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Amenorrea ipotalamica: la rigidità della mente e il blocco del corpo

L’ amenorrea ipotalamica è una sindrome riconducibile ad una scarsa produzione delle gonadotropine a livello ipotalamico. 

Di Patrizia Vaccaro

Pubblicato il 09 Mag. 2016

Aggiornato il 01 Lug. 2019 14:42

Il controllo sembra essere una caratteristica peculiare dell’amenorrea ed è indice di una scarsa flessibilità che si esprime sia in termini comportamentali che emotivi. Anche gli studi neurobiologici confermano questo dato.

 

Amenorrea: che cos’è

L’Amenorrea è una condizione in cui si può dire che il corpo perde una caratteristica propria dell’essere femmina, ovvero la capacità riproduttiva.
L’amenorrea è caratterizzata dalla scomparsa del ciclo mestruale per almeno 6 mesi. Può essere classificata come primaria o secondaria a seconda della presenza/assenza del menarca. Circa la metà delle amenorree è di origine ipotalamico, cioè di origine non organica, quindi funzionale e reversibile. L’amenorrea ipotalamica (AI) è una sindrome riconducibile a una scarsa produzione delle gonadotropine a livello ipotalamico e rappresenta una risposta adattiva dell’organismo femminile allo stress.

Capire l’amenorrea significa prendere in considerazione non solo i fattori endocrini e ginecologici ma anche psicologici, perché molto spesso è l’adozione di modalità disadattive in risposta a uno stress a portare a una condizione di amenorrea, al punto che l’amenorrea può essere definita come un fallimento del corpo femminile nella risposta allo stress (Nappi et al, 1995). Si verifica in questi casi uno squilibrio endocrino associato a uno sbilanciamento energetico, per cui è come se il corpo cominciasse a risparmiare su quelle funzioni non indispensabili alla sopravvivenza, tra cui appunto quella riproduttiva.

 

L’evoluzione nella storia del criterio dell’amenorrea

Per molto tempo l’amenorrea è stata vista solo come un sintomo associato al disturbo del comportamento alimentare (DCA), nonostante alcune situazioni di amenorrea permanessero o non fossero associate a disturbi alimentari conclamati. Nell’ultima versione del DSM-5 questo criterio è stato tolto, quindi l’amenorrea non figura più tra i criteri diagnostici necessari per un DCA.

Cercando la narrazione dell’amenorrea nella storia si scopre che già ne parlava Ippocrate nel V secolo a.c a proposito dell’infertilità riscontrata in alcune tribù nomadi degli sciiti. Scriveva riguardo le donne:”… il loro ciclo mestruale non ha i caratteri che dovrebbe avere, è scarso e caratterizzato da intervalli troppo lunghi… a causa del freddo e della stanchezza dimenticano il loro desiderio sessuale e la loro propensione a unirsi con l’altro sesso..”.

Una prima review sull’amenorrea risale al 1954 in cui vengono ripresi alcuni lavori precedenti molto significativi (Kelly et al, 1954). Durante la prima guerra mondiale si registra un incremento dell’incidenza dell’amenorrea. Essa viene ricondotta non solo a condizioni di carenza alimentare, ma più in generale alle condizioni sociali e all’assenza di uomini. Là dove non sono garantite le condizioni per sopravvivere (tantomeno per riprodursi), il corpo risparmia energie dove può. Dalla seconda guerra mondiale in avanti l’amenorrea comincia a essere letta come una risposta del corpo allo shock emotivo o come “sindrome che risulta dalla combinazione di fattori nutrizionali e psichici” (Copelman, 1948). Matthews e O’Brien notano che le pazienti con amenorrea hanno genitori con alti standard e pattern alimentari non corretti, ma soprattutto è presente un senso di iper-responsabilizzazione e vissuti di colpa ingiustificati verso i genitori.

 

Quali sono le caratteristiche associate all’amenorrea ipotalamica?

In sostanza oltre a studiarne l’eziologia da un punto di vista fisico, si identificano delle caratteristiche tipiche: difficoltà a gestire le emozioni, rigidità nel funzionamento cognitivo e controllo alimentare/corporeo.
Fin qui sembrerebbe tutto molto simile al disturbo alimentare, quindi cosa c’è di diverso nell’amenorrea ipotalamica?
Qualcosa di diverso c’è. La prima cosa è che spesso sono pazienti ginecologiche e difficilmente si riconoscono in un disturbo alimentare.
La seconda cosa è che effettivamente non tutte le pazienti con DCA hanno l’amenorrea.
Le pazienti con amenorrea non sono consapevoli della loro scarsa flessibilità cognitiva e della difficoltà di gestione delle emozioni. Inoltre il loro controllo sul cibo e sul corpo viene visto come una “sana abitudine” e non come la manifestazione di una certa rigidità.
Lo studio delle caratteristiche delle pazienti amenorroiche negli ultimi vent’anni ha permesso di ampliare le possibilità di cura e di trovare strade alternative non necessariamente farmacologiche.
Così si è scoperto che alcune caratteristiche di personalità rendono più vulnerabili all’ amenorrea ipotalamica: perfezionismo, bisogno di controllo, senso di inadeguatezza e bisogno di riconoscimento. (Marcus et al, 2001).
Donne con una struttura di questo tipo sono chiaramente maggiormente vulnerabili agli eventi stressanti e tendono a reagire in modo disfunzionale.

