I° congresso italiano di confronto tra psicoterapie cognitivo-comportamentali di terza generazione:
Mindfulness, Acceptance, Compassion: nuove dimensioni di relazione
I lavori si aprono molto presto la mattina del 22 e la proposta dei workshop precongressuali è ricca di eventi . I workshop della mattina sono condotti dal Prof. Gianbattista Presti sul modello di base dell’ACT come trappola del Linguaggio; dal dott. Giovanni Miselli e da un ospite internazionale Shinji Tani, della Ritsumeikan University di Kyoto sui valori; da Nicola Petrocchi sulla Compassion Focused Therapy e da Matthieu Villatte e Jennifer Villatte sull’approccio contestuale. L’impronta è dunque chiara ed incentrata sui cambiamenti della psicologia cognitiva comportamentale ed il livello di approfondimento del workshop ben definito nell’ introduzione di questi.
Workshop ACT avanzato: dare valore alle persone attraverso i processi del sé
In mattinata abbiamo partecipato al workshop del Dott. Miselli e del Prof. Shinji Tani. E’ stato un evento molto particolare, dove il Prof. Tani ha cercato di alternare esercizi esperienziali a finestre teoriche della RFT (Relational Frame Theory) atte a descrivere e a maneggiare le proposte esperenziali su una base processuale e funzionale.
Il dott. Miselli ha poi incentrato il suo intervento sul suo “cavallo di battaglia”: l’augmenting dei valori e il rapporto tra il Sè come contesto ed il Perspective Taking. Il relatore ha focalizzato l’attenzione sulle fonti di informazione come variabile preminente nella discriminazione ed organizzazione degli stimoli presenti nel contesto.
Questo passaggio didattico è stato supportato ed arricchito da esempi e dalla proposta di esercizi sul perspective taking. Il riferimento sociale è stato presentato come un apprendimento discriminativo di stimoli ed Il Perspective Taking come processo e risorsa preminente, del terapeuta ACT, per la promozione della flessibilità cognitiva e della defusione nel paziente.
Functional Analytic Psychoherapy (FAP): il comportamentismo al “servizio” della relazione terapeutica
La proposta pomeridiana è stata ancora più ricca di eventi, i partecipanti potevano scegliere tra ben 8 workshop differenti che andavano dal trattamento degli adolescenti attraverso il modello DNA-V (Hayes, Ciarrochi), al trattamento di coppia attraverso il modello ACT (vedi anche: Parent Training e ACT: genitorialità come valore in situazioni difficili NdR).
Tra le varie proposte, siamo andati a seguire il workshop FAP: il comportamentismo al “servizio“ della relazione terapeutica condotta dalla Dott.ssa K. Manduchi ed il Dott. Allegri.
La Functional Analytic Psichotherpy (FAP) vede ufficialmente la luce nel 1991, con l’uscita dell’omonimo manuale scritto da Robert Kohlenberg e Mavis Tsai, entrando così a far parte delle terapie del comportamento di terza generazione (Hayes et al. 2004).
La dott.ssa Manduchi attraverso numerosi esempi clinici ha accompagnato l’uditorio a far conoscenza della FAP , portando alla luce gli strumenti per riconoscere e usare il rinforzo nella terapia. L’obiettivo della FAP è dunque, secondo i relatori del workshop, riconoscere i comportamenti clinicamente rilevanti (CRB) in termini funzionali.
E’ determinante, per il terapeuta FAP, dirigere l’azione rinforzante distinguendo i CRB1 (i comportamenti problematici del paziente) dai CRB2 (quelli che per lui sono funzionali). Nella relazione terapeutica è importante la “consapevolezza”che deve essere una capacità al servizio del rinforzo. Il rinforzo deve basarsi sul contesto relazionale che il terapeuta via via osserva e deve essere contestuale e non casuale.
Al fine di lavorare a pieno con la relazione contestuale è importante individuare i CRB 1 e CRB 2 nel paziente ed i T1 ed i T2 nel terapeuta.
I T1 sono i comportamenti che il terapeuta mette in atto nei confronti del paziente e che possono essere di ostacolo al raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
I T2 sono, invece, una lista di comportamenti che il terapeuta può rinforzare e che facilitino il paziente nell’apprendimento dei propri comportamenti obiettivo. L’ individuazione dei CRB e dei T devono prevedere un’attenta analisi funzionale.
La sensazione che si ha nel sentire questi relatori è che la FAP sia un invito a prestare, in maniera funzionale e consapevole, la maggior attenzione possibile al paziente, momento per momento.
La sessione plenaria
L’intensa giornata di lavori si conclude con la plenaria tenuta dal Prof. Moderato, il Dott. Massimo Ronchei, attuale Presidente di ACT Italia, ed il Prof. Nanni Presti attuale presidente dell’ ACBS (Association for Contextual Behavioral Science). I tre hanno ripercorso la storia del pensiero inter-comportamentista e contestualista in Italia e all’Estero e sono stati il prodromo al collegamento via streaming con il padre fondatore della RFT/ACT, Steve Hayes.
L’intervento di Hayes si è focalizzato sulla crescita dell’ ACT, ma anche sui cambiamenti della nostra società e su come un approccio contestuale e funzionale, possa essere un arricchimento per l’efficacia delle terapie ed il progresso della società. Il progresso prodotto dall’ACT è secondo Hayes dovuto al focus che la prospettiva contestualista ha sul processo, piuttosto che sul sintomo o sulla diagnosi.
Hayes sostiene di essere arrivato al suo modello perché si è posto il problema sul perché è così complesso essere un essere umano. La risposta che si è dato è legata alla peculiarità dell’utilizzo del comportamento verbale da parte degli esseri umani. Il rapporto tra comportamento verbale, comportamento governato da regole e comportamento legato alle contingenze o alla fisiologia della specie è al centro dell’analisi del prof. Hayes.
La sofferenza umana non solo viene spiegata come una generalizzazione di un comportamento appreso di evitamento, ma viene sostanziata l’avvincente teoria dello spostamento della cooperazione al servizio del problem solving. Per Hayes la capacità di denominare gli oggetti del mondo, di per Sè, non svolge alcun ruolo, ma è al servizio del principio di cooperazione che si attua a partire dalla capacità, del naming(denominazione), di mettere in relazione l’oggetto denominato con gli stimoli e le funzioni presenti nel contesto di emissione, dove, partecipano parlante e ascoltatore. A partire da questi assunti, i processi sono più importanti degli stimoli ed il contesto della somma di questi.
La forza dell’RFT/ACT è dunque la capacità di questa terapia di promuovere la flessibilità psicologica attraverso tre processi: apertura, perspective taking (contestualizzazione del Sè) e azioni impegnate.
L’ACT funziona perché permette al paziente di ricontestualizzare funzionalmente gli stimoli verbali presenti in un campo percettivo, promuovendo processi di defusione cognitiva, attraverso il perspective taking, la defusione cognitiva e le azioni impegnate. Tale funzione è importante quando l’essere umano promuove l’evitamento degli stimoli verbali che gli inducono sofferenza, depauperando la sua esistenza nei contesti verbali e percettivi, ove questi si presentano. L’evitamento esperenziale stabilizza così la rigidità cognitiva e la sofferenza del paziente, bloccandone, coseguentemente, la crescita personale.
In conclusione Hayes ha presentato i successi scientifici dell’ ACT nei diversi ambiti che vanno dal trattamento delle psicosi alla psicologia dello sport. La mediazione in tutti gli studi sembra essere legata all’ aumento, da parte dei pazienti che si sottopongono all’ACT, della flessibilità cognitiva.