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Il mestiere delle parole. Cura e vita tra psicoanalisi, epistemologia e fenomenologia (2016) – Recensione

'Il mestiere delle parole' raccoglie anni di ricerche storiche e teoriche di La Forgia e diversi dei saggi dell’autore, donando loro un tracciato coerente

Di Marco Innamorati

Pubblicato il 12 Mag. 2016

Nel libro di Mauro La Forgia, la domanda sui pilastri epistemologici dell’agire clinico costituisce il vero filo rosso della riflessione dell’autore. La Forgia è un noto psicoterapeuta junghiano, didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica, che ha attraversato un percorso di formazione assai singolare.

 

Karl Popper racconta, in Congetture e confutazioni, di avere indirizzato una volta a un gruppo di studenti di Fisica viennesi l’invito a prendere carta e matita, registrare le proprie osservazioni e infine riferirle. Gli studenti, disorientati, chiesero di rimando a Popper che cosa dovessero osservare. Come un maestro zen, Popper rispose loro che aveva già dimostrato ciò che voleva: gli studenti dovevano rendersi conto che osservare senza intenzione e progetto è impossibile; che i fatti puri non esistono.

L’osservazione è sempre selettiva. Essa ha bisogno di un oggetto determinato, di uno scopo preciso, di un punto di vista, di un problema. E la descrizione che ne segue presuppone un linguaggio descrittivo, con termini che designano proprietà; presuppone la similarità e la classificazione, che a loro volta presuppongono interessi, punti di vista, problemi

(Popper, 1963, p. 84).

 

Questo aneddoto dovrebbe essere raccontato a tutti coloro che nutrono eccessiva fiducia nella psicoterapia evidence based, che dovrebbe partire da una presunta osservazione clinica pura, scevra da pregiudizi teorici o epistemologici. In realtà chi non fonda una pratica clinica su fondamenti solidi di teoria e di epistemologia finisce per adottare semplicemente un realismo ingenuo, una filosofia in cui i pregiudizi (inconsapevoli) o meno divengono lo sfondo imprescindibile del proprio agire. Purtroppo, però, un simile atteggiamento è assai spesso diffuso tra gli psicoterapeuti.

Sorprende in positivo, quindi, imbattersi in un libro, come quello di Mauro La Forgia, nel quale la domanda sui pilastri epistemologici dell’agire clinico costituisce il vero filo rosso della riflessione dell’autore. La Forgia è un noto psicoterapeuta junghiano (didatta del Centro Italiano di Psicologia Analitica), che ha attraversato un percorso di formazione assai singolare. La sua prima vocazione è stata quella di fisico: come tale è divenuto ricercatore nella Facoltà di Fisica della ‘Sapienza’ di Roma, è stato curatore dell’Enciclopedia delle Scienze Fisiche della Treccani e ha offerto contributi di un certo rilievo anche come storico della scienza dell’Ottocento (La Forgia 1982; 1995).

Attratto da Jung, è divenuto psicologo analista sotto la guida di Mario Trevi e infine ricercatore e docente in ambito psicologico. La Forgia è dunque arrivato alla psicoterapia da una solida preparazione nelle hard sciences. Malgrado quanto ci si sarebbe potuti aspettare, tuttavia, ha sempre guardato con estremo sospetto i tentativi di riscrittura in termini di definizioni operative delle teorie psicodinamiche e soprattutto le tecniche cosiddette empiriche di indagine sul processo psicoterapeutico. Tali indagini, basate com’erano su algoritmi che giudicava di estrema banalità, gli apparivano del tutto inutili per comprendere il reale significato della terapia analitica e questo lo ha condotto a subire una certa marginalizzazione in campo universitario.

Da scienziato, storico della scienza e terapeuta, invece, l’approccio di La Forgia si volgeva piuttosto a indagare i fondamenti storici della disciplina e il senso epistemico ultimo delle teorie nel confronto con la prassi analitica. In pratica si trattava di una terza via, distante sia dall’ottimismo ingenuo dei clinici puri (per i quali il successo è di per sé prova della teoria di riferimento), sia dalla tendenza alla quantificazione e alla statisticizzazione. In questo, peraltro, il tracciato di La Forgia non è rimasto isolato, ma si è svolto parallelamente a quello di un ampio gruppo di analisti junghiani (da Aversa a Galimberti, da Trapanese a Pieri, da Marozza a Iapoce) il cui ispiratore è stato Trevi, e il cui principale organo espressivo è stato a lungo la rivista Metaxù (il cui lascito è stato poi raccolto da Atque).

