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La fiaba perfetta. La lettura delle fiabe popolari e il loro uso in una visione psicoanalitica (2016) – Recensione

La fiaba perfetta di Daniela Bruno fornisce una lettura psicoanalitica della fiaba popolare fornendo informazioni sulla struttura e sulle funzioni

Di Angela Niro

Pubblicato il 13 Set. 2016

La fiaba perfetta di Daniela Bruno rappresenta un importante contributo alla comprensione dell’uso delle forme narrative come strumento di elaborazione di tutti gli aspetti dell’esistenza. L’autrice introduce il libro ripercorrendo le tappe che hanno consentito la nascita della fiaba e riconosce le sue radici nel pensiero magico, risorsa creativa usata dall’uomo sin dalla preistoria per spiegarsi la sua finitezza.

Dalle prime forme di aggregazione identitaria e sapienza condensate nel mito, all’attenzione per le gesta dell’uomo e per la religione nella leggenda, fino allo svelamento della funzione educativa della fiaba, la cultura popolare ha da sempre offerto validi strumenti per la transizione attraverso le epoche della vita.

Un viaggio che rivela non poche curiosità nascoste dietro quelle storie d’intrattenimento, che subiscono nel tempo l’influenza di chi le conserva e catturano l’attenzione di grandi e piccini. Nel vasto panorama storico, narrato con estrema abilità di sintesi, si passeggia nel pensiero dei suoi più celebri esponenti Perrault, I Grimm, Propp, Pitrè, Calvino, Gatto Trocchi e gli psicoanalisti Freud, Kaës, Bettelheim.

 

La lettura psicoanalitica della fiaba

Poche righe più in là si è colti da un insight che rende chiara l’esistenza universale di quel bisogno umano ineludibile di narrare e ascoltare storie e del suo perché. Non a caso la riflessione sulla lettura antropologica freudiana della società, ci avvicina a quanto di più ecologico si possa riconoscere alla fiaba, ossia una forza trainante per il superamento della coppia simbiotica madre-bambino e per la maturazione della sessualità. Come rileva l’autrice [blockquote style=”1″]le fiabe sono a favore dello sviluppo, spingono alla trasformazione, alla crescita, non accettano situazioni sclerotizzate, che difendono dalla paura del cambiamento.[/blockquote]

L’emblematico “c’era una volta” introduce la narrazione tranquillizzando chi ascolta che l’evento raccontato non fa parte del nostro tempo e allo stesso tempo suggerisce il privilegio di venirne a conoscenza. Il riferimento al contributo winnicottiano è quanto mai calzante e pone l’accento sull’ascolto, che si libera all’interno di uno spazio condiviso di una relazione e consente la distinzione tra realtà e fantasia.

Il cuore del testo si permea degli elementi cardine della fiaba, i personaggi e i suoi temi e del loro valore nella scelta della narrazione. È comprensibile dunque che essendo la fiaba nata in uno specifico contesto culturale, ne rifletta le sue immediate caratteristiche, rivelando la sua durezza o il suo romanticismo. L’occasione di incontrare il povero, che si riscatta dal suo stato d’indigenza attraverso le fatiche e il coraggio, o la matrigna, strumento per l’elaborazione della separazione non più in chiave persecutoria, ma tollerabile è celata tra le pagine della fiaba che si sceglie di leggere. Non può mancare un riferimento al cacciatore, il personaggio buono, simbolo della funzione paterna protettrice, il principe, che si avventura verso l’età adulta superando prove sconosciute e la vecchina, tra i personaggi ricorrenti in molte fiabe.

La fantasia e la magia, trovano sempre un posto privilegiato nelle fiabe e possono introdursi attraverso la strega, che ostacola la maturazione sessuale e conserva la dipendenza, oppure l’orco, l’emblema della voracità che divora gli oggetti buoni. Tuttavia, le fiabe che più di tutte sembrano catturare l’attenzione dei più piccoli sono quelle in cui il protagonista è un animale, il più celebre è indubbiamente il lupo, testimonianza della parte violenta della personalità, legata a un’oralità che richiede un soddisfacimento immediato e l’incontro con il proibito. Per gli amanti del lieto fine anche dopo la morte, un’attenzione particolare va dedicata al caso delle “quasi morti”, spesso sventurate fanciulle che in balia degli eventi cadono prede della morte, ma ritornano in vita perché salvate da un intervento eroico, una rinascita in termini di conquista della maturità.

