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La relazione terapeutica: strada maestra verso il cambiamento – Ciottoli di Psicopatologia Generale

In terapia l’importante non è avere la ricetta giusta ma un metodo per la correzione degli errori e questo metodo è la relazione e condivisione col paziente

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 07 Mar. 2017

Al di là della diagnosi categoriale quello che ci è utile è una descrizione del funzionamento del soggetto che è unico ed originale anche se alcuni aspetti delle sue condotte sono riconducibili alle categorie diagnostiche. Lui è molto di più.

CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE – La relazione terapeutica (Nr. 20)

 

Una volta fatta una ipotesi sul suo funzionamento gli va restituita allo scopo di riaggiustarla insieme, come il sarto che prova il vestito e poi  insieme vedono le modifiche da fare.

Si può mostrare inoltre al soggetto come ha appreso quella modalità di perseguire  gli scopi per lui importanti ed anche perché quest’ultimi sono tali. Infine gli si può far valutare i costi di una simile strategia, soprattutto se rigida e senza alternative sottolineando contemporaneamente il ruolo adattivo e di salvavita che ha avuto nel contesto di apprendimento, ma che ora la guerra è finita e il panorama cambiato.

Il processo di cambiamento – che può essere graduale e/o minor se si colloca a livello delle strategie di perseguimento o  rivoluzionario e/o maior se coinvolge gli scopi – lo si attua con tutte le tecniche a disposizione (la cassetta degli attrezzi) cognitivo comportamentali e non solo, avendo come obiettivo di esplorare con lui territori prima off limits ampliando dunque i gradi di libertà del sistema ad entrambi i livelli (scopi e strategie).

La strada maestra comunque è l’atteggiamento di fondo da tenere nei suoi confronti che definirei come “percepirlo e trattarlo come non si è mai permesso di essere per consentirglielo”. Credo che questa percezione di come l’altro avrebbe potuto e forse voluto essere e non è stato sia decisiva e deve essere sincera; poi tutto il resto protocolli, tecniche ecc. segue di conseguenza.

L’importante è procedere con un idea in testa sul cambiamento che si vuole ottenere, il resto viene da sé.

Ad esempio se voglio che aumenti l’autostima, l’atteggiamento sarà genericamente validante e incoraggiante. Se voglio che smetta di costringersi ad essere il migliore per essere considerato, lo coccolerò quando sta in difficoltà. Due esempi fuori contesto, dunque più freddi e chiari.

Se voglio  tornare a casa devo rappresentarmi questo desiderio. Poi scegliere l’autobus, la metropolitana, i piedi o il taxi dipenderà dalla distanza, da me in quel preciso giorno, dal tempo e dalle risorse. Se voglio conquistare una donna (uomo) il protocollo non è standard manco per Salvkovsky, e dipende da come è lei (o meglio da come penso che sia), da come sono le condizioni esterne al momento, da come sono io. L’importante non è avere la ricetta giusta ma un metodo per la correzione degli errori che certamente ci saranno e in terapia questo metodo di aggiustamento della mira è la condivisione col paziente.

Questo discorsetto mi pare relativizzi molto le diagnosi, i protocolli e le tecniche (tutto quello che da certezze sob!) e valorizzi la formulazione del caso e l’atteggiamento nella relazione terapeutica.

RUBRICA CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE

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