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L’intensità e il tempo della gelosia – Tracce del Tradimento nr. 13

L’intensità della gelosia è direttamente proporzionale alle dimensioni immaginarie della catastrofe della perdita della relazione e dell’amato intollerabile

Di Roberto Lorenzini, Sandra Sassaroli

Pubblicato il 12 Giu. 2015

RUBRICA TRACCE DEL TRADIMENTO – XIII: L’intensità e il tempo della gelosia

L’intensità della gelosia è direttamente proporzionale alle dimensioni immaginarie della catastrofe della perdita della relazione e dell’amato intollerabile.

Se al solo pensiero il soggetto si sente disperato e senza un futuro, se la sua perdita è segno di sconfitta e fallimento personale, se teme di non potersi mai più innamorare, tutto contribuisce a costruire il dramma della gelosia. Talvolta più che previsioni catastrofiche ben definite il soggetto sperimenta una sorta di buio totale, come se non avesse mai davvero pensato alla possibilità della perdita dell’amato: questo scenario non è rappresentato nella sua mente ed è proprio questa assenza di prospettive a renderlo massimamente minaccioso.

La definizione prima e il ridimensionamento poi del danno temuto sono operazioni fondamentali per uscire dalla sofferenza della gelosia ed è spesso ciò che le persone vicine fanno con chi soffre terribilmente per attenuare il suo dolore. In fondo si tratta di aiutarlo a immaginare in modo concreto la sua vita dopo la perdita dell’amato e di mostrargli come l’esistenza vada avanti e sia ricca di opportunità e come ciò che ha perduto non sia poi così grande.

Durante la malattia di suo marito e anche dopo la sua morte la signora si impediva volontariamente di immaginarsi ancora vitale in questa nuova condizione. Aveva una sorta di pudore a sopravvivere a suo marito, le sembrava sconveniente riprendere una esistenza normale, concedersi di vivere dopo di lui. Si erano sempre detti che loro avrebbero vissuto l’uno per l’altro, l’uno con l’altro ed ora bisognava onorare questo patto. Era ancora una donna in gamba e piena di risorse, interessi e potenzialità ma andare avanti le sembrava un orribile tradimento al suo amato. Essere senza di lui non era una possibilità contemplata, non era dato.

La gelosia non ha un tempo definito: si può essere gelosi nella fase iniziale del rapporto oppure dopo decenni di amabile convivenza. All’inizio della storia lo strappare l’amato al suo amore presente o al desiderio di altri veri e immaginati, aumenta il valore suo e del rapporto nascente. Successivamente parlare dei precedenti partner o dei fantasmi dei passati tradimenti tiene vivo il rapporto in momenti in cui potrebbe essere stanco o annoiato. Tiene viva l’immagine dell’altro come desiderabile. La possibilità della perdita rende nuovamente interessante l’altro che era considerato scontato e ravviva il desiderio. La gelosia può essere un sentimento segreto e non svelato ed essere considerata come una perversione personale, una propria debolezza ma spesso diviene ingrediente fondamentale del rapporto a due: va detta, raccontata, se ne deve parlare, si deve esorcizzare e richiamare continuamente. A volte la gelosia può essere addirittura postuma e forse è ancora peggiore perché non consente soluzioni.

Un’anziana signora richiese una terapia perché dopo una vita piena con la nascita di molti figli e una vita coniugale armonica, aveva avuto la perdita improvvisa del marito. Nel giornale era apparso l’annuncio di una persona a lei sconosciuta, che aveva scritto “ a … con amore”. Dopo il funerale qualche amico le aveva detto che verso la fine della cerimonia era apparsa una donna che era stata qualche attimo ed era andata via. Per la signora la vita era finita, aveva cominciato uno stato ossessivo, torturante, che non la lasciava dormire, e le impediva di vivere. Chiedendo agli amici e tormentando continuamente le persone più vicine al suo uomo, aveva ricostruito la storia. Il marito aveva avuto una storia d’amore segreta e tormentata con una delle donne più belle e conosciute della piccola città del sud in cui vivevano, ma al momento di decidere di rendere pubblica la storia aveva scelto di chiudere e di rimanere con la moglie. Nella ricostruzione del periodo in cui tutto ciò era avvenuto la signora ricordò che in quel tempo smisero per sempre di avere rapporti ( lui lo giustificò come un problema di prostata e di stanchezza) e il marito ebbe una depressione lunga dalla quale in realtà non uscì più. La conoscenza di questa storia la stava ossessionando e diceva: “ non posso fare il lutto di mio marito … perché rimase con me e quanto veramente mi voleva bene … quanto era migliore di me l’altra e quanto più felice starebbe stato con lei … che vita ho avuto a chi sono stata vicino … perché non mi ha mai detto nulla, perché non si è fidato di me … chi era veramente e chi siamo stati noi insieme … che recita è stata … ”

 

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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