibilità di poter accedere a tutta una serie di messaggi non verbali ai quali siamo abituati nelle relazioni interpersonali diminuisce la possibilità di accesso a tutta una serie d’informazioni fondamentali nell’interazione tra due individui

 

Disturbo da Dissociazione della Realtà

È una malattia correlata a quella precedente, dato che sempre riguarda la gestione del proprio rapporto con la realtà virtuale. Questa diventerà infatti così realistica, credibile e pervasiva che sarà quasi impossibile per una persona distinguere le esperienze virtuali da quelle reali. Come in sogno, dove a volte si fa molta fatica, o non si riesce proprio, a riconoscere ciò che è successo sul piano onirico o sul livello di realtà da veglia, lo stesso dubbio riguarderà il confine con la sofisticata copia della realtà che sarà quella virtuale. Questo disorientamento colpirà i rapporti intrapersonali ma anche i rapporti interpersonali, dato che sarà sempre più difficile capire se stiamo interagendo con una persona reale o no.

 

Realtà Virtuale: le problematiche future

L’Internet Addiction Disorder

Sebbene l’uso dei sistemi di Realtà Virtuale nella cura delle patologie psichiche sia un notevole passo avanti, c’è da chiedersi quali incognite future comporterà l’uso di tale tecnologie. Una di queste potrebbe essere l’Internet Addiction Disorder.

Pur con una certa diffidenza negli ambienti scientifici, diffidenza che si è tradotta in un mancato riconoscimento della paternità di tale “disturbo”, la sindrome da “dipendenza” da Internet, è una patologia “annunciata” che, come nota Grohl, è nata prima nei luoghi comuni e nelle convinzioni delle persone esterne all’ambito scientifico. In ambito scientifico il lavoro che viene citato come esempio di ricerca e prova sull’esistenza dell’ Internet Addiction Disorder è quello di K. Young che nel 1997 intervenne al congresso dell’American Psychological Association proponendo una indagine dalla quale risulterebbe che esistono peculiarità specifiche di comportamenti dipendenti in Internet. Nel suo lavoro di ricerca sull’esistenza dell’ Internet Addiction Disorder, Young ha cercato inoltre di classificare le persone come internet-dipendenti solo se mostravano quattro o più dei sintomi elencati qui sotto:

  1. Vi agitate o irritate quando qualcuno tenta di ridurre o arrestare il vostro uso della Rete?
  2. Quando vi collegate in rete sentite di stare bene, provate una sensazione di benessere?
  3. Rimanete in linea più a lungo di quanto avete inizialmente progettato?
  4. Preferite rimanere on line rischiando di perdere un rapporto significativo, o un’occasione di carriera?

Elemento fondamentale per comprendere le dinamiche legate alla dipendenza da Internet è il fenomeno della “distorsione del tempo”, l’alterazione spazio temporale prodotta nel soggetto che rimane collegato per molte ore, talvolta per giorni, in internet senza che se ne renda conto. Alcuni pazienti vanno incontro ad un’ inversione del ritmo sonno veglia e a veri e propri stati deliranti in rapporto al costante utilizzo della rete.

 

La Nomofobia

Una domanda sorge spontanea: e se con il tempo la tecnologia della Realtà Virtuale fosse, al pari degli smartphone, accessibile a tutti? Cosa accadrebbe? In un intervista condotta ad aprile 2015 da ‘Il Fatto Quotidiano’ è stato chiesto ad un gruppo di persone, di diverse età, se riuscirebbero a stare senza il loro smartphone: la risposta è stata quasi del tutto unanime: “senza smartphone non riuscirei a vivere, mi verrebbe l’ansia”. Si scrive nomofobia, si legge ‘stato ansioso che si manifesta quando non è possibile usare il telefono cellulare”.

L’ossessione per il cellulare è oggi una patologia: cos’è la “Nomofobia“? Le tecnologie informatiche e digitali sono in grado di acutizzare diverse fobie umane, tra cui questa che viene descritta esattamente come un’ansia da separazione, inesistente fino a pochi anni fa.

La paura di essere separati da uno smartphone o di non poterlo utilizzare, genera nel nomofobico una vera e propria interruzione dei contatti sociali e quindi un’ansia da separazione nel vero senso psicologico del termine.

Negli adolescenti – spiega il dottor Federico Tonioni, psichiatra dell’Ospedale Gemelli di Roma.– che sono nativi digitali e non hanno mai conosciuto un vita prima del computer, quella online è davvero un nuovo modo di comunicare e pensare. Negli adulti, invece, che un prima del computer lo hanno conosciuto, ci sono più i caratteri della dipendenza patologica e, quindi, è ipotizzabile che un adulto senza il suo telefonino si senta un po’ mutilato, come se perdesse il controllo della realtà

Il nomofobico – continua Tonioni – è un soggetto ansioso, può anche avere degli spunti paranoidei, difficoltà nel perdere il controllo sugli altri, ma potrebbe essere anche una persona con dei tratti narcisistici molto spiccati, che ha sempre bisogno di avere una conferma da parte degli altri, di sapere che ha un seguito

Questa però – specifica lo psichiatra – non è considerabile come una vera e propria patologia. Per questo si parla di fobia: è una paura non giustificata dalla realtà

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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