Mobbing: Il primo elemento peculiare di una situazione di mobbing è l’esistenza di schemi di ruolo, che si ripropongono sempre: la sceneggiatura ha tre protagonisti principali e nessuna comparsa, ovvero la vittima, il persecutore e gli spettatori. Nessuno dei tre ha un ruolo di primo piano o una maggiore importanza rispetto agli altri due.
Nell’antica Grecia una volta all’anno il popolo ateniese sceglieva di mandare a morte uno schiavo per ingraziarsi gli dei. Questo schiavo era chiamato Pharmacos ed era la spugna che assorbiva il male diffuso nel gruppo. Secoli dopo, nel medioevo, con la peste e la sua atmosfera impregnata di angoscia e caccia all’untore, il rito di purificazione veniva assolto da un capro, detto “espiatorio” proprio perché assorbiva su di sé il rischio del contagio. Oggi, queste figure non sono affatto scomparse, anzi sono molto attuali: sono le persone mobbizzate all’interno delle organizzazioni.
Il mobbing nel contesto lavorativo
In età adulta il contesto lavorativo costituisce il secondo più importante ambiente di vita dopo quello familiare ed assume sempre più le caratteristiche di uno spazio fondamentale che veicola l’identità ed in cui si strutturano rapporti sociali o, al contrario, forme di disagio e di isolamento. Ogni tanto, nelle organizzazioni, qualcuno, per motivi sempre diversi e complessi, viene messo in mezzo e fatto fuori, così come accadeva a Pharmacos nell’antica Grecia. Questo accade soprattutto in alcuni momenti topici della vita aziendale, quando, per esempio, il gruppo si trova in una condizione interna destabilizzante, di crisi, o di cambiamento.
Cause
Le possibili cause di tensione emotiva in un gruppo all’interno di un contesto lavorativo possono essere molteplici: avvicendamenti al vertice, ristrutturazioni, accorpamenti, ecc… Eventi come questi possono avere un effetto perturbante per il gruppo di lavoro, possono creare un’eccessiva tensione che si esprime in un movimento espulsivo ai danni di una persona, la vittima, il mobbizzato che diventa il capro espiatorio di una realtà patologica. Da un punto di vista della psicoanalisi, è interessante notare che con il mobbing vengono messe in gioco delle dinamiche complesse che riguardano il gruppo: il mobbing è come una malattia autoimmune, dove il corpo/gruppo attacca una parte di sé, perché non la riconosce più come propria. Così come il corpo se attacca parti di sé si debilita, allo stesso modo un’azienda, attaccando le proprie risorse si “ammala” e si distrugge. Si tratta evidentemente di una condizione patologica, in cui il bersaglio può essere un diverso, il portatore di una mentalità che si discosta dal pensiero conformistico del gruppo, uno che disturba le regole non scritte dell’organizzazione.
Schemi di ruolo
Il primo elemento peculiare di una situazione di mobbing è l’esistenza di schemi di ruolo, che si ripropongono sempre: la sceneggiatura ha tre protagonisti principali e nessuna comparsa, ovvero la vittima, il persecutore e gli spettatori. Nessuno dei tre ha un ruolo di primo piano o una maggiore importanza rispetto agli altri due.
Chiunque può ritrovarsi nel ruolo di vittima, indipendentemente dalla posizione organizzativa, dal carattere o dalla personalità. Sono altri i fattori che determinano il mobbizzato, quali, per esempio, la diversità rispetto alla composizione della popolazione organizzativa e/o la devianza rispetto alla cultura organizzativa dominante.
Il mobber, cioè il persecutore, rappresenta il centro di spinta che innesca il succedersi degli eventi. L’obiettivo del mobber è distruggere lo status sociale della vittima, facendogli perdere la sua influenza, il rispetto degli altri e l’entusiasmo per il proprio lavoro: questo non sarebbe possibile se non ci fosse una platea che assiste, testimoniando quanto sta accadendo, con crescente intensità emotiva. Più si progredisce con il fenomeno del mobbing e più aumenta l’intensità delle tensioni. L’intensità emotiva è visibile soprattutto dall’impatto che la situazione produce sulla vittima: inizialmente ciò che viene percepito è un semplice fastidio che può trasformarsi successivamente in disagio psicosomatico in grado di incidere pesantemente sulla salute del lavoratore.
Conclusioni
Gli psichiatri paragonano il mobbing alla tortura ed è, di fatto, una situazione di persecuzione psicologica senza apparente via d’uscita. Emarginazione, assegnazione di compiti dequalificanti, compromissione dell’immagine sociale nei confronti di colleghi e superiori, diffusione di maldicenze, critiche continue, accuse ingiuste, sistematica persecuzione: sono queste le circostanze che contribuiscono a creare quello che nel 1984 lo psicologo tedesco Heinz Leymann ha definito “terrorismo psicologico sul luogo di lavoro”. Il mobbing è un fenomeno poliedrico ed intangibile, che ha il potenziale di causare o contribuire allo sviluppo di molti disturbi psicopatologici, psicosomatici e comportamentali: la depressione e il disturbo d’ansia sono le diagnosi formulate più comunemente, anche se sono frequenti altri inquadramenti diagnostici e precisamente il Disturbo dell’Adattamento e il disturbo Post-Traumatico da Stress.
Lo stress causato dal mobbing crea un forte stato confusionale che disorienta la percezione degli attori, particolarmente della vittima. Il mobbing può avere effetti molto gravi nel caso in cui le vittime siano ignare di essere tali. Tuttavia, nel momento in cui la vittima individua e comprende la vera causa dello stato di mobbing, lo stress permette di trovare le forze e le idee necessarie per affrontare e sconfiggere il mobber, che è il vero malato, molto spesso una personalità psicopatologicamente disturbata.