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Tra orientamento sessuale non conforme e religione cattolica: un’intervista

Una riflessione sul rapporto che una persona con orientamento sessuale non eterosessuale può avere con la fede cattolica...

Di fluIDsex, Greta Riboli

Pubblicato il 02 Dic. 2016

Aggiornato il 22 Nov. 2017 10:27

Una riflessione sul rapporto che una persona con orientamento sessuale non eterosessuale può avere con la fede cattolica. Lo scopo sarà quello di mettere in evidenza la sofferenza psichica a cui una persona può andare incontro nel vivere entrambe queste dimensioni. Si farà riferimento alla religione cristiana cattolica in particolare, in quanto nel contesto italiano è la confessione a cui più persone aderiscono.

 

Alcuni precetti della Chiesa Cattolica

Qui di seguito verranno riportati esigui elementi essenziali della Chiesa Cattolica, per fare questo ci si è serviti del “Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio” redatto da una commissione di Cardinali, presieduta da Papa Benedetto XVI e pubblicato nel 2005.

All’interno della Chiesa Cattolica, l’Eucaristia, più comunemente conosciuta come “Comunione”, “è il segno dell’unità, il vincolo della carità, (…) nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della vita eterna”. Per un fedele l’Eucaristia assume molta importanza, in quanto “è fonte e culmine di tutta la vita cristiana”.

Per poter ricevere la santa Comunione la Chiesa richiede che si sia “pienamente incorporati alla Chiesa cattolica (…), cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione”.

Un peccato è considerato mortale, anziché veniale, quando “ci sono nel contempo materia grave, piena consapevolezza e deliberato consenso”. In questo caso dunque, per accedere all’Eucaristia, che ricordiamo essere, per il cattolicesimo, l’origine e l’apice della vita cristiana, si devono confessare i propri peccati gravi, impegnandosi a non peccare più, al sacerdote, perché si possa ottenere il perdono. Il perdono ha la potenza di eliminare le azioni ormai compiute ed il peso delle conseguenze di queste, oltre a permettere di tornare allo stato di grazia, di riconciliarsi con la Chiesa, di riappropriarsi della pace e della serenità della coscienza.

 

Identità sessuale e fede religiosa

All’interno della Chiesa Cattolica, una persona con orientamento sessuale non unicamente eterosessuale sentirà l’esigenza di dover “essere in grazia di Dio” per accedere al sacramento dell’Eucaristia, e per questo motivo confesserà i propri atti omosessuali, considerati gravemente contrari alla religione cristiana. La Confessione ruoterà dunque attorno all’atto omosessuale, anziché all’identità sessuale della persona. Eppure questa scissione tra atti ed identità non è così facile da attuarsi, soprattutto in materia di percezione di se stessi.

Ci serviremo a questo proposito delle parole di una grande filosofa come Hannah Arendt, allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers: “Agendo e parlando gli uomini mostrano chi sono, rivelano attivamente l’unicità della loro identità personale, e fanno così la loro apparizione nel mondo umano (…). Questo rivelarsi del “chi” è qualcuno è, in contrasto con il “che cosa” – le sue qualità e capacità, i suoi talenti e i suoi difetti, che può esporre o tenere nascosti – è implicito in qualunque cosa egli dica o faccia. Si può nascondere “chi si è” solo nel completo silenzio e nella perfetta passività”.

In questa cornice i propri sentimenti, atti e la propria identità sembrano essere in contrasto con la morale della propria Chiesa. Questo conflitto potrebbe giocarsi tra il bisogno di vivere serenamente la propria sessualità ed il bisogno che Dio, Gesù e la Chiesa amino ed accettino l’identità sessuale e le azioni che la caratterizzano. Questi bisogni si presentano sia a livello intrapersonale, che interpersonale. Attraverso uno sguardo più propriamente cognitivo potremmo immaginarci due pensieri esemplificativi in opposizione tra loro:

“sono felice di aver avuto un rapporto sessuale con X, persona del mio stesso sesso”; e

“mi pento di aver avuto un rapporto sessuale con X, persona del mio stesso sesso”.

