expand_lessAPRI WIDGET

Individuato nuovo target terapeutico per curare il morbo di Parkinson

Lo studio identifica il meccanismo patogenico dell’α-Sinucleina rivelando nuove possibilità nella prevenzione del morbo di Parkinson

Di Redazione

Pubblicato il 20 Lug. 2016

Aggiornato il 15 Nov. 2016 15:03

Pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Translational Medicine lo studio del ricercatore italiano Roberto Di Maio, che ha elucidato un approccio terapeutico in grado di correggere il danno mitocondriale alla base del processo neurodegenerativo del Parkinson.

COMUNICATO STAMPA – Palermo, 20.07.2016

 

In Italia circa 240.000 persone soffrono di questa patologia, oltre 1,2 milioni in Europa, quasi tutte over 50 anni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che il numero di persone affette dal morbo aumenterà notevolmente nel giro dei prossimi 20 anni, facendone – insieme ad altre patologie neurodegenerative – una delle principali causa di morte per malattia. In Italia, dove gli ultrasessantenni costituiscono quasi un quarto della popolazione, il peso di queste patologie è particolarmente significativo.

Cosa accade nelle persone colpite? Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa i cui sintomi tipici (tremori, rigidità, difficoltà a camminare, ma anche – con il progredire della malattia – disturbi cognitivi e demenza) sono il risultato della morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina. La patologia è caratterizzata dall’accumulo di una proteina, chiamata α-Sinucleina. Questa proteina, sia durante i normali processi di invecchiamento, che in condizioni patogeniche, presenta la tendenza ad aggregarsi fino a formare strutture fibrillari, un processo strettamente correlato ai fenomeni neurodegenearativi, che sembra essere associato alla disfunzione mitocondriale: è noto infatti che quest’ultima porti ad un accumulo di α-Sinucleina, e che alti livelli di questa proteina compromettano la funzione mitocondriale, ma i meccanismi patogenici di questa interazione rimangono oscuri.

 

“Questo studio ha svelato come la α-Sinucleina alteri la funzione mitocondriale, innescando fenomeni neurodegenerativi nelle aree cerebrali più suscettibili, come nel caso dei neuroni che rilasciano dopamina” spiega Roberto Di Maio, dal 2008 ricercatore Ri.MED presso l’Università di Pittsburgh. “Alcune forme modificate di α-Sinucleina si legano ad un recettore della membrana mitocondriale, noto come TOM20, che riconosce una piccola sequenza di amminoacidi definita MTS (mitochondrial targeting sequence) e che consente l’importazione delle proteine necessarie alla corretta funzione mitocondriale. L’esame del tessuto cerebrale post-mortem di pazienti affetti da Parkinson ha confermato che l’interazione α-Sinucleina/TOM 20 è associata alla perdita di proteine mitocondriali nei neuroni che rilasciano dopamina, come osservato nei modelli sperimentali. I risultati ottenuti in questo studio hanno, inoltre, consentito di testare il potenziale terapeutico dell’MTS nel prevenire l’interazione tra TOM20 e le forme alterate di α-Sinucleina”.

 

I risultati evidenziano un grande potenziale terapeutico: somministrando alla cellula neuronale la piccola sequenza di amminoacidi MTS è possibile correggere il meccanismo alla base del danno mitocondriale e impedire così il processo neurodegenerativo del Parkinson.

 

Il meccanismo patogenico dell’α-Sinucleina nel morbo di Parkinson

Per la prima volta, questo studio caratterizza il meccanismo patogenico dell’α-Sinucleina, indentificandone le specie tossiche e rivelando potenziali nuove strategie terapeutiche nella prevenzione del morbo di Parkinson

“Questo è solo l’inizio di una serie di studi mirati allo sviluppo di terapie rivoluzionarie nella cura del morbo di Parkinson” afferma il Dr. Di Maio “Nel corso dello studio ho verificato con i miei occhi la sofferenza causata dalla malattia, sia nel paziente che nei familiari: ora che finalmente abbiamo una strada, dobbiamo percorrerla fino allo sviluppo di terapie efficaci”.

Il Dr. Di Maio si trova attualmente presso l’Institute for Neurodegenerative Diseases dell’Università di Pittsburgh grazie alla borsa di studio post-doc della Fondazione Ri.MED e – una volta realizzato in Sicilia il Centro di Ricerche per le Biotecnologie e la Ricerca Biomedica – rientrerà a Palermo, sua città natale, in qualità di principal investigator.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Roberto Di Maio1,2,3, Paul J. Barrett1,2, Eric K. Hoffman1,2, Caitlyn W. Barrett1,2, Alevtina Zharikov1,2,4, Anupom Borah1,5, Xiaoping Hu1,2, Jennifer McCoy1,2, Charleen T. Chu1,6, Edward A. Burton1,2,4, Teresa G. Hastings1,2 and J. Timothy Greenamyre1,2,4. (2016). α-Synuclein binds to TOM20 and inhibits mitochondrial protein import in Parkinson’s disease. Science Translational Medicine 08 Jun 2016: Vol. 8, Issue 342, pp. 342ra78 DOI: 10.1126/scitranslmed.aaf3634
1.        Pittsburgh Institute for Neurodegenerative Diseases, University of Pittsburgh, Pittsburgh, PA 15213, USA. 2.        Department of Neurology, University of Pittsburgh, Pittsburgh, PA 15213, USA. 3.        Ri.MED Foundation, Palermo, Italy. 4.        Geriatric Research Education and Clinical Center, VA Pittsburgh Healthcare System, Pittsburgh, PA 15240, USA. 5.        Department of Life Science and Bioinformatics, Assam University, Silchar 788011, India. 6.        Department of Pathology, University of Pittsburgh, Pittsburgh, PA 15213, USA. Per info: Donata Sandri [email protected] 329.7254611 – 091.6041112
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Morbo di Parkinson: la stimolazione cerebrale profonda

La stimolazione cerebrale profonda potrebbe portare a un dispositivo autoregolante per trattare il morbo di Parkinson in maniera più efficace

ARTICOLI CORRELATI
Sostenere chi sostiene (2022) di E. Borella e S. Faggian - Recensione
Sostenere chi sostiene (2022) di Erika Borella e Silvia Faggian – Recensione

"Sostenere chi sostiene" presenta i principali disturbi neurocognitivi, il profilo del caregiver di una persona con demenza e le conseguenze di tale impegno

Sindrome di Down e malattia di Alzheimer: quale legame - Neuroscienze
Sindrome di Down e malattia di Alzheimer: destini incrociati

Gli individui con sindrome di Down sembrano costituire una popolazione ad alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, scopriamo come e perchè

WordPress Ads
cancel