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Il cercatore pauroso: temo che tu non mi ami perché io non posso stare da solo – Tracce del tradimento Nr. 36

I partner impauriti vivono per l’altro, il loro sentirsi inferiori è costante: l’altro è bellezza ed essi vivono nel terrore che egli si stanchi e li lasci

Di Roberto Lorenzini, Sandra Sassaroli

Pubblicato il 18 Dic. 2015

TRACCE DEL TRADIMENTOXXXVI. Il cercatore pauroso: Temo che tu non mi ami perché io non posso stare da solo.

 

La donna impaurita, l’uomo impaurito vivono per l’altro e la percezione della propria inferiorità è costante, l’altro è perfuso di bellezza e forza ed essi vivono nel terrore che egli si stanchi e le lasci sole.

Cercano sperando di non trovare, spesso non trovano, e se trovano, soffrono in silenzio aumentando il desiderio di stare con il compagno e rimandando i conflitti. Così diventano ancora più dipendenti, melanconici.

Serafina, 46 anni, viene in seduta disperata, parla a spizzichi e a bocconi e fa fatica a concentrarsi su ciò che dice. È evidentemente depressa e racconta una storia difficile. Dalla sua prima giovinezza si è fidanzata e poi sposata con un ragazzo che è stato accolto dalla sua famiglia come un figlio. Al punto che i genitori preferivano lui ai numerosi figli che avevano. Il ragazzo è sempre stato irreprensibile e protettivo con lei, non permettendole di lavorare e accondiscendendo a tutte le paure di lei: di viaggiare, di vedere amici, di avere un figlio, di fare qualsiasi cosa nuova e diversa dallo stare in casa a chiacchierare davanti alla televisione. Alcune volte l’uomo aveva cercato di esprimere il desiderio di avere un figlio, ma lei aveva sempre rifiutato sostenendo che stare con lui le bastava e che non avevano bisogno di nient’altro che della loro coppia.

Un giorno aveva trovato un biglietto di amore inequivocabile ed esplicito, di una donna a suo marito e terrorizzata aveva chiesto spiegazioni, aspettandosi le consuete rassicurazioni e la ripresa della consueta routine. L’uomo le aveva comunicato invece che si era stufato, che non la amava più e aveva intenzione di andare a vivere con la sua nuova donna dal giorno dopo. Si possono immaginare le reazioni di lei e della sua famiglia. Ma lui aveva difeso il suo progetto con forza e grande determinazione arrivando a essere anche estremamente ostile con lei quando lei lo seguiva o cercava spiegazioni.

Si era messo a convivere nella nuova famiglia e aveva avuto in pochi anni due figli. La donna era rimasta in casa sola, depressa e molto isolata e, ormai da molti anni prendeva antidepressivi e rimuginava sulla situazione ingiusta da lei subita e sulla propria incapacità a capire le esigenze di lui, incolpando però lui di scarsa chiarezza. Non era più uscita di casa e si era chiusa nella sua famiglia di origine che aveva alimentato il rimuginio sul passato e il senso di un dolore fatale e impossibile da superare.

Questo caso è significativo della situazione in cui si vengono a trovare le persone impaurite della solitudine quando si rifiutano di affrontare le implicazioni delle scelte affettive rassicuranti ma spesso limitate che impongono ai propri partner. È un punto di riflessione il fatto che nelle condizioni di dipendenza e paura in cui ci si muove si vadano a cercare tracce di tradimento. Si potrebbe pensare che un comportamento più coerente sarebbe rappresentato da una rinuncia a qualsiasi tentativo di incrementare informazioni potenzialmente minacciose, ma non è così e per svariati motivi che ora cercheremo di analizzare. Innanzitutto la ricerca delle tracce nell’ansioso ha spesso il movente di cercare rassicurazione e certezza assoluta che le tracce e il tradimento siano assolutamente da escludere. È quindi una procedura di ricerca di certezza assoluta. Infatti, come nel caso sopradescritto la ricerca delle tracce ha in alcuni casi una illusoria funzione di incrementare la sicurezza e la tranquillità.

In altre circostanze lo scopo della ricerca di tracce è invece tutta interna a una riduzione di visioni catastrofiche intollerabili o molto dolorose. Ed è vissuta come un impulso non rimandabile. Una sorta di tranquillante che a volte purtroppo si trasforma in un danno imprevisto. In altri casi la ricerca delle tracce è in situazioni di certezza relazionale e affettiva come una illusione di averne ancora di più sempre di più. Come se ci fosse una sfiducia di fondo in una relazione che procede in binari tranquilli e si volesse che diventino assolutamente del tutto e per sempre tranquilli. Un ‘di più’ che a volte diventa invece un drammatico ‘di meno’. In altri casi si controllano tutti gli aspetti del compagno, le cose che dice, le cose che pensa, le telefonate che fa, e si crede che questo controllo, molto mentale, ferreo e rigidissimo, sia una modalità di rapporto che possa garantire una maggiore tranquillità.