La seconda cognizione è ampliabile a “mi pento davanti agli occhi di Dio, Gesù e della Chiesa di aver avuto un rapporto sessuale con X”. Questa aggiunta cambia sicuramente, da un punto di vista psicologico, il “locus of thought”.

Rimanere all’interno di questo conflitto può creare malessere e stress, dovuti ad una visione non coerente ed univoca di sé e delle proprie credenze. Come riportato in un precedente articolo sul tema della dissonanza cognitiva il disagio aumenta di intensità in relazione all’importanza che gli argomenti in contraddizione rivestono per la persona. In questo caso, sia l’identità di una persona che la sua fede (ed il conseguente o talvolta scisso senso di comunità) sono temi rilevanti.

Nel 2009 una task force dell’American Psychological Association ha approfondito il tema della religione e dell’omosessualità in termini di minority stress e stigma, invitando psicologi e psicoterapeuti a considerare come ciò possa diventare un ulteriore stressor in persone appartenenti ad una minoranza. L’APA invita i professionisti a riconoscere l’importanza della religione, in quanto sistema di significati, comunità, cultura ed identità. Una ricerca condotta in Italia ha portato alla pubblicazione:

 

Religione e omosessualità: uno studio empirico sull’omofobia interiorizzata di persone omosessuali in funzione del grado di religiosità, D. Dèttore, A. Petilli, A. Montano, G.B. Flebus.

Ricerca di cui si riporta l’abstract:

«Secondo i dettami della Congregazione per la Dottrina della Fede, il desiderio omosessuale, ma soprattutto il comportamento omosessuale, sono in netto contrasto con la dottrina cattolica istituzionalizzata. Gay e lesbiche cattolici si trovano quindi in stato di grande conflitto. Con l’intento di favorire lo sviluppo di un’identità in cui fede e omosessualità sono integrate con successo, i gruppi italiani di cristiani omosessuali organizzano numerose attività finalizzate a ridurre lo stigma derivante dalla condanna cattolica dei rapporti omoerotici e a promuovere una fede personale che potrebbe trasformare la religione in una potente risorsa psicologica. Per valutare se tali obiettivi vengano raggiunti, il presente studio si propone di verificare se i livelli di omofobia interiorizzata dei partecipanti siano minori rispetto a quelli mostrati dai gay e dalle lesbiche cattolici che non li hanno mai frequentati e dagli omosessuali non credenti. Benché emerga che i soggetti cattolici dello studio siano più omofobici, le loro condizioni mentali generali non differiscono rispetto a quelle degli omosessuali non credenti. Inoltre, all’aumentare del tempo dedicato alla frequentazione dei gruppi i livelli di omofobia interiorizzata dei partecipanti si riducono mentre migliora il benessere psicologico generale. Nelle conclusioni tali dati sono discussi in relazione all’efficacia di tali gruppi».

 

Tra orientamento sessuale non conforme e religione cattolica: l’intervista

Per concludere, riporterò in seguito alcune delle parole di una donna, omosessuale e cattolica, che si è gentilmente resa disponibile a rispondere a qualche domanda sul suo modo di vivere il rapporto tra questi due nuclei della sua attuale vita.

 

Cos’è per te la Religione?

«Il Cristianesimo è una relazione. La mia conversione è avvenuta con l’incontro con la figura di Gesù e un Dio che è Verità, la Verità che si fa uomo. La Verità che ci porta è che la misura dell’amore è il sacrificio. Il compimento di questa Verità sta nella Passione, che Gesù vive e che è la realizzazione di “non c’è cosa più grande che dare la vita per i propri amici”. Quindi, quando mi dimentico che cos’è l’Amore, quando perdo la bussola, e mi sento confusa, nelle relazioni sentimentali e con gli amici, io guardo la croce e mi ricordo qual è il fine della nostra vita, che in definitiva siamo fatti per Amare, nel suo significato più pieno ed alto. Quindi potrei dire che la religione, la Croce è il mio nord»

 

Cos’è per te il sacramento della Riconciliazione?

