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La gestione dei conflitti come competenza manageriale e il manager emotivamente intelligente

Un manager emotivamente intelligente sa gestire i conflitti nelle organizzazioni, è empatico, sa ascoltare ed è consapevole delle proprie emozioni.

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 26 Gen. 2016

Aggiornato il 01 Feb. 2016 10:53

 

Il concetto di conflitto all’interno delle organizzazioni è notevolmente cambiato nel corso del tempo, passando da una concezione negativa ad una positiva: il modello organizzativo aziendale diffusosi negli anni Sessanta, infatti, prevedeva uno svolgimento routinario delle attività lavorative e considerava negativamente il verificarsi di conflitti; successivamente, con il mutare delle strutture organizzative, il conflitto è stato considerato come un’opportunità di confronto e di chiarimento e la capacità di gestire le situazioni conflittuali come una competenza manageriale assai importante.

Il conflitto secondo le teorie delle dinamiche dei gruppi

Lo psicologo tedesco Kurt Zadek Lewin, che fu uno dei primi studiosi ad occuparsi delle dinamiche dei gruppi e dello sviluppo delle organizzazioni, ha definito il conflitto[blockquote style=”1″] quella situazione che si determina tutte le volte che su un individuo agiscono contemporaneamente due forze psichiche di intensità più o meno uguale, ma di opposta direzione.[/blockquote]

Il conflitto intrapersonale è dunque uno stato di tensione che una persona vive nel momento in cui riscontra bisogni, desideri e motivazioni contrastanti.
Il conflitto interpersonale, invece, è uno stato di tensione che si viene a creare tra due o più individui, allorché vi siano interessi, obiettivi, bisogni e punti di vista diversi.

Partendo dal presupposto che i conflitti sono inevitabili anche e soprattutto all’interno di un’organizzazione, è importante saperli riconoscere, imparare a gestirli, mediarli in chiave positiva e considerarli come una possibilità di migliorare le relazioni piuttosto che come un problema.
Chiunque abbia lavorato o lavori all’interno di un’azienda sa benissimo che i momenti di disaccordo e di incomprensione sono numerosi e che i conflitti sono, per così dire, “fisiologici”; inoltre ogni conflitto parla, nel senso che descrive una situazione che può essere di dinamismo e cambiamento, oppure, al contrario, essere segnale di profondi problemi irrisolti.

Ciò che mi propongo in questo scritto è fornire una mappa di decodifica dei fenomeni conflittuali e delle loro cause per affrontarli nella direzione di una soluzione positiva.

Il termine “conflitto” deriva dal latino cum-fligere, ovvero urtare una cosa con un’altra; il prefisso – cum sta ad indicare che l’urto non è unilaterale, ma coinvolge almeno due parti. Il significato generale è oggi quello di scontro, urto; tuttavia i livelli, le modalità e le cause dei conflitti sono molteplici.

Il conflitto nelle organizzazioni

Il concetto di conflitto all’interno delle organizzazioni è notevolmente cambiato nel corso del tempo, passando da una concezione negativa ad una positiva: il modello organizzativo aziendale diffusosi negli anni Sessanta, infatti, prevedeva uno svolgimento routinario delle attività lavorative e considerava negativamente il verificarsi di conflitti; successivamente, con il mutare delle strutture organizzative, il conflitto è stato considerato come un’opportunità di confronto e di chiarimento e la capacità di gestire le situazioni conflittuali come una competenza manageriale assai importante.
Come già accennato, esistono diverse tipologie di conflitti: oltre ai già citati conflitti intrapersonali ed interpersonali, esistono i conflitti intergruppi (che si verificano nel caso di scontro tra gruppi di diversa appartenenza) ed intragruppi (nel caso di dispute tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo).

