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Tipologia delle tracce – Tracce del tradimento Nr. 17

Nascondere bigliettini o lettere in posti più o meno sicuri o utilizzare le mail non è una garanzia per non essere scoperti di un proprio tradimento.

Di Roberto Lorenzini, Sandra Sassaroli

Pubblicato il 10 Lug. 2015

RUBRICA TRACCE DEL TRADIMENTO – XVII: Tipologia delle tracce 

 

Quasi una dichiarazione esplicita di tradimento sono l’espressione di vari bisogni incomprensibili, come quello di “avere un momento di riflessione”, “trascorrere un periodo per proprio conto”, “ritrovare se stesso”, “capire cosa fare della propria vita”, “conoscere davvero se stessi”: in sostanza essi spesso sono la richiesta di allontanarsi e in genere si concretizzano in una richiesta specifica come le vacanze separati o crearsi uno spazio abitativo privato, inaccessibile all’altro.

Probabilmente il fatto che nell’esprimere questi bisogni il soggetto si mostri in difficoltà, smarrito, tremante come persona che ha perduto la strada, suscita nell’altro un atteggiamento di comprensione, tendenzialmente benevolo e accondiscendente; altrimenti non si spiega come spiegazioni ingenue, vecchie e conosciute, riescano invece a sembrare credibili proprio agli occhi del primo destinatario che spesso chiede consiglio su come aiutare il proprio partner in difficoltà oltre che nel modo già scelto e più ovvio consistente nel lasciargli tutta la libertà di allontanarsi.

Conservare in posti più o meno segreti bigliettini e lettere è da sempre un classico per essere scoperti; non esiste posto sufficientemente sicuro e prima o poi, magari in corrispondenza delle pulizie pasquali o del trasloco o della ricerca della pompa della bicicletta i reperti verranno immancabilmente alla luce. Conservare delle prove tangibili della relazione segreta sembra rispondere al bisogno di esserne certi, di avere a propria volta le prove di qualcosa che, sconosciuto a tutti, potrebbe effettivamente non esistere. E così si archiviano non solo le lettere ricevute ma anche la triste fotocopia delle proprie inviate; carteggi veri e propri, privi solo di numero di protocollo, in attesa forse di essere pubblicati in appendice alla propria biografia.

Tale bisogno di disseminare prove tangibili dell’avvenuta relazione deve essere molto intenso in quanto fa trascurare il fatto che, scrivendo lettere, si mettono in mano ad un’altra persona, che oggi è l’angelo che dà senso alla nostra vita ma domani potrebbe diventare il demone che la rende invivibile, degli strumenti di ricatto formidabili; gli si dà la possibilità di poter, in qualsiasi momento, far saltare la serena riconquistata vita familiare per i motivi più vari e imprevedibili. Oggi le lettere scritte su carte pregiate e particolari sono state ampiamente soppiantate dalle e-mail che in quanto a riservatezza non sono molto più sicure: basti pensare che sono in rete, nel web. Noi mettiamo nella piazza più grande e condivisa, nata proprio per impedire le barriere al diffondersi della conoscenza, i segreti più grandi della nostra piccola vita protetti da una breve stringa di caratteri composta, magari, dalle iniziali dei nomi dei nostri figli o dalla nostra data di nascita. Deve certamente trattarsi di una forma grave di esibizionismo, del desiderio di essere finalmente protagonisti di qualcosa di sconvolgente, di risvegliare gli aspetti drammatici di una esistenza altrimenti piuttosto assonnata.

Si, certamente, esistono le password a protezione dei matrimoni; ma pur non considerando la facilità di aggiramento di questi sistemi domestici che non necessitano per essere scavalcati di hacker in grado di entrare nella banca dati del pentagono, il segnale stesso del tradimento è costituito dalla messa in atto di questi sistemi. Perché fino a ieri il “computer era di tutta la famiglia” ed oggi per riuscire a scrivere una e-mail occorre ricordare a memoria una mezza dozzina di parole d’ordine di cui le ultime due sono diverse per i due coniugi perché “un po’ di privacy ci vuole anche nella coppia”? La traccia non è protetta dal segreto e dalla riservatezza, anzi, essi stessi diventano traccia; già si sostanzia quell’esclusione che costituisce il nucleo essenziale del tradimento. Un tempo il ripetuto passaggio di una malattia infettiva tra due persone che non avevano ufficialmente occasione di una vicinanza particolare poteva destare sottili sospetti, come quell’influenza o quell’herpes che colpiva sempre contemporaneamente papà e la domestica per non parlare delle malattie a inequivocabile trasmissione sessuale che arrivavano nella coppia coniugale non si sa da dove (la tesi difensiva più accreditata era la scarsa igiene dei bagni pubblici).

Una signora trentacinquenne teneva celata la sua passionale storia d’amore dietro un paio di password che riteneva invalicabili; lo stesso disco rigido era suddiviso in tre parti: una per lei, una per il marito ed una per i bambini. Sicurezza assoluta mista a compiacimento assaporava nel tenere così vicine le sue identità di madre amorevole, moglie fedele, professionista impegnata, amante senza freni. Un giorno tuttavia, mentre era fuori per lavoro il computer si ruppe seriamente e il marito, sapendo quanto per lei fosse uno strumento utile e per non lasciarla sola al suo ritorno, chiamò un tecnico informatico…

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RUBRICA TRACCE DEL TRADIMENTO

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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