Il mestiere delle parole raccoglie un venticinquennio di ricerche storiche e teoriche di La Forgia, incorporando diversi dei saggi pubblicati dall’autore e donando loro la veste di un tracciato coerente. L’autore si è inizialmente confrontato con gli autori-cardine della tradizione psicodinamica, Freud e Jung, con un approccio certamente originale e figlio della sua formazione. La Forgia è andato infatti alla ricerca di quegli aspetti del pensiero psicoanalitico delle origini sui quali meno si è indagato nel corso del tempo: le metafore scientifiche incorporate nella psicoanalisi e nella psicologia analitica. In questo senso una particolare attenzione ricevono il rapporto tra Freud e Mach e tra Freud e Einstein, da una parte; le filiazioni di Jung da Pauli e pensatori assai meno noti (sconfinanti nella parapsicologia), dall’altra. In quest’ultimo territorio, del resto, l’autore ha già lasciato una traccia significativa in una monografia specifica (La Forgia, 1991). A questi temi è dedicata la prima sezione del libro, intitolata ‘La passione naturalista‘.

In seguito, come molti junghiani italiani, La Forgia si è incontrato, sul territorio della clinica, con autori appartenenti a tradizioni di ricerca differenti. Ciò è avvenuto in particolare nell’affrontare quelle che l’autore chiama ‘condizioni limite dell’esistenza‘ (La Forgia, 2016, p. 7). Ne è risultato un tentativo di integrazione con approcci neofreudiani, delle relazioni oggettuali, della psicologia del Sé o anche cognitivisti. L’autore racconta del resto di come paradossalmente un paziente, il signor P., sia arrivato ad utilizzare in modo spontaneo una tecnica cognitivo-comportamentale di autorassicurazione, sulla base della propria esperienza analitica (La Forgia, 2016, pp. 152-3). Questo incontro è testimoniato dalla sezione intitolata ‘Una grammatica dell’esistenza‘.

Più di recente, infine, anche seguendo con coerenza le tracce di un interesse già sviluppato per Kierkegaard e Heidegger, La Forgia si è invece avvicinato alla fenomenologia e in particolare alla psichiatria fenomenologica e ha vissuto una sorta di svolta linguistica del proprio pensiero (non scevra da tratti wittgensteiniani). Gli ultimi capitoli (‘L’arte della cura‘), infatti, oltre a utilizzare ampiamente autori come Blankenburg e Binswanger, si focalizzano sul gioco linguistico costituito dal dialogo terapeutico. Riprendono inoltre, con un taglio nuovo, attraverso l’attenzione verso l’immagine (soprattutto onirica), quegli aspetti della riflessione sul simbolo che proprio Mario Trevi aveva a suo tempo additato come chiave assai trascurata per la comprensione della psiche umana (Il simbolo è il rimosso del nostro tempo; Trevi, 1986).

Il risultato finale si concentra sul momento decisivo della terapia, quello che Stern (2004) chiamava il now moment; e tenta di illuminare lo spazio attraverso il quale la psicoterapia agisce:

Viviamo ordinariamente un’esperienza nella quale parola e immagine percorrono strade condivise, con intrecci normalizzanti: ma accade che un’occorrenza inattesa denunci il carattere automatizzato della coappartenenza, ponendo le condizioni di un’improvvisa variazione di codice linguistico o di un repentino innesto immaginativo; sperimentiamo in quell’istante che una parola che brucia suscita un’immagine che brucia – o viceversa […] – e quest’evento […] muta qualcosa dentro di noi, decompone in un attimo norme e certezze, adombrando una diversa possibilità di vita

(La Forgia, 2016, pp. 247-8).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • La Forgia, M. (1982), Elettricità, materia e campo nella fisica dell’Ottocento, Loescher, Torino.
  • La Forgia, M. (1991), Sogni di uno spiritista. Empirismo psicologico e parapsicologico in C. G. Jung, Melusina, Roma (2a edizione Fioriti, Roma 2009).
  • La Forgia, M. (1995), La teoria del campo, Teknos, Roma.
  • La Forgia, M. (2016), Il mestiere delle parole. Cura e vita tra psicoanalisi, epistemologia e fenomenologia, ETS, Pisa.
  • Popper, K. R. (1969), Congetture e confutazioni, trad. it. Il Mulino, Bologna 1972.
  • Stern, D. N. (2004), Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana, trad. it. Cortina, Milano 2005.
  • Trevi, M., Metafore del simbolo. Ricerche sulla funzione simbolica della psicologia complessa, Cortina, Milano 1986.
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