Poiché qui si parla di sviluppo, il tema cardine, nella rassegna attenta che l’autrice ci propone è la separazione e l’incontro con l’altro riconosciuto diverso da sé. In questo stesso processo, l’incesto, non può essere trascurato, la procrastinazione del misfatto, ossia il matrimonio con il genitore del sesso opposto e la conoscenza del terzo, sono funzionali al raggiungimento della maturazione sessuale.

La narrazione si fa teatro della naturale evoluzione dell’uomo e in quanto tale appare connotata da sentimenti positivi e negativi. La gratitudine compare tra le pagine, quale sentimento indispensabile per la comprensione della propria e altrui bontà, spesso rappresentata da una figura materna che presenta aspetti buoni e cattivi, un riferimento chiaro della Bruno al contributo kleiniano. L’avidità e l’invidia al contrario invitano alla riflessione sulla dilatazione infinita di ciò che ci spetta e che affonda le sue radici nel bisogno del neonato, esclusivo e costante, del seno per sé, o a quell’istinto di distruzione di ciò che è buono.

Se come afferma l’autrice [blockquote style=”1″]le fiabe possono liberare le risorse per la mente, che accrescono lo stato di benessere[/blockquote] un occhio di riguardo va riservato a quelle in cui è al centro il tema della morte e ne sono diverse le testimonianze. Si prosegue lungo questo itinerario di sentimenti, cogliendone tra le pagine anche quelli scurrili, che in quanto tali costituiscono talvolta garanzia di attenzione per i bambini.

Ciò che non deve stupire è che questa ilarità è legata al narcisismo dei primi anni di vita e dunque all’autoerotismo e all’aggressività dell’oralità e del trattenere o del rilasciare delle feci. Anche della stupidità umana si tratta in modo divertente e rassicurante, tramite l’immagine dello sciocco che ingenuo come è tenta strade inesplorate e per questo viene premiato. La rappresentazione di ciò che va in scena, proprio come nel sogno è il prodotto di un funzionamento psichico infantile in cui il sentimento di onnipotenza gioca le sue carte rendendo tutto possibile e l’individuo invincibile.

 

La funzione della fiaba

L’ultima parte del testo sposta il focus attenzionale dalla struttura alla funzione della fiaba. Un insostituibile strumento di osservazione, che l’autrice ha ampiamente sperimentato nel corso della sua professione di psicologa, psicoterapeuta, impegnata nella formazione degli insegnanti e nella consulenza ai genitori.

Il ricorso a un “canovaccio proiettivo”, così definisce la fiaba, pronto ad accogliere impressioni e pensieri svincolati da pregiudizi, non può che svelare la sua ricchezza a chi ne sa comprendere l’utilità, purchè il buon senso e il proprio gusto personale definiscano un setting adeguato.

È probabile che nessuno abbia mai pensato ad attribuire così tante funzioni a questa forma narrativa, che se giocata in una relazione empaticamente orientata e non giudicante restituisce “digerita” una emozione impensabile, concede una prospettiva di se stessi e degli altri in cui l’ambivalenza è tollerata, in cui senso di colpa non è più prevaricante, in cui ci si apre alla collaborazione e alla condivisione. Per finire si deve riconoscere alla fiaba un fascino inesauribile e quel carattere polisemico ed inclusivo che la rendono ancora oggi uno strumento di conoscenza di sé e del mondo e che in modo suggestivo l’autrice è riuscita a comunicare.

[blockquote style=”1″]All’inizio si trattò di una citazione fatta in mezzo al baccano che lui produceva, poi la lettura di una riga, poi di un paragrafo, poi di un capitolo. Alla fine le storie non facevano più paura […] venivano cercate per creare un assetto mentale meno turbato […] più legato all’esperienza di capire e essere capito[/blockquote] (Bruno, 2016, p.113).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bruno, D.(2016). La Fiaba Perfetta. La lettura delle fiabe popolari e il loro uso in una visione psicoanalitica. Milano: Franco Angeli.
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