«E’ come se Dio ti guardasse e ti dicesse “Peccato! Ti avevo creato per qualcosa di meglio di questo”. E non è il dito puntato. Questo cambia la prospettiva ed è come se ogni volta Dio veramente rinnova quello sguardo di fiducia su di te, e ti ridà la possibilità di far sbocciare dentro di te la tua parte migliore, anche se sa che nella tua debolezza umana molto probabilmente ricadrai. E quindi io veramente quando ricevo l’assoluzione vivo un momento di grandissima commozione»

 

Cos’è per te il sacramento dell’Eucaristia?

«E’ Gesù che compie il sacrificio totale di Sé. E attraverso la partecipazione all’Eucarestia entriamo a far parte del suo corpo mistico, che è la Chiesa, intesa come comunione dei credenti, ovvero di coloro che dovrebbero rinunciare al peccato (risata), e che umanamente fanno quello che possono. E quindi, quando vedo sull’altare rinnovarsi la passione di Cristo nel sacrificio dell’Eucarestia mi rendo conto di che atto di amore enorme sia, sempre per quell’idea che la cosa più grande è sacrificare la propria vita per gli amici. E quindi è un Dio che mi ama tantissimo. Per cui l’Eucaristia è una cosa davanti alla quale provo una commozione fortissima. È un’esperienza meravigliosa vivere l’Eucaristia in questo senso, è proprio un mistero d’amore»

 

Come vivi il rapporto tra Fede e la identità sessuale?

«Sarei un’ipocrita se dicessi che non è una cosa problematica, perché lo è di fatto. La posizione della Chiesa Cattolica bene o male la conoscono tutti, ufficialmente ti dicono: “si va bene se sei omosessuale. Non è un peccato essere in una condizione di omosessualità o di omoaffettività, purché tu non la eserciti, quindi che tu non compia atti omosessuali”. Però a me viene da chiedere “in che misura sono omosessuale?”, non è che io mangio da omosessuale, lavoro da omosessuale, cammino da omosessuale – forse camminare un po’ si (risata) – “ma in che cosa sono omosessuale se non nella mia vita affettiva e sessuale, appunto?”. Quindi la questione è che Tu non mi stai chiedendo di rinunciare ad un atto, mi stai chiedendo di rinunciare ad una fetta veramente grossa della mia identità e questo è un problema»

 

Come vivi il doverti riconciliare con la Chiesa per i tuoi atti omosessuali?

«La vivo male. È una cosa che vivo con grande conflitto perché da una parte lo trovo ingiusto, assurdo, proprio perché so quello che sento e non lo vivo come una perversione, ma come una cosa legata in modo armonioso a quella che è la mia personalità. Però nello stesso tempo io credo nella Chiesa e nel Vangelo e quindi il dubbio che forse hanno ragione Loro c’è sempre. Quindi è un grosso conflitto perché alla fine l’unica cosa che posso dire è “Signore se questa è davvero una cosa che tu non vuoi o che è sbagliata toglimela oppure accettami per come sono”. In fondo nessuno a parte Gesù è in grado di amare in modo perfetto. Amo come posso, quindi questa è un po’ la via d’uscita che mi do. Però senza ombra di dubbio è un grandissimo conflitto che sono costretta a vivere perché nella mia testa echeggiano un sacco di cose, di contraddizioni. Questa cosa mi toglie molta serenità.

Il problema grosso si presenterà il giorno in cui io dovessi avere una relazione. Sarà un problema allacciarsi ai Sacramenti, come lo è per i divorziati. Il peccato per eccellenza è la disobbedienza, dunque, malgrado io senta che in questa cosa non c’è giustizia, non mi farò giudice di quelle che sono le regole e preferirò rinunciare ad una cosa che per me è fondamentale, come l’Eucarestia. Altrimenti potrei trovare un direttore spirituale, che si assumerebbe la responsabilità, ma questa è una cosa che non ho ancora affrontato e che forse sto un po’ rimandando.

Comunque, spesso si chiede che problemi hai a vivere la tua religiosità con il fatto che sei omosessuale, a questo punto io rovescerei anche gli addendi: “che problemi hai tu a vivere nel mondo omosessuale da credente?” È molto difficile perché mi trovo a confrontarmi con persone che hanno una visione di relazione con l’altro che fa a pugni con quella che è la mia, e questo, per me, è molto lacerante.»

 

Greta Riboli

 

 


 

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La rubrica fluIDsex è un progetto della Sigmund Freud University Milano.

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