Il controllo sembra essere una caratteristica peculiare ed è indice di una scarsa flessibilità che si esprime sia in termini comportamentali che emotivi. Anche gli studi neurobiologici confermano questo dato. Sono stati misurati i livelli del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF), un mediatore di plasticità neurale che influenza l’apprendimento, la memoria e il funzionamento cognitivo (Genazzani et al, 2007), nelle donne in età fertile con amenorrea confrontate con donne in post menopausa, e si è notato come questo fattore sia correlato alla presenza di ormoni gonadici. Le donne in amenorrea presentano un deficit di questo fattore che si traduce a livello cognitivo in una scarsa flessibilità. Il fatto inoltre che l’amenorrea permanga anche dopo aver ripristinato un peso adeguato, conferma l’ipotesi che ci siano altri fattori che rinforzino e mantengano l’amenorrea aldilà del disturbo alimentare. (Brambilla et al, 2003).

Inoltre le donne con amenorrea ipotalamica hanno una scarsa spinta esplorativa e tendono all’evitamento. Possono avere comportamenti ossessivi e si accompagnano a disturbi dell’umore e sessuali. Il corpo delle amenorroiche è un corpo silente in cui si ha una staticità dell’organismo che va contro la normale ciclicità del corpo femminile in età fertile. Tanto la mente è rigida, tanto il corpo è bloccato.

 

Un possibile trattamento dell’amenorrea ipotalamica

Nel 2003 negli Stati Uniti è stato messo a punto un protocollo di terapia cognitiva che si proponeva come alternativa al trattamento farmacologico (Berga, 2003).
Il punto di partenza è che se modalità disadattive e caratteristiche psicologiche possono portare all’insorgenza e al mantenimento dell’amenorrea ipotalamica, allora un intervento cognitivo comportamentale potrebbe ristabilirne la funzionalità ovarica.

Questo protocollo prevedeva 16 sessioni suddivise in tre fasi:
1- Psicoeducativo
2- Intervento cognitivo sulle abitudini disadattive
3- Preparazione per la fine del trattamento.

Al termine del trattamento vi è stata una risoluzione del disturbo nell’87,5% dei casi contro il 25% del gruppo di controllo. L’intervento ha agito sulla strategia di deprivazione energetica e la correzione di comportamenti disfunzionali vs l’adozione di strategie di gestione dello stress più adeguate.
Da un punto di vista neuroendocrino si è notato una riduzione dei livelli di cortisolo e un incremento della leptina e del TSH, due fattori che sono risultati mediatori nel ripristino della funzionalità ovarica. ((Michopoulus et al, 2013).

L’amenorrea ipotalamica dunque si presenta come una sindrome trasversale che può essere studiata e deve essere trattata sotto più punti di vista. Molto spesso è il punto di partenza per poter affrontare problematiche psichiche dove l’amenorrea è quasi il minore dei mali.
Tuttavia il riconoscimento del disturbo e della sofferenza emotiva che questo comporta, è la chiave d’accesso per poter instaurare una buona alleanza con questo tipo di pazienti.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Michopoulos V1, Mancini F, Loucks TL, Berga S, 2013, Neuroendocrine recovery initiated by cognitive behavioral therapy in women with functional hypothalamicamenorrhea: a randomized, controlled trial, Fertility and Sterility, 99(7):2084-91
  • Nappi RE, Rivest S, Crf and stress-related reproductive failure. The brain as a state of the art or the ovary as a novel clue?, 1995, Journal of endocrinology investigation, 18, 872-880.
  • Genazzani AD, 2007, Neuroendocrine aspects of amenorrhea related to stress, Pediatric endocrinology review, 2(4): 661-8
  • Copelman LS, 1948, l’amenorrèè des deportèès, Revue de pathologie comparèe, 48,386.
  • Matthews RA, O’Brien WR, 1948, Psychosomatic approach to gynecological problems, M. Clin North America, 32, 1583
  • Berga SL, Marcus MD, Loucks TL, Ringham R, Krohn MA, 2003, Recovery of ovarian activity ubn women with functional Hyphotalamic amenorrhea who were trated with cognitive behavior therapy, Fertility and sterility, 80 (4):976-81
  • Marcus LD, Loucks TL , Berga SL, 2001, Psychological correlates of hyphotalamic amenorrhea, Fertility and sterility, 76, 310-316
  • Kelly K, Daniels G, Poe G, Easser R, Monroe R, 1954, Psychological correlation with secondary amenorrhea, Psychosomatic medicine, 2, 130-151.
  • Brambilla F., Monteleone P., Bortolotti F., Dale R., TodiscoP., Favaro A., Santanastaso P, Ramaciotti C., Paoli R., Maj M., 2003, Persistent amenorrhea in weight recovered anorexics: psychological and biological aspects. Psychiatric Research, 11, 249-257
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