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Atterraggio di emergenza a Torino: sfiorata la tragedia. Il racconto del terapeuta

Sfiorata la tragedia all'aeroporto di Torino: esplode un pneumatico durante il decollo del volo BlueAir per Catania. Il racconto di chi era a bordo...

Di Redazione

Pubblicato il 09 Giu. 2015

Volo BlueAir Torino-Catania del 7 giugno. Scoppia una gomma in fase di decollo, atterraggio di emergenza.

Consapevolezza e Felicità per il Terapeuta

Atterraggio di emergenza a Torino - Foto La Stampa

Durante il viaggio di ritorno da Torino, verso Catania, ho vissuto un’esperienza che vorrei, sinteticamente, narrare e commentare in quanto molto attinente al tema del Congresso SITCC e, soprattutto a quanto presentato e discusso nell’ultima plenaria (Felicità e Consapevolezza del Terapeuta). Mentre la seguivo, non sapevo che, da lì a poche ore, avrei vissuto una esperienza importante, in grado di costringermi a riflettere sui temi della plenaria stessa.

 

La dinamica dell’incidente in fase di decollo

I fatti (in estrema sintesi), sono i seguenti. Durante il rullaggio, per il decollo, esplode un pneumatico ed i frammenti schizzano verso l’ala dell’aereo, danneggiandola. Il carrello rientra nel suo alloggiamento, con fragore e vibrazioni. L’aereo non prende quota e continua a girare in tondo sopra Torino.

Sono un appassionato ed esperto di volo, di aerei, di avionica ed un patito di serie tv sul tema, quali indagini ad alta quota. So tutto dei maggiori disastri e, quindi, attuo subito una ricostruzione mentale. Dinamica dell’incidente simile a quella dell’ultimo volo del Concorde. Aeroporto Charles De Gaulle, un pneumatico esplode ed i frammenti colpiscono l’ala; i serbatoi prendono fuoco e… il resto, purtroppo, è ben noto!

 

Allora comincio ad annusare l’aria. Come un cane da caccia, allargo le narici e aspiro molecole con particolare intensità; non avverto alcun odore di bruciato! Bene!

Guardo dal finestrino (lato del botto) e non si vedono fiamme. – Benissimo! – Allora mi dico: –Il nostro problema sarà, dunque, “solo” l’atterraggio di emergenza!- A questo punto, in grave ritardo rispetto agli eventi, il pilota si fa vivo, gracchiando nell’interfono: – Abbiamo avuto un problema tecnico e dobbiamo rientrare a Torino! State calmi è tutto sotto controllo-. –Balle!- Mi dico e ho ragione! Infatti, dopo poco, due imbranatissime hostess si buttano a quattro piedi, in cabina e, carponi, cominciano a cercare qualcosa, sollevando lembi di moquette, sotto i piedi dei viaggiatori che devono spostarsi. Gli altri passeggeri inorridiscono ma io li rassicuro, almeno  quelli vicini a me  (le hostess non spiegano nulla, sono confuse ma non certo felici, per citare Carmen Consoli, mia cantantessa preferita, come me, catanese doc!).

Così tocca a me spiegare che stanno cercando (ma dovrebbero saperlo a colpo sicuro, quindi, mi dico, – Deficit di addestramento, speriamo i piloti siano meglio!-) la botola per l’ispezione del carrello ed eventualmente il martinetto per la discesa a mano del carrello stesso. Ebbene non riescono a trovare la botola e così arriva il secondo pilota, cereo e alterato. Va a colpo sicuro (meno male!) apre la botola e poi se ne torna, correndo, in cabina. Ci dice che atterreremo entro 15 minuti. Ancora balle!

Infatti giriamo intorno per altri 80 minuti, prima di attuare un passaggio radente sulla pista dove vedo schierati tantissimi automezzi dei pompieri e gente in tuta che ci fotografa. Non era per voyeurismo; stavano fotografando quel che restava del carrello per dare al pilota informazioni sull’assetto da tenere all’atterraggio (praticamente caricando la maggior parte dell’impatto sul carrello indenne).

Il punto ora  è che io sapevo e capivo, quindi ero consapevole. Mi rappresentavo l’ipotesi concreta che potevamo morire!

Quando un carrello è danneggiato, può succedere di tutto. Dal collasso dell’ala che striscia sulla pista e prende fuoco al crash della carlinga. La gente a bordo, invece, non sapeva nulla e si limitava ad essere terrorizzata, non riuscendo ad immaginare nulla di preciso, in merito a cosa ci attendesse. Nessuno dell’equipaggio ci diceva niente!

Ecco allora una domanda, in merito, di interesse scientifico: cosa si dovrebbe fare a riguardo? Io credo che sarebbe giusto informare, sottolineando le notevoli possibilità di passarla liscia ma anche i rischi dell’impatto. Infatti io e Wiola siamo stati gli unici ad assumere la corretta posizione anti-crash mentre gli altri (per meglio dire alcune “altre”) se ne restavano con tacchi a spillo ed occhiali inforcati guardandoci sbalordite/i e, alla fine, imitandoci per pura scaramanzia. Se avessimo dovuto abbandonare in fretta l’aereo, i tacchi a spillo vi sembrano una buona opzione?

Fortunatamente l’atterraggio avviene positivamente. Il carrello danneggiato tiene, il contatto col suolo è abbastanza morbido, nessuna scintilla e nessun focolaio di incendio, anche se siamo inseguiti e subito attorniati, sulla pista, dalle autopompe dei pompieri che salgono velocemente a borgo. Pericolo di incendio scongiurato!