La ricerca delle tracce in queste persone è solo una delle tante procedure di controllo che mettono in atto e che lentamente stringe intorno al collo del compagno o della compagna un cappio potente e strettissimo. Spesso quando poi si trovano le tracce del tradimento il dolore e lo stupore sono altissimi, perché la conoscenza che si possiede di come si conducono i rapporti di amore è del tutto collegata con il controllo e non ci si rende affatto conto di come possa a lungo andare risultare intollerabile a chi lo subisce.

Questo genere di controllo è spesso sostitutivo dell’affetto e degli scambi emotivi e sessuali, e il compagno fugge alla ricerca di una persona meno controllante e più vicina. Perché questo lavoro di controllo non è necessariamente simile a un impegno emotivo comune e attento alla reciprocità. E’ un sintomo di una sofferenza e di una grande paura di stare soli e spesso di una scarsa conoscenza delle relazioni di intimità e di reale scambio.

Sandra era una signora romana, un bella donna alta ed elegante, avvocato in uno studio modesto ma serio e di lunga storia. Aveva sposato un musicista di buon talento che riempiva le sue giornate di buona musica e le sue serate di compagnia solidale. La signora era figlia di una madre tirannica, gravemente ansiosa e controllante che ancora telefonava ai figli ormai di mezza età per chiedere il resoconto delle loro giornate e fornire consigli, controlli e compagnia. La signora aveva dedicato a questa madre molte ore della sua vita togliendole anche al marito, quando si recava dalla madre dava ordini e indicazioni al marito su come passare il tempo. Il marito veniva da una famiglia spezzata, da un padre fuggito via e orfano di madre, aveva sperato di avere compagnia dalla moglie.

Negli anni non avevano avuto figli e la moglie rattristata da questo si era stretta sempre più al marito chiedendo compagnia e legandolo a un ininterrotto filo di discorsi, progetti, opinioni su tutto e decidendo anche che tipo di cravatta o che pantaloni dovesse mettersi al mattino. Prima di uscire preparava a lui i vestiti da mettersi, la colazione e il pranzo e si aspettava di sentirlo al telefono molte volte al giorno per avere notizie del suo lavoro. La casa era pulita come uno specchio e ogni cosa aveva un certo ordine che lei decideva e che non doveva essere interrotto da nessuno.

Il marito per molti anni aveva accettato una situazione che gli stava un poco stretta anche perché questa ininterrotta vicinanza mentale non era accompagnata da una intimità sessuale da lui ritenuta insoddisfacente. La moglie durante i rari rapporti sessuali si dimostrava del tutto disinteressata e passiva e a volte nel bel mezzo di un rapporto cominciava a parlare di lavare le tende o dell’ultimo libro interessante che aveva letto.

La situazione si sarebbe potuta forse sviluppare in modo sereno e non interrompersi se il marito non fosse stato spedito all’estero a fare un periodo di lavoro. L’uscita da casa aveva reso la moglie molto depressa e passiva, mentre lui si sentiva molto galvanizzato da un nuovo ambiente sentendosi per la prima volta più libero. La moglie non si era resa conto di nulla, anche se i ritorni a casa si facevano più radi e la comunicazione telefonica, per questioni di linea, maggiormente difficoltosa e rara. Un giorno, durante un ritorno in cui il marito si faceva scontroso e stanco e poco vicino a lei, aveva cercato nel portafoglio con lo scopo di vedere se trovava lo stesso ordine e gli stessi oggetti così come lei li metteva. Era rimasta senza fiato vedendo una foto del marito abbracciato a una signora alta ed elegante che lo baciava con passione. Alla richiesta di un chiarimento il marito aveva confessato il tradimento ma lo aveva giustificato come una dolorosa necessità dovuta al suo esagerato controllo e alle sue esigenze di vicinanza esagerate. “Non ti amo da almeno 10 anni” così era stata la sua risposta e “non voglio in nessun modo rimanere con te neanche un minuto di più”.

Non esistono strategie che possano con assoluta certezza difendere chiunque dall’arrivo imprevisto e catastrofico di eventi affettivi nuovi, scandalosi e imprevedibili. Il modo sensato di vivere è godersi il buon periodo sapendo che non è detto che sia definitivo ma che saremo in grado di sopravvivere a qualsiasi evento ci troviamo davanti. Questo modo è realistico e legato fortemente ad un idea di sé come persone affettivamente competenti.

 

RUBRICA TRACCE DEL TRADIMENTO

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SCRITTO DA
Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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