Le cause del conflitto, invece, possono essere di tipo tecnico-organizzativo, oppure di tipo relazionale.
Il conflitto tecnico-organizzativo è legato alla struttura ed alle procedure da seguire e sorge ogni qualvolta non vengano assegnati ad una persona un ruolo, delle mansioni e degli obiettivi chiari e precisi.
I conflitti relazionali, invece, dipendono dal modo personale di rapportarsi con le persone con cui si lavora e sono generalmente causati da una diversità a livello personale (incompatibilità di carattere, pregiudizi, diversa cultura e diverse esperienze di vita…), da un uso non corretto degli elementi di comunicazione (equivoci, critiche, scarsa trasparenza dell’informazione), dall’impatto delle emozioni (sentimenti feriti, risentimenti passati, antichi rancori) e/o dalle motivazioni comportamentali.

Qualsiasi conflitto crea all’interno di un’organizzazione un disequilibrio, un’entropia che genera energia che può essere utilizzata in modo negativo o positivo, dando luogo, rispettivamente, a situazioni conflittuali distruttive o costruttive.
Una situazione conflittuale costruttiva porterà all’armonizzazione. Stare dentro il conflitto in modo non distruttivo, portare le emozioni ad evolvere in razionalità, riconoscere le proprie ed altrui emozioni, facendo uso dell’intelligenza e mettendo da parte la presunzione, l’aggressione e il desiderio di rivendicazione sono tutte capacità che rientrano nella competenza di gestione del conflitto, una delle competenze che in letteratura manageriale vengono definite “trasversali”. Le competenze trasversali – intese come quell’insieme di qualità professionali di un individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, atteggiamenti, doti professionali e personali – diventano oggi il vero valore aggiunto che un manager possa esprimere nel contesto lavorativo.

Un bravo manager (il leader) è innanzitutto colui che costruisce e mantiene buone relazioni con le persone con cui lavora. Da un’attività fortemente orientata al compito ed all’adempimento si è infatti passati ad un insieme di processi mutevoli, complessi ed in continuo divenire dove una gestione costruttiva del conflitto diventa essenziale. Un bravo manager è colui che riesce a mettere a fuoco l’importanza delle componenti emotive anche nelle funzioni razionali del pensiero, è colui che capisce che il raggiungimento dell’armonizzazione organizzativa è determinato da una complessa miscela in cui hanno un ruolo determinante fattori come l’autocontrollo, la consapevolezza di sé, la gestione delle emozioni e l’empatia. In altre parole un buon manager deve possedere una “intelligenza emotiva”.

L’intelligenza emotiva

Il termine “Emotional Intelligence” fu utilizzato per la prima volta negli anni Novanta del secolo scorso dai professori Peter Salovey e John D. Mayer che definirono l’intelligenza emotiva come [blockquote style=”1″]la capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie ed altrui, distinguere tra di esse ed utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni.[/blockquote]

Daniel Goleman indica sei caratteristiche che contraddistinguono coloro che fanno un buon uso dell’intelligenza emotiva: sono consapevoli di sé (questo permette di produrre risultati, riconoscendo le proprie emozioni e pensieri); riescono a dominare se stessi; sono abili nello scoprire i motivi profondi che spingono all’azione; hanno empatia; sono abili nel socializzare (ovvero sanno stare con gli altri e percepiscono velocemente i movimenti che avvengono tra le persone); possiedono buone capacità decisionali.

I manager hanno bisogno di gestire lo stato d’animo di chi lavora con loro. Chi riesce in questo difficile compito è un manager emotivamente intelligente, ovvero un leader, consapevole di sé ed empatico, in grado di leggere dentro di sé e negli altri e di regolare le proprie emozioni. Cogliendo come si sentono gli altri, forgia, di conseguenza, lo stato emotivo della propria organizzazione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lewin K. (1972). I conflitti sociali. Franco Angeli Editore. Milano.
  • Salovey P., Sluyter D.J. (1997). Emotional development and Emotional Intelligence: educational implications. Basic Books. New York.
  • Hodge B.J., Anthony W.P. (1991). Organization Theory. Allyn and Bacon. Boston.
  • Costantini R., Carso R. (1993). Negoziazione: come trasformare le tecniche negoziali in abilità istintive. Franco Angeli Editore. Milano.
  • Bonfanti A. (2005). Alla ricerca dell’armonizzazione dei conflitti organizzativi interni all’impresa, in Sinergie 68/2005.
  • Goleman D. (2015). Intelligenza emotiva. BUR-Rizzoli. Milano.
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