La psicoterapia modifica il nostro cervello: mente e corpo un’unità ritrovata (2)

Oggi in psicoterapia è stata ritrovata l'unità tra mente e corpo e soprattutto le neuroscienze costituiscono una convergenza tra medicina e psicologia.

ID Articolo: 115821 - Pubblicato il: 26 novembre 2015
La psicoterapia modifica il nostro cervello: mente e corpo un’unità ritrovata
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Psicoterapia: come agisce?

Lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale divide la terapia principalmente in due fasi, in un primo momento raccoglie informazioni personali, familiari e sull’evoluzione del disturbo per il quale la persona ha richiesto assistenza, inoltre, osserva gli schemi di pensiero e di comportamento, lo stile relazionale e la modalità in cui esprime le emozioni. In un secondo momento si apre la fase dell’intervento terapeutico vero e proprio, i cui obiettivi sono concordati esplicitamente con il paziente sulla base delle richieste fatte, e vengono perseguiti con un coinvolgimento attivo da parte di entrambi, applicando tecniche specifiche, che il professionista può conoscere e padroneggiare solo in seguito ad anni di studi e praticantato. Il fine di una corretta psicoterapia non è quello di modificare l’intera struttura di personalità dell’individuo, bensì stimolare l’apprendimento di pensieri e comportamenti più funzionali, ovvero che non generino sofferenza e disadattamento sociale.

 

Psicofarmaci: coadiuvanti della psicoterapia, non sostitutivi

La psicoterapia modifica il cervello, quindi non è meno “biologica” rispetto alla terapia farmacologica. Ciò non significa che la terapia con i farmaci, non sia uno strumento necessario nel processo di trattamento dei pazienti con maggiore disagio. Tuttavia, gli psicofarmaci tendono ad essere prescritti anche quando non necessari, oppure vengono utilizzati in modo sostitutivo della psicoterapia. Questo accade anche quando le evidenze ci insegnano che la psicoterapia, o la terapia associata se necessario, hanno risultati superiori rispetto all’utilizzo esclusivo della terapia farmacologica (DeRubeis, R.J. et al., 2008; Hirvonen, J. et al, 2010; Hollon, S.D., et al., 2005; Praško, J. et al., 2004).

Efficacia della Psicoterapia: che prove abbiamo?

La psicoterapia è efficace, in particolare, l’American Psychiatric Association (APA) ha stilato le linee guida internazionali sulla base di rigorose revisioni della letteratura scientifica, indicando la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) come la più indicata per la gran parte dei disturbi psicologici raccolti nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM), e la definisce più efficace della terapia psicofarmacologica sul lungo periodo (Evidence-Based Mental Health, 2003; Fonagy, P. et al., 2002; Michielin P. & Bettinardi O., 2004).

Più recentemente, i risultati di una ventina di studi hanno riscontrato che la CBT modifica la disfunzione dei circuiti neuronali correlati al disturbo psicopatologico trattato. I percorsi psicoterapici testati riguardano pazienti affetti da disturbo ossessivo-compulsivo (Apostolova, I. et al., 2010; Baxter, L.R. et al., 1992; Lehto, S.M. et al., 2008; Nakao, T. et al., 2005; Schwartz, J.M. et al., 1996), disturbo depressivo maggiore (Brody A.L. et al., 2001; Goldapple, K. et al., 2004; Hirvonen, J. et al., 2010; Hollon, S.D. et al., 2005; Karlsson, H. et al., 2010), fobia sociale (Furmark, T. et al., 2002), fobia specifica (Johanson A. et al., 2006; Paquette V. et al., 2003; Straube, T. et al., 2006), disturbo da attacchi di panico (Sakai, Y. et al. 2006), schizofrenia (Penadés, R. et al., 2002), disturbo post-traumatico da stress (Felmingham K. et al., 2007; Levin, P. et al., 1999; Peres, J.F.P. et al., 2005), sindrome del colon irritabile (Lackner, J.M. et al., 2006) e disturbo borderline di personalità (Schnell, K. & Herpertz, S.C., 2007).

Gli effetti neurobiologici della psicoterapia possono essere misurati utilizzando metodi di neuroimaging funzionale, che sono visti come estremamente rilevanti sia per le neuroscienze sia per la psicologia, dal momento che possono gradualmente raggiungere una più precisa identificazione dei circuiti neurali associati a disturbi mentali specifici. Studi condotti utilizzando metodi come la tomografia a emissione di singolo fotone (SPECT), la tomografia a emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fRMI), forniscono un importante contributo, dal momento che le dinamiche cerebrali possono essere osservate in vivo e in situazioni controllate (Sargent, P.A., 2000).

 

Psicoterapia, mente e corpo: conclusioni

La concezione che la mente e il corpo siano entità separate è anacronistica e limitante nel campo della diagnosi e della cura del ventunesimo secolo. Oggi si presenta un’opportunità importante per la convergenza tra la medicina e la psicologia, attraverso le neuroscienze.
Ogni cambiamento nei nostri processi psicologici e cognitivi si riflette in variazioni strutturali e funzionali del cervello stesso.
Non si tratta di un sostegno al riduzionismo biologico, l’obiettivo non è certo provare che tutto quello che non si può misurare con strumenti di neuroimaging allora non ha valenza scientifica. Piuttosto, si vuole dire che grazie ai suddetti progressi tecnologici e all’incremento delle conoscenze scientifiche, è possibile osservare come i pensieri e i loro correlati biologici si modificano all’unisono.

Inoltre, si è dimostrato come la psicoterapia cognitivo-comportamentale sia in grado di produrre tali cambiamenti, mutando la chimica celebrale al pari o più a lungo della terapia psicofarmacologica. Un numero sempre maggiore di neuroscienziati e di psicoterapeuti sta costruendo collegamenti sperimentali e concettuali tra questi due rami complementari e interdipendenti della conoscenza.
Quanto raccolto, infine, spezza le radici di quel pregiudizio ancora troppo presente nel senso comune, che tuttora continua a fraintendere l’efficacia e la natura stessa della psicoterapia.

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