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La sospensione del giudizio nella selezione etica delle Risorse Umane

Chi si occupa di selezione del personale dovrebbe sospendere e abbandonare ogni pregiudizio e possedere la capacità di rivedere le proprie impressioni.

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 13 Gen. 2016

Aggiornato il 01 Feb. 2016 10:54

Chi si occupa di selezione del personale dovrebbe abbandonare ogni pregiudizio ed assumere un atteggiamento simile a quello degli Scettici, ovvero sospendere ogni giudizio, rigettare ogni orientamento dogmatico; dovrebbe, al contrario, possedere un’elevata capacità di tollerare le situazioni di ambiguità per rivedere le proprie impressioni.

 

Lo scetticismo antico utilizzava il termine ἐποχή (epochè) per indicare la sospensione del giudizio, considerata dagli Scettici come necessaria, data l’assoluta incertezza di ogni conoscenza concernente la realtà esterna.

Sesto Empirico negli Schizzi Pirroniani usa il termine ἐποχή (epochè) per indicare un atteggiamento che consente di conseguire l’imperturbabilità:

Allo Scettico è accaduto ciò che si narra del pittore Apelle. Dicono che questi, dipingendo un cavallo, volesse ritrarne col pennello la schiuma. Non riuscendovi in alcun modo, vi rinunziò e scagliò contro il dipinto la spugna, nella quale astergeva il pennello intinto di diversi colori. La spugna, toccato il cavallo, vi lasciò un’impronta che pareva schiuma. Anche gli Scettici speravano di conseguire l’imperturbabilità dirimendo la disuguaglianza che c’è tra i dati del senso e quelli della ragione; ma, non potendo riuscirvi, sospesero il giudizio, e a questa sospensione, come per caso, tenne dietro l’imperturbabilità, quale l’ombra al corpo

(Schizzi Pirroniani, I).

Gli Scettici, dunque, analogamente a quanto accadde al pittore Apelle, volevano impadronirsi dell’imperturbabilità, dirimendo l’anomalia degli eventi, ma non riuscendovi, sospesero il giudizio a cui seguì l’imperturbabilità.

Limitandoci al presente, quindi, il vero fine dello Scettico è l’imperturbabilità nelle cose opinabili e la moderazione nelle affezioni.

ἐποχή (epochè) è un processo cognitivo opposto al concetto di pregiudizio, cioè un giudizio basato su opinioni precostituite e su stati d’animo irrazionali, anziché sulla conoscenza diretta di un determinato fenomeno. “

Pregiudizio è un termine che deriva dal latino (da prae, cioè prima e iudicium, ovvero giudizio) e consiste in una valutazione preventiva ad una conoscenza diretta.

Chi si occupa di selezione del personale dovrebbe abbandonare ogni pregiudizio ed assumere un atteggiamento simile a quello degli Scettici, ovvero sospendere ogni giudizio, rigettare ogni orientamento dogmatico; dovrebbe, al contrario, possedere un’elevata capacità di tollerare le situazioni di ambiguità (Frenkel-Brunswick, 1949) per recepire nuove informazioni, rivedere le proprie impressioni, modificare il proprio giudizio.

L’efficienza di un’azienda dipende anche da un’attenta selezione delle Risorse Umane; eventuali errori di valutazione commessi durante la fase di selezione possono avere ricadute molto negative sull’azienda, quindi il selezionatore dovrebbe innanzitutto essere trasparente, sospendere ogni giudizio, escludere dal processo scientifico di selezione la dimensione morale, che rientra certamente nella sfera della filosofia, ma non in quella della psicologia, né tanto meno nella selezione del personale. Il processo di selezione non ammette una valutazione morale del soggetto, altrimenti non sarebbe etica.

Esiste certamente una forte componente soggettiva nel processo di selezione: infatti, accanto ai dati che si prestano ad un’interpretazione oggettiva (indici comportamentali, test attitudinali, test della personalità….), c’è lo schema cognitivo del selezionatore modellato sulla sua storia personale e sulla sua visione del mondo.

La soggettività, dunque, non può essere completamente eliminata dal processo di selezione, tuttavia deve essere gestita: il selezionatore deve essere un fotografo della realtà, fare sua la tecnica dell’impersonalità nella ricerca dell’oggettività. Il selezionatore dovrà operare come un fotografo, cioè dovrà rappresentare la realtà proprio così com’è, senza giudicare (la persona), senza focalizzarsi troppo sulla propria storia personale ed ispirandosi a valori quali l’integrità e l’etica.

Un po’ come nel naturalismo letterario ed artistico, dove l’arte si configura come uno studio appassionato (cioè senza passioni) del reale senza inclusioni giudicanti, con rigore scientifico ed efficacia conoscitiva, analogamente, nel processo di selezione, dovrebbero trionfare i principi di oggettività, imparzialità e scientificità.

Tutti gli approcci alla selezione del personale che si sono succeduti nel corso degli anni si sono ispirati al principio secondo cui le persone hanno caratteristiche diverse che le rendono diversamente orientabili verso le varie attività professionali. Ovvero, proprio perché ci sono svariate mansioni, le organizzazioni utilizzano la selezione in modo tale da poter collocare in ciascuna mansione la persona più adeguata. Tale fine verrà raggiunto solo se chi si occupa di selezione del personale sospenderà il proprio giudizio e si metterà dietro l’obiettivo di una macchina fotografica, usando assoluta imparzialità.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Empirico S. Schizzi Pirroniani. A cura di Russo A. (2004). Editori Laterza. Roma.
  • Frenkel-Brunswik E. (1949). Intolerance of Ambiguity as an Emotional and Perceptual Personality Variable, in Journal of Personality, vol. 18, issue 1.
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