 

Brevissime riflessioni sui temi di interesse psicologico:

Consapevolezza: sapevo che potevo morire e questa è un condizione interessante perché ti stimola intense attività di auto-osservazione, metacognizione e ricostruzione narrativa. Sai che c’è? Scopro (ma non è la prima volta che mi accade) di non avere nessuna paura di morire! Sono soddisfatto di quello che ho realizzato e di quanto vissuto. Figlie grandi, un nipote alle elementari, un altro nipote in arrivo; Wiola al mio fianco. Va bene così! Forse mi evito il Parkinson e l’arteriosclerosi!

Scopro, grazie a questa esperienza, che cosa realmente mi fa più paura, e cioè ferite e/o ustioni che mi blocchino a letto con tutte le cose da fare. Allora i miei pensieri automatici (disfunzionali ??) sono: o illeso o morto, preferirei così! Non sono credente e quindi non posso appellarmi a nessun Potere Superiore. Come ricercatore, penso alle statistiche che mi danno almeno un 50% di chances, come alla roulette, quando punti sul rosso. Mi limito alla speranza (basata sul calcolo delle probabilità) e punto tutto sull’uscirne illeso. Quindi siamo al secondo tema.

Speranza: E’ uno sballo! La speranza (da ricercatore, appassionato di computo della probabilità e di “p”) di non lasciarci le penne, sulla base del calcolo statistico (almeno il 50% di probabilità) mi ha sostenuto ed incoraggiato. In fondo era come essere al casinò: il rosso vince, il rosso perde! Bene io punto sul rosso e…

Felicità: In questo caso è stata raggiunta semplicemente col rimettere i piedi a terra, dopo aver temuto di finire al cimitero o in ospedale. Felicità perfetta essere vivi, sentirsi di nuovo proprietari di un futuro da spendere in sogni e progetti, accanto ad una donna meravigliosa, stella dell’Est, che mi ama e che, con coraggio e dignità, ha vissuto con me la stessa esperienza (c’erano persone, uomini e donne, che piangevano con lacrimoni e singhiozzavano!) . Si, questo è stato un momento di felicità, la felicità delle cose normali (essere vivi, in salute, avere conoscenza, soldi – pochi- ma sufficienti) e farsi una risata liberatoria. Still alive, caz…!

Amore: Beh lo so, questo non era il tema dell’ultima tavola rotonda plenaria ma c’era, al Congresso,  un workshop di Francesco Aquilar. L’amore per Wiola e la sua presenza sono stati il mio must. Un uomo vale quanto la donna che le sta accanto, credo! Vederla serena, composta, riservata ma anche lei consapevole (appassionata come me di volo e di viaggi, segue anche lei, indagini ad alta quota), è stato troppo bello e mi ha reso ancora più innamorato ed orgoglioso di Lei!

Condivisione ed amicizia: Sullo stesso volo c’era Michele Spada, neo didatta SITCC e vecchio amico siculo. Questa esperienza ci ha fatto sentire più vicini e solidali. Patire insieme incrementa l’empatia (simpatia, in greco antico, letteralmente; quindi, siamo diventati più simpatici l’uno all’altro!).

Narratizzazione

Dalla notte dei tempi, raccontare i pericoli, affrontati e scampati (certo, se si muore, c’è poco da narratizzare!) è un esercizio che gli uomini amano attuare e che ha dato luogo a lunghe serate di racconti intorno al fuoco, a partire dal paleolitico, confluiti poi nei poemi, come quelli omerici, e, in Sicilia, più recentemente, per esempio, nella chanson de geste, che sono alla base della cultura occidentale, ma, anche, di molte orientali. In fondo, questo schema narrativo è semplice ma perfetto e, soprattutto, molto efficiente. C’è un eroe, un grave pericolo ed una donna (possibilmente dagli occhi azzurri ed i capelli biondi, perché quelle con i capelli scuri e gli occhi verdi, stile Circe, sono maliarde pericolose da scansare e da cui guardarsi! Colleghe escluse, naturalmente! Sto parlando  di miti ed archetipi, non di realtà!). Con questi pochi ingredienti sono state scritte migliaia di storie di successo!

Però, ora parliamo di narrativa in psicoterapia. Narrare quel che si è patito, magari con un po’ di enfasi epica, e valorizzazione del proprio ruolo, aumenta l’autostima, la mastery e mette al riparo dagli esiti post-traumatici negativi.

Così, ma ci è venuto spontaneo, nei due giorni successivi all’incidente, non abbiamo fatto altro, con Wiola, di parlare di quanto successo, di quanto provato, di quanto osservato nei nostri compagni di avventura, di come abbiamo reagito et cetera, per non parlare dei racconti e condivisioni con gli amici, sui social e sulle mailing list!

 

In conclusione, dunque, penso che, quando sei nei guai, avere informazioni, le più accurate possibile, aiuti. Accettare l’ipotesi di poter morire o subire lesioni, durante un evento traumatico e/o, quando meno te lo aspetti, è un importante goal della vita.

Si vis pacem para bellum– dicevano i nostri saggi antenati Romani. Vorrei parafrasare in: Si vis bonam vitam noli mortem timere! Spero che il mio latino regga ancora!

 

Tullio Scrimali

Università di Catania e Scuola ALETEIA, Enna

 

 

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